BLOG di DIVULGAZIONE SCIENTIFICA


ideato e curato 

da

FABRIZIO ANATRA

- Dirigente Medico -

Specialista in Malattie dell'Apparato Respiratorio 

- Roma, Italia -

-  fabrizio.anatra@gmail.com  -



Il blog dal 21 settembre 2020 e' chiuso. 

Grazie a coloro che, in tutti questi mesi, hanno voluto condividere con me questo lungo percorso. Rimane, comunque, un testo, spero completo, esauriente e di facile comprensione, a beneficio di quanti vogliano approfondire aspetti sull'argomento nella comune speranza che la scienza possa progredire sempre piu' nella ricerca e tutto possa diventare, quanto prima, un lontano, anche se doloroso, ricordo.

 GRAZIE !!!


Blog visitors: > 85,000

-   EDIZIONE ITALIANA -

Premendo sulle tre linee orizzontali, in alto a destra della home page, nel menu' a tendina sono disponibili "Google traduttore" per una traduzione istantanea del testo a favore dei tanti amici del blog che seguono dall'estero in 28 Paesi e la possibilita' di accesso rapido a "Wikipedia". 

Da dispositivo mobile la visione e' ottimizzata per la posizione orizzontale

Lo scopo di questo blog e' quello di veicolare corrette informazioni scientifiche sul nuovo coronavirus Sars-CoV-2. Tutte le notizie riportate sono attentamente verificate e supportate da evidenze scientifiche certe. Per questo motivo sono previsti costanti aggiornamenti ogni qual volta il progresso scientifico dovesse far acquisire nuove e piu' approfondite conoscenze su questo virus comparso da poco e, per questo, ancora in fase di studio. Mi sono sforzato di affrontare la massima parte degli argomenti di maggiore interesse racchiudendoli in un testo unico. Ho cercato di utilizzare un linguaggio il piu' possibile semplice e chiaro per tradurre concetti spesso riportati da altre fonti con una terminologia rigorosamente tecnica e, forse, non di immediata comprensione per i "non addetti ai lavori". Spero di esserci riuscito, confortato anche dal vostro preziosissimo e quotidiano riscontro. In appendice al testo e' presente anche una raccolta delle immagini piu' suggestive e significative della pandemia. 


Grazie a quanti si stanno accingendo alla lettura del blog e vorranno condividerne i suoi contenuti a favore di una giusta e corretta informazione.

Fabrizio Anatra



  ... SORSEGGIANDO IL CAFFE'...

di Fabrizio Anatra

  " DOVE ERAVAMO RIMASTI?..." 

Oramai il nuovo coronavirus sembra non spaventarci quasi piu', vive con noi, e' entrato a far parte del diverso modo di vivere e caratterizzare la nostra quotidianita'. Orologio, portafogli, cellulare, borsa ed in automatico anche la mascherina da portar via con noi .. magari con un flaconcino di amuchina sempre a "portata di mano". Ed anche indossare la mascherina, laddove necessario, sembra quasi un automatismo, come e' ormai una "normale abitudine" disinfettarsi le mani da un dispenser entrando in un negozio o rapportarci agli altri piu' o meno condizionati mentalmente dal distanziamento: lo facciamo inconsciamente, quasi che questi gesti facciano ormai parte integrante del nostro vissuto quotidiano.
I tempi in cui aspettavamo i dati delle ore 18 con ansia e preoccupazione sembrano ormai lontani ricordi, ma anche la continua altalena dei nuovi positivi giornalieri e delle altre notizie sulla CoVid di questi giorni, cosi' come gli "scoop" piu' sensazionalistici di alcuni giornali, sembrano ormai essere vissuti con distacco e disinteresse, a volte perfino con ironia e sarcasmo. Gli stessi telegiornali parlano molto meno di coronavirus e, spesso, le notizie sulla pandemia dall'Italia e dall'estero non occupano piu' i roboanti titoli di apertura, come poteva accadere settimane fa. Intanto l'autunno e' alle porte e le giornate che si accorciano sembrano quasi voler conciliare il ritorno al nostro ritmo di sempre. La scuola ha ripreso la sua attivita' tra mille disagi, ma credo che anche al diverso modo di vivere lo studio ed interpretare la nuova vita di relazione scolastica, in un mix di nuove norme di sicurezza, aperture, chiusure, alternanze e didattiche miste, ci abitueremo, tutti, molto presto. 


In parecchi hanno ripreso le loro comuni attivita' lavorative, sportive e sociali ormai pienamente "integrati" nell'ingranaggio di una "nuova" routine. Riprende, seppure tra mille incertezze, il campionato di calcio, cosi' come molte altre altre discipline sportive, ed anche negli stadi parzialmente vuoti sembra, ormai, riecheggiare il silenzio di una triste normalita'. 


Ripartono, anche senza il completo calore del pubblico, i programmi televisivi sportivi, i "reality", i talk-show, i programmi di intrattenimento, magari anche volutamente un po' "trash", perche' forse, adesso, abbiamo un po' bisogno anche di questo...


Insomma ci stiamo abituando ad una vita per molti aspetti anomala, diversa e fatta di "fredde" abitudini, ma e' pur sempre l'alba di una "nuova normalita'" sperando di vincere, prima o poi, questa partita in cui un "nemico invisibile" ci ha messo gia' piu' volte sotto scacco. Per questo prestiamo ancora massima attenzione alle misure di prevenzione: i ricoverati con sintomi Covid e quelli in terapia intensiva sono, pericolosamente, da settimane, in costante e progressivo aumento!!


Ci si ammala, cioe', piu' gravemente rispetto a questa estate e ci aspetta, comunque, nella nuova normalita', un autunno ancora piuttosto duro e complicato...




"In mancanza di evidenze scientifiche dobbiamo accettare di dover ragionare nell’incertezza, e nell’incertezza si deve mantenere come principio guida quello di precauzione" 


TI CONOSCO MASCHERINA ?


La mascherina non e' una vergogna e neppure una moda, non e' un accessorio, non una fascetta per capelli, non serve a reggere il mento o a coprire il gomito, non e' una camicia di forza, ma e' una assoluta NECESSITA' indossarla correttamente laddove occorra: responsabilizziamoci tutti!
#pernontornareindietro

IO INDOSSO LA MASCHERINA PER PROTEGGERE TE, TU INDOSSALA PER PROTEGGERE ME.... 







AGGIORNAMENTO QUOTIDIANO NUOVI CASI CoVid: SCHEDA RIEPILOGATIVA PER REGIONI 




AGGIORNAMENTO DATI E MAPPA INTERATTIVA PER REGIONI E PROVINCE





IN EVIDENZA

Potrebbe sembrare una banalita'
 meno cerchi, meno trovi....

 

meno tamponi fai, meno nuovi positivi trovi....

evidentemente, pero', per molti non e' cosi' e soprattutto per molte testate giornalistiche che, strumentalizzando i dati per un fatto di convenienza, scrivono a titoli cubitali: "finalmente contagi in calo, non capitava da..." o al contrario "impennata di contagi, nuovo rischio di lockdown!". Una interpretazione cosi' limitativa dei dati puo' indubbiamente generare confusione in chi legge o ascolta. Il numero giornaliero dei nuovi casi positivi deve essere sempre analizzato in funzione del numero di tamponi eseguiti e piu' possibilmente in modo mirato su individui a rischio contagio: importante e' calcolare il rapporto positivi/tamponi e valutare se il trend sia in ascesa (come sta capitando) o, viceversa, in discesa come sempre auspichiamo. 
Sarebbe, poi, opportuno specificare sempre il grado di positivita' di un tampone, espressione del grado di carica virale: ad esempio i "debolmente positivi" sono soggetti infettati il cui materiale genetico presente nel tampone necessita di molti cicli di amplificazione perche' possa essere rilevato: questo perche' la carica virale, da cui dipende anche il grado di infettivita' e', in questo caso, bassa o molto bassa. Il calcolo del numero dei nuovi positivi non ci deve, poi, far perdere di vista il trend di 2 degli indici forse piu' importanti per valutare l'andamento della pandemia in funzione del grado di carica virale circolante e di gravita' della malattia: il numero di ricoverati con sintomi e quello dei ricoveri in terapia intensiva, nonche' la loro distribuzione geografica sul territorio
Altro importante parametro per valutare l'andamento dell'epidemia e' l'analisi dell'indice di trasmissibilita' Rt (erre con ti) a livello nazionale e regionale: rappresenta il numero medio di individui che una persona infetta puo' a sua volta contagiare nel contesto delle misure adottate per prevenire il contagio stesso: cosi', se ad esempio Rt e' uguale a 2 vuol dire che un individuo infetto ha una carica virale tale da poter contagiare in media altre 2 persone che a loro volta ne possono infettare altrettante e cosi' via in modo esponenziale. 
Piu' questo indice si abbassa piu' l'epidemia rallenta, piu' si incrementa piu' l'epidemia galoppa...
Nei bollettini ufficiali, tuttavia, questo dato e' riferito ai soli soggetti sintomatici, per cui puo' risultare ampiamente sottostimato
 (per una maggiore comprensione consulta il paragrafo dedicato agli indici di contagio)



Il periodo piu' opportuno per sottoporsi al tampone (che rappresenta, comunque, la "fotografia" del momento in cui viene eseguito) e'
almeno 3 giorni dopo una presunta esposizione al contagio, per cercare di evitare il piu' possibile false negativita' 
(Il virus, infatti, soprattutto nelle fasi iniziali di infezione, puo' replicarsi a velocita' differenti da soggetto a soggetto in rapporto alla carica virale ed alla risposta immunitaria individuale)


COME STA EVOLVENDO L'EPIDEMIA IN ITALIA
 (aggiornamenti settimanali)  

Oltre ad un aumento di nuovi casi positivi in Italia, nelle ultime sette settimane si registra un lento ma costante, progressivo incremento anche dei ricoverati con sintomi e del numero di posti occupati in terapia intensiva (espressione di un virus che circola di piu' e con carica maggiore) ed iniziale sovraccarico di alcune strutture sanitarie dedicate, specialmente in alcune Regioni del Sud Italia che ad inizio pandemia erano veramente poco interessate rispetto a quelle del Nord. Dopo il boom di contagi di giovani vacanzieri di rientro in Italia da Paesi esteri a rischio, ora soltanto il 12% circa dei casi risulta di importazione, il restante si sviluppa sul territorio nazionale. Rialzo progressivo anche dell'eta' media dei contagiati che ora si attesta intorno ai 41 anni. I positivi con eta' >50 anni sono passati, nelle 2 settimane dal 31 agosto al 13 settembre, dal 28% al 35%, ad indicare una maggiore trasmissione del virus in ambito familiare (circa il 74% dei quasi 2400 focolai attivi in Italia)
(iniziano ad ammalarsi di nuovo piu' adulti, contagiati dai ragazzi all'interno delle loro famiglie!!)


NUOVI AGGIORNAMENTI



(21/9) - Perche' si dice "LOCKDOWN"? Quale e' il significato originario del termine


"Lockdown" e' una parola di origine americana che, nel lessico comune, puo' significare:
1- isolamento di un detenuto nella propria cella (paragonabile per certi aspetti al carcere duro) dal verbo "lock somebody down" (rinchiudere qualcuno in cella) da non confondere con "lock somebody up (o away) " che significa semplicemente: rinchiudere qualcuno in prigione
2- misura di emergenza in una situazione di pericolo dove, per ragioni di sicurezza, viene impedito temporaneamente di entrare o uscire da un edificio o da un'area alla quale viene limitato l'accesso. Tra le situazioni piu' comuni alle quali questo termine, in America, viene riferito vi sono le sparatorie di massa ("active shooter situation") per le quali ogni scuola ed ogni edificio hanno un "lockdown protocol" o delle "lockdown procedures"


 L'OMS ha adottato, poi, questo termine (modificando, in parte, la seconda accezione della parola) per definire le misure estreme di confinamento, in corso di pandemia, laddove le principali norme di contenimento (distanziamento, dispositivi di protezione individuale ed igiene delle mani) non sono comunque sufficienti a frenare il diffondersi del contagio

(19/9) - Mascherine: gli errori piu' comuni che, paradossalmente,
 potrebbero, esporci di piu'al contagio!

 
1- La mascherina deve aderire perfettamente al volto, coprire sempre sia naso che bocca, non filtrare aria dai lati, un ferretto puo' consentire di  modellarne il margine superiore alla radice del naso
- La mascherina, una volta indossata, deve essere considerata sempre come un oggetto potenzialmente contaminato, soprattutto nella sua parte esterna: non va quindi toccata troppo e va maneggiata, comunque, attraverso i cordoncini laterali lavando, poi, ogni volta, sempre bene le mani
- La mascherina non va posta a lungo  sulla fronte o sotto il mento, il sudore puo' umidificarla e l'umidita' favorisce l'ingresso del virus ed il contagio
- La mascherina non va posta sotto al gomito che puo' sfiorare diverse superfici sporche o contaminate; inoltre i cordoncini elastici, nella flessione del braccio, potrebbero rompersi
- La mascherina non va appesa all'orecchio perche' la sua parte interna, quella a contatto con il viso, potrebbe contaminarsi; inoltre, magari una folata di vento o un movimento brusco del capo potrebbero farla cadere in terra, rendendola inutilizzabile
- La mascherina non andrebbe riposta direttamente in tasca o in borsa: potrebbe sgualcirsi ed il suo filtro danneggiarsi; oppure (evenienza ben piu' grave) potrebbe contaminare zone dove, poi, andremo a mettere le mani!  Andrebbe, per questo, custodita in una bustina o in una apposita custodia salva-mascherina
  

7- La mascherina, a seconda dei modelli, non andrebbe indossata per piu' di 3 o 4 ore o, comunque, andrebbe sostituita quando la sua parte interna dovesse bagnarsi troppo per l'umidita' dell'aria espirata: in questo caso, infatti, perderebbe la sua funzione protettiva


(19/9) - Il saturimetro? Utile tenerne sempre uno a casa, al pari di un termometro!


Il saturimetro (o pulsossimetro) e' un piccolo strumento che, nella sua piu' comune versione portatile, e' costituito da una pinzetta che incorpora un sensore in grado di misurare indirettamente l'ossigenazione del sangue.
Il sensore viene applicato, in genere, ad una delle dita della mano e riesce a valutare quanto ossigeno e' presente nel sangue che scorre nei piccoli vasi sanguigni (arteriole) che pulsano nel polpastrello. Lo fa esprimendolo percentualmente ed accanto al suo valore compare anche quello della frequenza cardiaca. Ma come fa? Nel sangue scorrono alcune cellule a forma biconcava, i globuli rossi, cosi' chiamati perche' contengono una proteina, l'emoglobina, in grado di catturare l'ossigeno dai polmoni, trasportarlo nel sangue e rilasciarlo poi ai tessuti.


E piu' carica ossigeno, piu' l'emoglobina si tinge di rosso, da cui il nome dei globuli. Il sensore del saturimetro e' in grado di misurare quanto rossa e' l'emoglobina e, quindi, indirettamente, quanto ossigeno e' presente nel sangue arterioso. 


Un valore di normalita' e' compreso tra 96% e 100%. Condizioni come l'artrosi delle dita (che potrebbe rendere tortuoso il decorso dell'arteriola) o il freddo (che potrebbe provocarne uno spasmo) possono falsarne la lettura. Sarebbe opportuno (facendo anche una valutazione in termini di rapporto costo/beneficio) che, al pari di un termometro, in ogni casa fosse disponibile anche un saturimetro: 


questo piccolo strumento si potrebbe, infatti, rivelare quanto 
mai importante, in caso di infezione polmonare da Covid (anche nei casi di "ipossiemia silenziosa" in pazienti, soprattutto giovani, con pochissimi sintomi ma gia' grave compromissione polmonare) per monitorare l'ossigenazione del sangue, parametro estremamente utile al medico per valutare l'andamento di gravita' della malattia e l'eventuale scivolamento verso l'insufficienza respiratoria.   

(17/9) - E dalla pelle al cuore.....❤️


Lunedi' scorso, il Direttore Generale dell'OMS ha dichiarato che, in questo periodo di pandemia, sarebbe opportuno salutarsi mettendo la mano sul cuore (!🙄) piuttosto che toccarsi con i gomiti, perche' in quest'ultimo caso si rischia spesso di non rispettare la distanza minima di sicurezza... 


I popoli occidentali prediligono, in generale, un saluto che preveda un qualche tipo di contatto fisico (strette di mano, abbracci, baci), un po' come gli eschimesi che si salutano sfregandosi le punte dei loro nasi (ma in questo caso il gesto serve, forse, anche a riscaldare estremita' che risultano sempre un po' congelate...)
In Oriente, viceversa, ci si saluta quasi sempre evitando il contatto fisico, magari con un inchino, come puo' accadere in Giappone, oppure con il 
"namaste'" (espressione di saluto originario dell'India e diffuso in molte regioni dell'Asia, la cui parola deriva dall'antico sanscrito ed il cui significato e' "ti saluto con reverenza"), che consiste nel mettere le mani giunte all'altezza di petto e mento, con le dita rivolte verso l'alto, e fare, al contempo, un piccolo inchino con il capo.


Anche gli Arabi, almeno nei saluti piu' formali, si salutano toccandosi in successione il petto, la bocca ed infine la fronte, a significare "ti do la parte piu' preziosa di me: il cuore, l'anima, il pensiero".
 I ragazzi di oggi, in chiave piu' moderna
  si salutano, a volte, alzando mignolo e pollice con le dita centrali chiuse nel palmo della mano (e' lo "shaka", saluto tipico dei surfisti, le cui origini appartengono alle isole Hawaii) o toccandosi con i pugni chiusi ("fist bump").


Facendo un salto indietro nel tempo, scopriamo che il saluto romano, diventato, poi, cosi' tristemente famoso nel ventennio fascista, fu reso popolare dal film muto "Cabiria" del 1914, laddove le truppe romane, durante la seconda guerra punica, si salutavano con il braccio teso. Questo gesto fu poi riproposto da Gabriele D'Annunzio che, assieme ai suoi legionari, lo adotto' per il saluto durante l'impresa di Fiume del 1919: e cio' anche in ragione della pandemia di influenza spagnola di quegli anni che aveva indotto le autorita' sanitarie dell'epoca a suggerire una limitazione dei contatti fisici per prevenire il contagio. Comunque, come si evince anche dalle raffigurazioni presenti sulla colonna traiana, i militari romani si salutavano in diversi modi ed uno dei piu' comuni era quello di portare la mano destra alla tempia, al pari di cio' che fanno i soldati di oggi.


Tutto questo per sottolineare come il diverso modo di rapportarsi agli altri attraverso il saluto cambia molto in funzione delle differenti tradizioni di popoli e comunita' nel corso della storia.... e chissa' se il saluto con la mano sul cuore riuscira' a sovvertire le abitudini culturali dei nostri giorni!🤔magari senza peggiorarle...😉😄

 

(16/9) - Il distanziamento sociale, e le altre norme di prevenzione anti-Covid, hanno, di fatto, quasi completamente azzerato (!) l'incidenza di alcune malattie infettive respiratorie, come l'influenza


E' quanto emerge dall'articolo "Social Distancing for CoVid-19 and Diagnoses of Other Infectious Disesase in Children" pubblicato sulla rivista "Pediatrics". Lo studio e' stato condotto da ricercatori dell' "Harvard Medical School ", in Massachussetts, raffrontando l'incidenza di 12 infezioni pediatriche selezionate dalle cartelle cliniche di 375.000 bambini di una vasta rete di assistenza pediatrica, nei primi mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Ebbene l'incidenza di alcune delle principali malattie infettive respiratorie dei bambini, grazie alle misure di distanziamento sociale adottate per CoVid, si e' quasi azzerata, in particolare per l'influenza (-99,5%) praticamente scomparsa (!), la laringotracheobronchite (-96,5%), la bronchiolite (-92,9%). 
Le misure anti-Covid hanno, del resto, contribuito a limitare la diffusione dell'influenza (di fatto eliminandola quasi completamente) anche in Paesi come l'Australia. 
Vedremo se e come la riapertura delle scuole possa modificare questo nuovo scenario epidemiologico che si e' venuto a creare grazie alle misure di prevenzione adottate per contenere l'epidemia da coronavirus

(13/9) - Antardide, l'ultimo continente Covid-free dove ci si puo' continuare ad abbracciare....ma forse non ancora per molto....🐧


In Antardide, il continente di ghiaccio, sta per iniziare la primavera ed il buio costante, il freddo ed i forti venti stanno per lasciare il posto alla luce del sole ed a temperature piu' miti. In Antardide sono presenti circa 80 basi di ricerca in grado di ospitare circa 5000 persone, prevalentemente scienziati esperti di glaciologia, sismologia, astronomia, fisica dell'atmosfera. L'inverno antartico ha reso impraticabile per circa 6 mesi il rientro degli scienziati che erano approdati al Polo Sud prima che la pandemia fosse iniziata. Cosi', reclusi dal resto del Mondo, hanno continuato a potersi abbracciare... e vivere vicini, a stretto contatto, senza problemi. 


Ora e' il tempo del ricambio: nuovi scienziati (anche se con contingenti ridotti), stavolta dopo aver osservato un periodo di quarantena sin da agosto ed essersi sottoposti a tutti i test necessari, daranno il cambio ai loro colleghi che, al contrario, si dovranno pian piano abituare, per il rientro, al rispetto delle norme di prevenzione, dopo aver vissuto, finora, senza alcun tipo di restrizione. Nel periodo ottobre-febbraio sono attesi in Antardide anche molti turisti che viaggiano in navi da crociera e che potrebbero rappresentare potenziali veicoli di infezione 


L' obiettivo primario e' quello di continuare a preservare dal contagio questa parte del Pianeta dove le condizioni climatiche estreme rendono le capacita' sanitarie molto limitate e dove, per questo motivo, considerando anche la "vita da dormitorio" nelle stazioni di ricerca, un'eventuale diffusione del coronavirus avrebbe effetti devastanti.


(10/9)


SCHEDA INFORMATIVA
per gli studenti 



1
- Se manifesti uno dei sintomi piu' comuni potenzialmente riconducibili a CoVid: febbre > 37.5°, raffreddore, mal di gola, vomito, diarrea, perdita o diminuzione improvvisa di olfatto/gusto (o altri sintomi tra quelli elencati nella scheda informativa successiva) non puoi andare a scuola e, comunque, i tuoi genitori devono consultare il medico di base o il pediatra. Ci si deve responsabilizzare a misurare la temperatura corporea a casa, prima di uscire per andare a scuola, per evitare che tu faccia anche il solo tragitto casa-scuola eventualmente con la febbre. Se i sintomi dovessero manifestarsi a scuola (lo svenimento in classe con caduta di Vasco non rientra tra questi...😉) il dirigente scolastico provvedera' ad accompagnarti in un locale adibito all'emergenza adottando tutte le norme di sicurezza previste, in attesa, se sei minore, che i tuoi genitori, o chi da loro delegato, vengano a prenderti per poi avvisare il medico di base o il pediatra
2- Ricorda ai tuoi genitori di comunicare l'assenza alla tua scuola utilizzando come giustificativo 
"assenza per motivi sanitari"
(anche se non legati alla CoVid)
3- Se il servizio di igiene della tua ASL ti considera come un contatto stretto di un positivo, non puoi andare a scuola, devi attenerti alle disposizioni del medico per la quarantena, da parte tua, o dei tuoi genitori se sei minore, deve essere informato il referente CoVid individuato dalla tua scuola
4- Per favorire la comunicazione tra compagni, famiglie e tra scuola e famiglie, assieme ai tuoi genitori attiva chat di gruppo o mailing-list dedicate ad eventuali comunicazioni urgenti (per esempio casi di positivita' al coronavirus o comparsa di sintomi)


1- Mantieni la distanza di sicurezza di almeno 1-2 metri evitando strette di mano, baci, abbracci ed assembramenti con i tuoi compagni di classe
2- Rispetta la segnaletica di sicurezza orizzontale e verticale indicata dalla scuola
3- Indossa sempre la mascherina chirurgica seguendo le indicazioni della tua scuola: se desideri puoi riporla se seduto al tuo banco con opportuno distanziamento, ma devi sempre indossarla in tutti le situazioni di movimento all'interno dell'Istituto, tranne che per fare attivita' fisica in palestra 
4- Non scambiare mai la mascherina con i tuoi compagni
5- Non scambiare mai con i tuoi compagni bottiglie, penne, matite, libri etc.
6- Se dovessi tossire o starnutire fallo coprendo naso e bocca con un fazzoletto che dovrai gettare nel contenitore piu' vicino igienizzando successivamente le mani. In alternativa puoi farlo utilizzando la piega del tuo gomito flesso.
7- Lava spesso ed abbondantemente le mani con acqua e sapone o, in alternativa, con soluzioni idro-alcoliche (tipo amuchina), in particolare subito dopo il contatto con oggetti di uso comune, dopo aver utilizzato i servizi igienici, dopo aver buttato un fazzoletto, prima e dopo aver mangiato; evita comunque di toccarti naso, bocca ed occhi con le mani sporche

(9/9) 


SCHEDA INFORMATIVA 
I sintomi piu' comuni nei bambini


Piu' spesso sono asintomatici (43-47% dei contagiati!); raffreddore e mal di gola (14%); febbre (16%); sintomi gastrointestinali - vomito, diarrea - (circa il 30%!!)
I sintomi, se presenti, possono presentarsi singolarmente o associarsi tra loro, avvalorando in questo caso il sospetto che possa trattarsi di CoVid. Perdita o diminuzione improvvisa di olfatto (che molto spesso non si associa a naso chiuso) e di gusto (no amaro e dolce), sono abbastanza comuni anche nei bambini e molto suggestivi della CoVid. Meno frequente un interessamento broncopolmonare (tosse prevalentemente secca, affanno). Poco comuni le lesioni dermatologiche
Molto rara la Mis-C 
- sindrome infiammatoria multisistemica dei bambini - da poco definita e confusa all'inizio con la sindrome di Kawasaki
(per approfondimenti consulta il paragrafo "CoVid e bambini")

(30/8) - ☎️ "Pronto...dottore..la disturbo? 


....secondo lei e' CoVid...? 

Questa domanda potrebbe divenire ricorrente soprattutto in autunno (che si preannuncia piu' caldo dell'estate...) quando si assistera' ad una maggiore frequenza di sintomi respiratori febbrili legati alla stagionalita' ma anche ai maggiori contatti sociali per la prevista ripresa delle attivita' lavorative e scolastiche in presenza. Questo potrebbe comportare una maggiore circolazione virale, forse un potenziamento della carica virale ed un aumento dei contagi, anche intrafamiliari, con maggior rischio di gravita' di malattia soprattutto per le persone piu' vulnerabili che potrebbero peraltro ammalarsi anche da soggetti magari piu' giovani e piu' spesso asintomatici o paucisintomatici, ma non per questo non contagiosi
Sara', quindi, solo un raffreddore? o piuttosto influenza? o magari un'altra virosi respiratoria? o invece...CoVid? Ed in relazione a questo come comportarsi con i  contatti...quarantena o non quarantena? 🤔 

Intanto mai come quest'anno sara' importante vaccinarsi ed in tempo per l'influenza, soprattutto per un criterio di esclusione in caso di sintomi comuni alla CoVid e per evitare l'effetto "cocktail" per la coesistenza Covid/influenza in caso di co-infezione.


Distinguere i sintomi dell'influenza rispetto a quelli della Covid e', poi, indubbiamente, quanto mai difficile se non impossibile, per cui sarebbe, opportuno che tutti i medici (a partire dai medici di base e pediatri di libera scelta) siano in grado di poter prescrivere ma soprattutto disporre facilmente di test-tamponi, magari anche rapidi*, per una tempestiva diagnosi di infezione da coronavirus

(* consulta: "la diagnosi")

(30/08) -  Il distanziamento di 1 o 2 metri puo' essere di per se' sufficiente a garantire una adeguata protezione dal contagio in tutti i contesti? 


Il tema e' di grande attualita' anche in previsione della riapertura delle scuole in presenza....
In realta' le rigide regole di distanziamento sicuro (1 metro o 2 metri) sono forse una semplificazione eccessiva essendo molte le variabili che possono condizionare la modalita' di diffusione delle particelle nell'aria: modalita' di emissione delle secrezioni respiratorie (differente se si respira semplicemente o se si parla a voce alta, si canta e ancor piu' se si tossisce o starnutisce)


ma anche carica virale, suscettibilita' individuale, caratteristiche degli ambienti 
(contesti aperti o chiusi, piccoli o grandi), occupazione degli spazi, direzione, entita' e modalita' dei flussi d'aria, grado di temperatura ed umidita' dell'aria, grado di ventilazione, modalita' di ricambio dell'aria, distanza dalla fonte di contagio in presenza o meno di dispositivi di protezione, tempo di esposizione al contagio...ricordando sempre che anche una persona asintomatica in tutti i contesti puo' comunque infettare al pari di un paziente che presenta sintomi di malattia. Ne consegue, pertanto, che in determinati ambienti, soprattutto quelli al chiuso (ad es. uffici, aule scolastiche, negozi...), piccoli e poco ventilati (con aria quindi stagnante) e per tempi di permanenza e di esposizione piu' o meno lunghi (laddove alcune particelle infettanti, aerosolizzatesi, hanno la possibilita' di permanere piu' a lungo nell'aria prima di depositarsi sugli oggetti dell'ambiente circostante) e' sempre opportuno osservare sicuramente un giusto distanziamento, ma anche difendersi dal contagio con altri mezzi individuali di protezione (come le mascherine)


(per tutti gli importanti dettagli consulta il paragrafo dedicato alle "modalita' di contagio/droplets")

(27/08) - Li chiamano "long haulers" e, probabilmente, sono centinaia di migliaia. Sono i guariti da CoVid, negativizzatisi al tampone, spesso anche giovani senza malattie preesistenti e che hanno superato la fase acuta di malattia con pochissimi sintomi (!), che presentano una sindrome post virale, gia' osservata per la SARS, caratterizzata da ridotta capacita' respiratoria per ridotta forza dei muscoli respiratori, affanno, profonda debolezza e spossatezza, scarsa resistenza ai comuni sforzi fisici dell'attivita' quotidiana, dolori articolari e muscolari diffusi, mal di testa, dolori toracici intercostali, formicolii e parestesie agli arti superiori ed inferiori, mente annebbiata, difficolta' di concentrazione e perdita di memoria, ma anche lesioni cutanee, caduta di capelli, disturbi cronici gastro-intestinali (vomito e/o dissenteria), disturbi cronici del ritmo del respiro e della frequenza cardiaca, disturbi del sonno


 Questi soggetti, che nei casi piu' gravi necessitano anche di ossigenoterapia a domicilio, vengono definiti "long haulers" o "long CoVid" e, probabilmente, sono centinaia di migliaia. Naturalmente possono presentare uno o piu' dei sintomi descritti. Per loro questa fase di convalescenza della malattia si puo' protrarre fino a 6-12 mesi... (!!!) ed e' ampiamente sottostimata perche' i pazienti con pochi sintomi sfuggono, spesso, a qualsiasi tipo di diagnosi (alcune volte non hanno eseguito neppure il tampone ma soltanto un test sierologico!) e di monitoraggio ed il loro stato di inabilita', che penalizza pesantemente la loro qualita' di vita privata e lavorativa, viene considerato con scetticismo, molte volte anche dagli stessi sanitari, come un disturbo  ipocondriaco o una semplice "fissazione". La sindrome (le cui cause sono ancora in fase di studio: persistenza del virus negli organi? iperergia del sistema immunitario? ) se correttamente inquadrata richiede spesso un trattamento riabilitativo specifico anche se....quasi sempre chi e' definito clinicamente guarito non viene piu' considerato per mille aspetti, sia fisici che psicologici

(26/08) - Differenze tra perdita di olfatto come sintomo di CoVid o di comune raffreddore


La perdita di olfatto (anosmia) rappresenta un sintomo abbastanza comune nella CoVid ma si puo' presentare anche nei comuni raffreddori perche' il muco che ostruisce le cavita' nasali impedisce alle molecole odorose di raggiungere, nella parte alta del naso (vedi figura), una fessura della mucosa nella quale sono assiepate cellule nervose (neuroni olfattivi) che, con alcuni prolungamenti ( dette "ciglia") catturano le sostanze odorose che entrano nel naso per poi trasmettere il segnale identificativo  al cervello con cui sono collegate per farci percepire gli odori. Nella CoVid questo disturbo si puo' presentare, invece e spesso, anche a narici completamente libere!!! Ad essere infiammate e rigonfie, a naso libero, sono, infatti, nella fessura olfattiva, non tanto le cellule nervose bensi' le cellule di sostegno dei neuroni olfattivi, ricche di recettori ACE2 che il coronavirus scardina come una serratura, con la punta della sua coroncina (spike), per penetrare nelle cellule ed infettarle. Questa infiammazione basta a non far catturare le molecole odorose dai neuroni, dura in media un paio di settimane dopodiche' l'olfatto si normalizza pian piano in circa un mese. In una minoranza di casi il disturbo puo' durare, tuttavia, piu' a lungo, probabilmente perche' l'infiammazione si estende proprio alle cellule nervose che, rispetto a quelle di sostegno, se danneggiate, impiegano piu' tempo a rigenerarsi. Il recupero dell' olfatto e' in questo caso piu' lento e graduale e gli odori vengono dapprima percepiti in maniera distorta (parosmia) per ritornare poi alla normalita', a volte necessitando di un ciclo di riabilitazione olfattiva
(per i dettagli consulta il paragrafo dedicato ai "sintomi")


(24/08) - Ci si puo' reinfettare col coronavirus dopo essere guariti? 


🤒 Parrebbe di si! Il caso di un giovane 33enne di Hong Kong ammalatosi di CoVid con sintomi a fine marzo, guarito e poi risultato di nuovo positivo ad agosto, a distanza di quasi 5 mesi, con un tampone di controllo eseguito in aeroporto dopo un viaggio in Spagna, ripropone questo importantissimo tema, anche in funzione di un futuro vaccino. Il giovane sicuramente si e' infettato con un virus diverso rispetto al primo che, sequenziato geneticamente, ha mostrato qualche piccola mutazione tipica della circolazione in continenti diversi. Ora e', tuttavia, asintomatico: espressione di una immunita' comunque "sufficiente" a non farlo ammalare? Un caso simile e' stato segnalato anche in Nevada dove un giovane 25enne si sarebbe riammalato di CoVid, in maniera stavolta sintomatica, da un ceppo di coronavirus con lievi diversita' genetiche rispetto al primo che lo aveva infettato un mese prima e dal quale era risultato guarito. Naturalmente si tratta, per adesso, di pochi casi isolati. Gli studi finora condotti dimostrerebbero, comunque, come gli anticorpi prodotti per essere protettivi debbano essere anzitutto "neutralizzanti" 
(assimilando la punta della coroncina, spike, verso la quale gli anticorpi sono diretti ad una chiave 🗝️, gli unici "missili" efficaci in grado di neutralizzare il virus sono quelli che si attaccano alla "dentatura" della chiave di ingresso che forza la serratura cellulare e non certo alla impugnatura o allo stelo della chiave che hanno solo funzione di sostegno).


Pure se fossero neutralizzanti si pensa che gli anticorpi raggiungano un picco dopo 3 settimane dal contagio per poi calare, fino a volte a scomparire, dopo circa 3 mesi. L'immunita' degli anticorpi, tuttavia, non e' l'unica: un ruolo importante nella difesa immunitaria giocherebbe anche un tipo particolare di cellule, definite di tipo T. Queste evidenze indicherebbero come un test sierologico positivo per anticorpi non possa garantire un patentino di immunita' ma possa solo indicare che il soggetto e' " venuto a contatto" con il virus ed avere importanza soltanto nella logica di  uno studio di sieroprevalenza, per identificare, cioe', statisticamente quante persone in una popolazione si sono ammalate di CoVid. Inoltre un paziente guarito dovrebbe, comunque, alla luce di quanto esposto, continuare a rispettare le norme di prevenzione proprio perche' potrebbe reinfettarsi ed essere contagioso
(per i dettagli vedi il capitolo sui "test sierologici")

(23/08) -  Scende ancora l'eta' media dei contagi! Dall'ultimo monitoraggio dell'Istituto Superiore di Sanita' e del Ministero della Salute emerge che nell'ultima settimana l'eta' media dei nuovi positivi e' scesa da 35 anni a 29 anni 🤷! 


Le ragioni sono, probabilmente, da ricercare nel fatto che sono maggiormente i giovani ad aver ripreso l'attivita' lavorativa e la socializzazione, ad aver trascorso le vacanze all'estero, anche in Paesi a maggior rischio di contagiosita' e con profili di eta' piu' giovani, che i ragazzi rispetto a genitori e nonni sono, spesso, meno attenti alle norme di prevenzione e piu' inclini a frequentare luoghi di ritrovo e di assembramenti, che c'e' una maggiore disponibilita' di test per individuare le positivita' in piu' ampie fasce di popolazione (anche per la necessita' di tracciare i contatti dei casi, spesso giovani e con sintomi piu' lievi) mentre prima i test erano destinati soprattutto ai casi piu' gravi e prevalentemente agli anziani.


(20/08) - Anche in Italia si assiste ad un nuovo aumento della carica virale! 😷 In Italia, in questa ultima settimana si sta registrando un fenomeno allarmante assieme al trend in ascesa dei contagi e, in parte, dei ricoveri ospedalieri e delle terapie intensive: purtroppo sembra che la carica virale sia di nuovo in aumento; infatti il numero di copie di materiale genetico del virus presente in un millilitro di materiale biologico prelevato da un tampone, che tra fine luglio e primi di agosto era inferiore a 10.000, nell'ultima settimana e' di oltre 1 milione, a volte di un miliardo! Vorrebbe dire che il virus, purtroppo, sta infettando con piu' aggressivita'e questo potrebbe comportare casi di maggiore gravita' clinica. Questo fenomeno potrebbe essere legato anche al maggior numero di casi di importazione, prevalentemente giovani vacanzieri di rientro dall'estero da Paesi dove il virus e' di per se' ancora molto attivo



(14/8) - Focolai sparsi 🔥 - La pandemia dilaga nel Mondo; in Italia compaiono un po' dappertutto focolai sparsi a macchia di leopardo, principalmente in alcune Regioni del Nord e sulla fascia tirrenica, con un allarmante aumento di tipo esponenziale: sono piccole "fiammelle" (che si accendono principalmente per flussi dall'estero, ad esempio giovani che rientrano dalle vacanze da Paesi a rischio, o in ambiti lavorativi particolari come agenzie di logistica, macelli, salumifici, rsa, o realta' abitative disagiate) che occorre di volta in volta contenere per evitare che divampi di nuovo un "incendio"; la strategia delle 3T, la necessita' di cambiamento culturale di individui e societa'
(vedi la"sorveglianza sanitaria" in fondo al blog)


(9/8) - Hai spesso il raffreddore? 🤧 Il nuovo coronavirus potrebbe "attaccarti" con minore gravita'....! 
Il raffreddore comune e' provocato  da virus che appartengono alla stessa famiglia di cui fa parte il nuovo coronavirus responsabile della CoVid. Essendo "parenti" presentano alcune "somiglianze" anche nella struttura della proteina "spike" della coroncina di superficie (quella che consente al virus di "scardinare" la "serratura" delle cellule ed entrare per replicarvisi). Cosi' soggetti che si ammalano facilmente di raffreddori (come per esempio i bambini) e che dovessero "per la prima volta" venire a contatto con Sars-CoV-2 potrebbero gia' esserne parzialmente immunizzati (!) ed ammalarsi con pochi sintomi o risultare addirittura asintomatici: infatti il loro sistema, gia' parzialmente immunizzato contro i virus del raffreddore, potrebbe riconoscere alcuni bersagli comuni al nuovo coronavirus e reagire in maniera crociata contro di essi risvegliando la sua "memoria" e neutralizzandoli prima che Sars-CoV-2 possa provocare ulteriori danni...
(per approfondimenti vedi il capitolo dedicato ad "asma, allergie e raffreddore comune)

(28/7) - Chi sono i superdiffusori 🤷 e quanta importanza hanno nella catena di contagio...
(in "gli indici di contagio")



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IN SINTESI COSA E' SUCCESSO... 


Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi hanno notificato la presenza di un insieme di casi (cluster) di febbri associate a polmoniti tra gli abitanti di Wuhan, città della Cina centro-meridionale, nella provincia di Hubei, di circa 11 milioni di abitanti. 



Il 7 gennaio 2020 è stato isolato il patogeno responsabile. Si tratta di un virus oggi classificato come SARS-CoV2 e, cioè, un nuovo coronavirus (CoV) simile a quello che nel 2002 causò l'epidemia di una malattia definita "sindrome respiratoria acuta grave" (SARS). In Italia, a partire dalla terza settimana di febbraio 2020, sono stati ufficialmente accertati casi autoctoni di positivita' al coronavirus e, cioe', non importati direttamente da altri Paesi come la Cina ma a partenza da alcuni focolai in alcune cittadine della regione Lombardia. Alcuni recenti studi epidemiologici coordinati dall'Universita' di Genova che si basano su modelli predittivi (analisi del numero di posti letto di media intensita' e terapia intensiva), immagini radiologiche (TAC polmonari) suggestive per polmoniti da CoVid e test sierologici (ricerca di anticorpi) effettuati su sacche di plasma raccolte da donatori insospettabili perche' asintomatici, dimostrerebbero che il virus circolava in alcune regioni del nord Italia, come la Liguria, gia' alcuni mesi prima che fosse ufficialmente accertato, il 21 febbraio, il primo caso di positivita' al coronavirus di un italiano nella cittadina lombarda di Codogno, in provincia di Lodi. 


Nella regione Liguria si ipotizza addirittura dalla prima quindicina di dicembre. Analoghi studi su sacche di plasma di donatori, eseguiti da ricercatori del Policlinico di Milano, avevano gia' retrodatato la circolazione del coronavirus in Lombardia a dicembre dell'anno precedente. Studi recenti con test eseguiti sulla popolazione di Vo' Euganeo, in Veneto, retrodatano la circolazione del virus alla prima settimana di gennaio. Uno studio di ISS e SMAT (azienda torinese delle acque) ha permesso di stabilire come tracce di coronavirus fossero gia' presenti nelle acque reflue di Torino su campioni del 18 dicembre 2019 suggerendo come il virus circolasse anche in Piemonte gia' dal mese di dicembre dello scorso anno. Analoghi risultati sono stati ottenuti sulle acque di scarico della citta' di Milano analizzate alla stessa data.

Addirittura un recentissimo studio di ricercatori dell'Universita' di Barcellona nell'ambito del progetto di sorveglianza sanitaria per il nuovo coronavirus, avrebbe stabilito (ma il condizionale e' d'obbligo finche' i dati non verranno validati in maniera certa) che tracce del nuovo virus erano gia' presenti nelle acque di scarico della citta' nel mese di marzo 2019!! L' analisi di campioni congelati di acque reflue da gennaio 2018 a dicembre 2019 avrebbe secondo gli autori stabilito con certezza che tracce del nuovo virus fossero presenti, con livelli molto bassi ma chiaramente rilevabili con la metodica PCR, nei campioni del 12 marzo 2019. Se questi dati fossero confermati retrodaterebbero la presenza del virus in Europa di almeno 1 anno! La comunita' scientifica, pur trovando questi dati interessanti, invita, comunque, alla cautela finche' non si abbia una validazione definitiva.


L' 11 marzo 2020 l'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS) ha dichiarato lo stato di pandemia e, cioe,' la diffusione della malattia da coronavirus a larga parte delle popolazioni in piu' continenti del Mondo.

I NUMERI della PANDEMIA

Digita sul link, clicca sul Mondo che gira ed individua il Paese che ti interessa

https://covidvisualizer.com/





Il
coronavirus e' un virus (cioè un microscopico aggregato di materiale biologico delle dimensioni di 50-150 nanometri - circa un millesimo di capello umano) che ricorda la forma di una testa con una corona sulla superficie. 

Le punte di questa piccola corona, assieme ad altri meccanismi, consentono al virus di attaccare ed infettare, con il proprio materiale genetico (RNA), le cellule ospiti di altri organismi. 


Caratteristica di tutti i virus e', infatti, quella di non potersi replicare da soli, necessitando per questo di penetrare all'interno di cellule che, dopo aver infettato, distruggono; ne vengono aggredite, poi, altre ed in tal modo l'infezione progressivamente si diffonde; 

I coronavirus appartengono ad una famiglia di virus che hanno caratteristiche strutturali e funzionali diverse. Alcuni di questi, ad esempio, provocano nell'uomo il comune raffreddore. In passato alcuni coronavirus hanno provocato malattie più importanti come la SARS (sindrome respiratoria acuta grave) nel 2002 o la MERS (sindrome respiratoria medio orientale) nel 2012.

Molti di questi microscopici organismi, infatti, circolano normalmente tra specie animali, come uccelli e mammiferi, ma alcune volte possono "mutare", cioè subire una serie progressiva di cambiamenti, per combinazione con altri virus, che li portano ad essere aggressivi per altre specie animali ai quali si adattano, come è capitato per la SARS, in Cina, passando dai pipistrelli agli zibetti (e poi all'uomo), per la MERS, in Arabia Saudita, passando dai pipistrelli ai dromedari (e poi all'uomo) ed anche, di recente, in Cina, per la CoVid-19 (Co-rona- Vi-rus- d-isease e cioè malattia- 19, anno di identificazione del virus), con il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, di cui ancora non si conoscono esattamente serbatoio animale (pipistrello?) ed ospite animale di provenienza (pangolino?). 


I virus, ricombinandosi tra loro nel passaggio da animale ad altra specie animale possono, come detto, mutare nella loro struttura e nelle loro funzioni potendo, a volte, adattarsi alle caratteristche di un nuovo ospite. Quando questo si verifica si dice che il virus ha fatto il "salto di specie" (spillover). Questo e' cio' e' capitato anche all'uomo che e' venuto a contatto per la prima volta con il nuovo coronavirus da una specie animale infetta non ancora individuata (o direttamente o per il tramite di un ospite animale intermedio). Le deforestazioni ed i cambiamenti climatici sono fattori che possono aver contribuito a spingere specie animali, serbatoi del virus, a frequentare aree urbane, in seguito alla perdita del loro habitat naturale. 


Allevamenti intensivi e non sostenibili (per la stretta vicinanza coatta di piu' animali della stessa specie) ma anche lo sfruttamento, il traffico e lo smercio illegale di animali selvatici, sono tutti fattori che possono aver facilitato il salto di specie, e "condizionato" il contagio e la trasmissione del virus.  

I nuovi virus, una volta che hanno fatto il salto di specie all'uomo, possono, poi, trasmettersi da individuo ad individuo e, nel loro contagio interumano, hanno un vantaggio formidabile perche' trovano una prateria sconfinata di persone che mai sono venute a contatto con loro e che, per questo, non hanno mai potuto sviluppare una immunita' che possa proteggerle.



I coronavirus furono osservati per la prima volta nel 1964 da una scienziata scozzese, June Almeida, grazie ad una innovativa tecnica di microscopia (la immunoelettromicroscopia) che consisteva nel migliorare l'osservazione dei virus grazie all'utilizzo di anticorpi specifici in grado di legarsi ad essi. 


La scoperta, all'inizio, non fu accettata dalla comunita' scientifica dell'epoca che defini' le prime immagini di questi nuovi virus coronati come "brutte foto dei virus influenzali". Nel 1967 la Almeida per la prima volta propose alla rivista scientifica "Nature" la definizione e le immagini di questi nuovi virus per i quali conio' il termine di "coronavirus". 


GLI INDICI DI CONTAGIO
R0 (erre con zero) Rt (erre con ti)


R0 (o numero di riproduzione di base) esprime il valore "potenziale" di contagiosita' di un patogeno, in pratica indica il numero medio di individui che ogni persona infetta potrebbe a sua volta contagiare in una popolazione che mai e' venuta a contatto con un patogeno (ad esempio con il nuovo coronavirus). 

Cosi', se R0 e' uguale a 2 vuol dire che ogni infetto potrebbe a sua volta contagiare in media altre 2 persone. A loro volta ognuna di queste 2 persone potrebbe infettarne altre 2 e cosi' via in modo esponenziale. Se R0 e' uguale a 1 vuol dire che ogni infetto potrebbe contagiare a sua volta una sola persona. E' evidente che tanto maggiore e' il valore di R0 tanto maggiormente l'epidemia ha possibilita' di diffondersi. I valori possono essere indicati anche con la virgola (es.1,5 o 2,5 ). Secondo l'OMS il nuovo coronavirus ha un indice di contagiosita' di base di circa 2,5 e questo e' il suo valore caratteristico che rimane uguale a quello inizialmente stimato.


Diverso e' il concetto di Rt (indice di trasmissibilita') che indica il numero medio di individui che una persona infetta puo' a sua volta contagiare, ma in un contesto e, cioe', per il nuovo coronavirus, dopo il lockdown. Questo indice riesce meglio a rappresentare quanto il virus riesca a trasmettersi dopo le misure di contenimento adottate e, rispetto a R0, e', invece, un indice che puo' variare da regione a regione e da zona a zona, utile anche al monitoraggio di nuovi focolai epidemici.
Una comparazione con il virus del morbillo.....Pensate che il virus del morbillo, il piu' contagioso che si conosca, ha un R0 (indice di base) compreso tra 12 e 18! Infatti puo' rimanere per ore diffuso in aria disperso in aerosol ed essere quindi altamente contagiante in una popolazione che mai lo avesse conosciuto. Ma non e' un virus nuovo ed, oggi, fortunatamente, per il morbillo c'e' un vaccino per cui se larga parte della popolazione e' immunizzata il virus, anche se di base e' contagiosissimo, ha un Rt (indice di trasmissibilita') bassissimo: e' come, infatti, se sbattesse contro un muro umano di persone che non possono essere contagiate perche' hanno lo scudo protettivo del vaccino e che a loro volta proteggono anche quei soggetti che, per vari motivi, non possono vaccinarsi (vedi piu' avanti il concetto di immunita' di gregge). 


Come detto, diversa e' la situazione per questo nuovo coronavirus per il quale un vaccino ancora non c'e e la prevenzione, di conseguenza, e' l'unica arma a disposizione per contenerne la diffusione. 

superdiffusori sono persone generalmente asintomatiche, o con lievi sintomi a cui in genere non fanno caso, che possono infettare facilmente anche decine di persone con le quali vengono a contatto. 


L' esatto "identikit" del superdiffusore (e di conseguenza la possibilita' di poterlo identificare ed isolare) purtroppo non e' noto ma, probabilmente, si tratta di individui con cariche virali molto alte e con periodi di incubazione di malattia molto lunghi, anche di settimane, durante i quali hanno una straordinaria capacita' infettante. Ovviamente la facilita' alla diffusione dipende anche dal contesto in cui ci si trova. Il contagio si verifica rapidamente soprattutto se queste persone respirano, ansimano, parlano, specialmente a voce alta, cantano o, peggio ancora, tossiscono o starnutiscono in luoghi piccoli, chiusi, affollati e poco ventilati. Importante, ovviamente, e' anche il tempo di esposizione al contagio: maggiore e' il tempo in cui si e' a contatto stretto con i superdiffusori maggiore e' la probabilita' di rimanere infettati.



I virus possono "andare alla carica" di ogni essere umano schierando truppe più o meno numerose: si parla, appunto, di “carica” virale: più questa e' alta, maggiore e' la dose infettante del virus: si stima che occorrano come minimo un migliaio di particelle virali perche' si possa generare un'infezione. Queste particelle possono infettare in una sola volta oppure accumulandosi a piu' riprese, in un breve periodo di tempo, fino a raggiungere il valore soglia del migliaio di particelle: quindi ai fini della trasmissione interumana e' importante anche il tempo di esposizione al contagio, specie in ambienti confinati e con scarsa ventilazione.


Una particolare caratteristica del virus e' quella di contagiare replicandosi molto rapidamente (il legame del virus con i recettori delle cellule umane e', infatti, 20 volte maggiore rispetto al virus della SARS). 




Dai dati di sorveglianza sanitaria dell' Istituto Superiore di Sanita' emerge che in Italia le donne dall'inizio della pandemia si sono ammalate piu' degli uomini: 46.5% uomini, 53.5% donne (anche se gravita' della malattia e mortalita' risultano sempre inferiori rispetto al genere maschile).  

Sempre secondo i dati dell'ISS l'eta' media dei deceduti e' aumentata passando da 79,8 ad 82,5: questo probabilmente e' da relazionare alla migliore capacita' di trattamento della CoVid e ad una piu' efficiente organizzazione sanitaria.


L'ISS evidenzia anche come l'eta' media dei contagiati si sia al contrario abbassata. Nel mese di luglio 2020 l'eta' mediana dei casi e' stata di 47 anni; nel mese di agosto si e' addirittura abbassata fino a 30 anni. Anche in altri Paesi, del resto, a fronte di un incremento dell'eta' media dei deceduti si assiste ad una progressiva riduzione di quella dei contagiati. 


Un recente studio condotto in California riporta come nel mese di maggio il 44% delle nuove diagnosi abbia interessato persone di eta' pari o inferiore a 34 anni (rispetto al 29% del mese precedente) e come continui a salire anche il numero di contagiati tra i giovani al di sotto dei 20 anni, sebbene la sopravvivenza per la fascia adolescenziale sia vicina al 100%. Stesso trend si e' evidenziato in Corea del Sud dove il 75% dei nuovi contagi e' compreso nella fascia d'eta' tra i 19 ed i 29 anni. 


 Le ragioni sono, probabilmente, da ricercare nel fatto che sono maggiormente i giovani ad aver ripreso l'attivita' lavorativa e la socializzazione, ad aver trascorso le vacanze anche in Paesi a maggior rischio di contagiosita' e con profili di eta' piu' giovani, che i ragazzi rispetto a genitori e nonni sono, spesso, meno attenti alle norme di prevenzione e piu' inclini a frequentare luoghi di ritrovo e di assembramenti, che c'e' una maggiore disponibilita' di test per individuare le positivita' in piu' ampie fasce di popolazione (anche per la necessita' di tracciare i contatti dei casi, spesso giovani e con sintomi piu' lievi) mentre prima i test erano destinati soprattutto ai casi piu' gravi e prevalentemente agli anziani. 

LE MUTAZIONI


Aggressivo all'inizio ogni virus, in genere, cerca, poi, di adattarsi al suo ospite e lo fa unicamente per sopravvivere perche' se lo uccidesse non avrebbe piu' l'opportunita' di replicarsi!! 

Nella sua veloce replicazione il virus puo', quindi, evolversi e mutare.

Le mutazioni di un virus possono avvenire in 2 modi:
- per ricombinazione con il materiale genetico di uno o piu' virus: ne nasce uno nuovo con caratteristiche strutturali e funzionali diverse in grado, spesso, di fare il salto di specie
- per mutazioni casuali: in questo caso, soprattutto per i virus che si replicano molto velocemente, e' facile che si verifichino piccoli errori nelle copie; questo avviene maggiormente per i virus ad RNA (come il coronavirus) che sono dotati di "fotocopiatrici" (polimerasi) un po' piu' rudimentali rispetto a quelle piu' raffinate dei virus a DNA, che sono in grado di funzionare con maggiore efficienza e perfino di riparare gli errori di replicazione.

La maggior parte delle mutazioni casuali sono svantaggiose per il virus e vengono rimosse dalla selezione naturale. Vengono selezionate solo quelle piu' vantaggiose che, spesso, lo portano ad adattarsi con piu' facilita' all'ospite.

Sono ormai sempre maggiori le evidenze provenienti da tutto il mondo (ultime quelle dell'Universita' di Los Alamos e del Scripps Research Institute di Jupiter in Florida) che indicherebbero come gia' la variante di coronavirus diffusasi prima in Europa e poi negli USA ed in America Latina sia diversa rispetto a quella originaria diffusasi in Cina. Molti ricercatori analizzando le sequenze genetiche del virus hanno descritto una mutazione definita come "D614G" o piu' confidenzialmente mutazione "G": questa mutazione apparentemente banale perche' responsabile della sostituzione di un singolo aminoacido, e cioe' un mattoncino, della proteina di rivestimento del virus (nello specifico una glicina al posto di acido aspartico, appunto in posizione 614 su 1300) in realta' ha notevoli ripercussioni funzionali perche' riguarda la struttura della proteina "spike", quella, cioe', che il virus sfrutta, come punta della sua coroncina, per agganciare le cellule e penetrare all'interno per replicarvisi. La proteina spike in seguito a questa mutazione sarebbe piu' stabile rispetto alla versione originale del virus: le spicole rinforzate avrebbero, cioe', meno rischio di disintegrarsi durante l'attacco alle cellule. Anche il numero o la densita' di spike, grazie a questa mutazione, e' aumentato di almeno 4-5 volte rendendo il coronavirus piu' infettante sebbene la letalita' sembrerebbe la stessa. Questa maggiore capacita' di infettare le cellule bersaglio potrebbe giustificare la maggiore trasmissibilita' del virus e, quindi, il gran numero di contagi in Europa come nelle Americhe, responsabile della pandemia.


Un recente studio inglese pubblicato sulla rivista "Infection, Genetics and Evolution" e condotto da ricercatori dell'Istituto di genetica dell' University College di Londra analizzando 7666 sequenze di genoma del nuovo coronavirus, ha dimostrato la presenza di almeno 198 mutazioni emerse in modi simili ma indipendenti (omoplasie) in diverse aree geografiche del mondo e senza un progenitore comune: queste mutazioni, pur essendo diverse, sono, tuttavia, tutte convergenti verso un'unica direzione e, cioe', verso il tentativo di adattare il virus ad una piu' lunga convivenza con l'ospite umano. Questo secondo i ricercatori sta portando allo sviluppo di un unico fenotipo a virulenza attenuata.

C'e', pero', sempre la possibilita' che vengano selezionate mutazioni che rendano il virus piu' aggressivo in termini di gravita' e letalita'. Questo, in realta', si realizza piu' raramente ed in tempi in genere lunghi perche' tutte le caratteristiche menzionate sono sotto il controllo di piu' geni che costituiscono quella struttura portante del materiale genetico che deve essere meno soggetta a variazioni proprio a salvaguardia della sopravvivenza del virus.

Conoscere le mutazioni del virus e' importante per mappare la sequenza dei suoi spostamenti sul territorio ma anche per testare l'efficacia dei bersagli di farmaci e vaccini.


LE LINEE DI DIFESA


L’ uomo, essendo il virus, come detto, completamente nuovo, non avendolo mai "conosciuto" prima non ha "memoria" immunitaria (quella che si acquisisce, invece, con il vaccino e forse dopo la guarigione) ma può comunque difendersi e contrattaccare mettendo in campo alcune linee di difesa.

E' stato recentemente dimostrato come gia' l'immunita' "innata" o aspecifica dell'uomo, agendo attraverso un meccanismo di "hackeraggio", cerchi di indurre nel materiale genetico del virus, durante la sua replicazione nella cellula umana, mutazioni che ne possano impedire o frenare la replicazione.

Le difese immunitarie di un individuo, locali (IgA delle mucose) o sistemiche, a volte risultano efficienti, a volte meno come può accadere negli anziani o in soggetti immunodepressi e/o debilitati, ad esempio da malattie croniche pre-esistenti (come ipertensione arteriosa, diabete - soprattutto quello misconosciuto, scompensato o non adeguatamente trattato - malattie cardiovascolari, malattie polmonari, tumori, epatopatie, nefropatie, condizioni come l'obesita') o da interventi chirurgici.


In base ad alcune stime (articolo pubblicato su "The Lancet Global Health") sarebbero circa 1,7 miliardi (circa il 22% della popolazione mondiale) le persone nel mondo affette da almeno una delle patologie croniche che predispongono ad una maggiore gravita' nel decorso della CoVid. La stima non tiene conto, peraltro, di condizioni quali l'obesita' e di fattori legati alla semplice eta' o alle condizioni socio-economiche.


PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO

La societa' californiana 23andme, specializzata nell'analisi del DNA e nella ricerca di correlazioni tra genoma e rischio di patologie, ha di recente prodotto uno studio che ha evidenziato come soggetti con GRUPPO SANGUIGNO di tipo 0 hanno, rispetto ad altri gruppi, un rischio tra il 9 ed il 18% in meno di risultare positivi al coronavirus e tra coloro che sono piu' esposti al contagio (come gli operatori sanitari) il rischio di ammalarsi e' inferiore in una percentuale variabile tra il 13 ed il 26%. Anche il rischio di sviluppare forme gravi di malattia risulta piu' basso per coloro che hanno gruppo sanguigno di tipo 0. Questi risultati per avere validita' devono naturalmente essere adeguati all'eta', al sesso, all'etnia, all'indice di massa corporea ed alle comorbilita'.
La suscettibilita' ad ammalarsi sarebbe, quindi, anche rapportabile a fattori genetici che determinano il gruppo sanguigno: differenze nei gruppi sanguigni sicuramente hanno influenza su alcuni fattori della coagulazione e sulla risposta del sistema immunitario.


Alle stesse conclusioni era gia' giunto uno studio cinese condotto su pazienti ricoverati in due ospedali di Wuhan ed uno di Shenzen: questo studio indicherebbe anche il gruppo sanguigno di tipo A come quello a piu' alto rischio di contagio e gravita'. Un terzo studio condotto su 1600 pazienti in Italia e Spagna affetti da insufficienza respiratoria da CoVid ha evidenziato come quelli con gruppo sanguigno di tipo A avessero circa il 50% di probabilita' in piu' di necessitare di un ventilatore polmonare. Tutti gli studi citati non sono, pero', ancora stati pubblicati e devono, percio', essere valutati con cautela. Inoltre molti pazienti CoVid  muoiono per complicanze legate a trombosi piuttosto che per polmonite e si sa certamente, ad esempio, che il gruppo 0 negativo predispone maggiormente allo sviluppo di coaguli. 
Due nuovi studi condotti negli Stati Uniti dalla Columbia University di New York e dal Massachusetts General Hospital di Boston hanno, invece, considerato trascurabili i rischi legati al gruppo sanguigno.
In conclusione non e' il gruppo sanguigno che ci "protegge" ma tutte le misure di prevenzione che occorre comunque e sempre adottare. 

Un gruppo di ricercatori (Giordano e coll.) hanno recentemente pubblicato un articolo sulla rivista 
"International Journal of Molecular Sciences" avanzando l'ipotesi che FATTORI GENETICI siano alla base della diversa vulnerabilita' alla CoVid. In particolare sono stati individuati 2 geni (alleli B44 e C01 del sistema antigenico dei leucociti umani, HLA) che sarebbero correlati ad una maggiore suscettibilita' alla infezione virale: questi geni differiscono per distribuzione nelle varie regioni italiane essendo maggiormente rappresentati in quelle settentrionali. 

Si spiegherebbe, cosi', almeno in parte, la maggiore diffusione e gravita' della malattia nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud protette da una sorta di scudo genetico.

L' abitudine al FUMO DI TABACCO, come evidenziato da recentissimi studi scientifici, aumenterebbe di almeno 3 volte il rischio di sviluppare una grave forma di polmonite da CoVid 19. Il fumo, che e' spesso un fattore causale e di aggravamento di molte patologie croniche considerate a rischio e sopra elencate, riduce i poteri di difesa ed a lungo andare blocca, al pari di cio' che fa in maniera acuta il virus, il nastro trasportatore verso l'alto delle ciglia dei bronchi (vedi la parte piu' avanti dedicata ai sintomi) favorendo il ristagno di muco nel quale il virus ha facilita' a replicarsi ed a diffondersi nelle vie aeree inferiori e nell'organismo. 

L' "European Respiratory Journal" ha pubblicato, recentemente, uno studio che dimostrerebbe come i polmoni dei fumatori e dei pazienti affetti da bronchite cronica ostruttiva (BPCO)
abbiano rappresentati sulle cellule polmonari alti livelli dell'enzima ACE2 e, cioe', di quella serratura che il coronavirus sfrutta inserendo la chiave di una delle punte della sua coroncina per aprire la porta della cellula e penetrare al suo interno per replicarsi.


La maggiore gravita' della malattia nei fumatori potrebbe anche spiegare, almeno in parte, il maggiore tasso di letalita' tra gli uomini, rispetto alle donne, registrato in Cina come in altri Paesi tra cui l'Italia.

A riguardo e' comunque  possibile che le donne possano anche godere di fattori protettivi, probabilmente di natura genetica o ormonale, ancora in fase di studio

Anche la gestualita' dell'atto di fumare la sigaretta potrebbe rappresentare un fattore di maggiore vulnerabilita' all'infezione perche' le dita della mano, eventualmente contaminate come, del resto, potrebbero essere anche le stesse sigarette, venendo a contatto con le labbra potrebbero costituire un veicolo di trasmissione del virus attraverso la mucosa della bocca (vedi piu' avanti le modalita' di contagio).

Un dato preoccupante e' la pericolosa ed erronea convinzione che molti fumatori hanno di non essere maggiormente esposti al contagio solo perche' fumano: attribuiscono, infatti, la maggiore vulnerabilita' a fattori esterni quali eta' e patologie pregresse, di cui si parla comunemente, piuttosto che a comportamenti individuali come l'abitudine al fumo! (senza avere la consapevolezza che proprio il fumo e' uno dei principali fattori di rischio di molte patologie croniche che predispongono maggiormente all'infezione da CoVid ed alla maggiore gravita' della malattia).  


Uno studio recentemente pubblicato su "Laryngoscope Investigative Otolaryngology" e condotto negli USA, evidenzia anche il probabile maggior rischio di contrarre forme piu' gravi di CoVid-19 in coloro che fanno uso di sigarette elettroniche con complicanze legate all'EVALI.
Secondo l'indagine i danni polmonari provocati dall' EVALI (e-cigarette, or vaping, producte use-associated lung injury), che si manifestano con malessere generale, sintomi respiratori simili a quelli di una polmonite e gastrointestinali, specialmente nei giovani, grandi svapatori, predisporrebbero a forme piu' gravi di malattia da coronavirus.

USA. La mappa in alto mostra i ricoveri per EVALI al 18 febbraio 2020. Quella in basso i casi di CoViD-19 al 6 aprile 2020.WILLARD C. HARRILL ET AL.


Gli autori evidenziano come le regioni USA piu' colpite da EVALI siano, spesso, le piu' colpite da Covid ed esprimono preoccupazione per i giovani che, credendosi per fascia d'eta' meno esposti al contagio, potrebbero sottostimare il rischio legato allo svapo.


In Italia il 22% dei ragazzi tra 13 e 15 anni svapa, contro il 13% delle ragazze (indagine GYTS 2018)


OBESITA' - Un recente studio pubblicato su "Journal of Obesity" da ricercatori del centro per l'obesita' del Politecnico delle Marche di Ancona e realizzato in collaborazione con altri atenei italiani ha evidenziato come il coronavirus possa attaccare e distruggere anche le cellule adipose di soggetti obesi ricche di ACE2 (la principale porta di ingresso del virus nelle cellule) liberando un gran numero di rifiuti di grasso in grado di infiltrare ed embolizzare i vasi sanguigni di organi tra cui i polmoni e generando, cosi', una sindrome da embolizzazione adiposa (fat embolism syndrome- FES). Queste gocce di grasso che ostruiscono i capillari polmonari possono aggravare un quadro di insufficienza respiratoria acuta da CoVid. 


Del resto i pazienti obesi che si ammalano di CoVid hanno gia' di per se' il doppio di probabilita' di finire in terapia intensiva. Un recente studio del servizio sanitario inglese, pubblicato su "Obesity", riporta che addirittura il 75% di chi e' ricoverato in terapia intensiva per CoVid e' in sovrappeso. In GB del resto 3 adulti su 10 sono obesi; in Italia secondo i dati riportati da ISS per il triennio 2016-2019 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale (3 in sovrappeso, 1 obeso). 
L' obeso presenta, spesso, comorbidita' quali disfunzioni metaboliche, diabete, malattie cardiovascolari e renali, deficit immunitari. Ma l'obesita' di per se' puo' predisporre ad una maggiore gravita' per CoVid indipendentemente dall'associazione con altre malattie croniche considerate a rischio: a riprova di cio' i nuovi casi positivi riscontrati negli USA riguardano soprattutto giovani tra i 35 ed i 40 anni con obesita' viscerale senza altre complicanze. Secondo un recente studio condotto da ricercatori del Campus Biomedico di Roma e pubblicato su "Diabetes Care" proprio l'obesita' viscerale, cioe' l'accumulo di grasso che riveste i visceri addominali, rappresenta un fattore di rischio che puo' predisporre maggiormente (2-3 volte di piu' ) un paziente obeso affetto da CoVid, rispetto ad un paziente non obeso, ad un ricovero in terapia intensiva; analizzando le cause per cui l'obesita' viscerale addominale comporta una maggiore gravita' di malattia vi sono anzitutto fattori puramente meccanici: il grasso addominale spinge da sotto il diaframma ostacolando la discesa dei polmoni in inspirazione. Le cellule adipose attaccate dal coronavirus, specialmente in alcuni distretti come addome e retroperitoneo, liberano, inoltre, in circolo una grande quantita' di citochine pro-infiammatorie che amplificano quella infiammazione che gia' in basso grado e' presente a carico di numerosi organi per la cronica dismissione in circolo di questi mediatori e che in fase acuta puo' predisporre ad una "tempesta di citochine" aggravando la malattia.


ATTIVITA' FISICA - L' attivita' sportiva intensa e prolungata, soprattutto di "endurance", e cioe' di resistenza alla fatica nel tempo, sia in modalita' acuta (gara), sia in modalita' ripetuta (allenamenti) indebolisce il sistema immunitario nelle ore o nei giorni immediatamente successivi, rendendo l'organismo, per un breve periodo, piu' vulnerabile alle infezioni. Al contrario un esercizio fisico di moderata entita' per intensita', durata e frequenza e che non comporti eccessivo affaticamento, sembra stimolare il sistema immunitario.


Ad un'attivita' fisica molto intensa segue, infatti, un periodo finestra ("open window"), variabile dalle 3 alle 72 ore, durante il quale parte delle linee di difesa immunitarie vengono impegnate a livello muscolare per riparare i microtraumi post-esercizio, modulando la risposta infiammatoria locale fino alla fase di completo recupero della struttura e della funzione delle fibre del muscolo. Durante questo breve periodo e' come se parte del nostro esercito immunitario fosse impegnato altrove e le truppe non possano essere tutte impiegate per fronteggiare l'attacco di virus e batteri. Quindi, soprattutto chi, ad esempio, gia' soffre di forme infiammatorie croniche, chi non si alimenta in modo adeguato, chi soffre di disturbi del sonno, risulta particolarmente vulnerabile, per un po' di ore, al contagio di patogeni come il coronavirus. Inoltre, come evidenziato anche da un recente studio dell'Istituto Superiore di Sanita', esercizi fisici intensi e prolungati comportano elevati flussi e volumi respiratori che possono favorire l'ingresso delle particelle virali direttamente nelle vie respiratorie inferiori e nei polmoni ancor prima che il sistema immunitario abbia potuto esprimere una risposta adeguata. Le difese immunitarie interverranno, quindi, tardivamente ed a questo punto tenteranno di scatenare una risposta infiammatoria imponente che puo' condurre alla "tempesta di citochine" (vedi piu' avanti significato e conseguenze). Si e' dimostrato inoltre che esercizi fisici intensi e prolungati diminuiscono il livello di IgA salivari, e cioe', di quegli anticorpi che agiscono come sentinelle localizzate sulle mucose e che si attivano, laddove il virus tenti di penetrare, cercando di contrastarne l'accesso. 




Il nuovo coronavirus puo' infettare tutti, indistintamente, a qualsiasi eta'..
Il tempo medio di incubazione della malattia, prima che si manifestino "eventuali" sintomi, e' di 5,1 giorni con un arco variabile tra 2 e 12 giorni, fino ad un massimo di 14.

I sintomi piu' comuni:

- Febbre > 37.5°
- Tosse secca
- Affanno
- Alterazione di gusto e/o olfatto
- Dolori articolari
- Vomito, dissenteria



Il virus puo' penetrare direttamente nelle prime vie respiratorie attraverso naso o gola ma anche indirettamente attraverso la congiuntiva ed il canale lacrimale degli occhi; da qui puo', poi, passare, eventualmente, nella trachea e nei bronchi; si scatena, cosi', una infiammazione, come se sviluppasse un incendio: possono comparire raffreddore, mal di gola, congiuntivite (quest'ultima presente fino al 32% dei pazienti e, spesso,  espressione di esordio della malattia). La temperatura si innalza e compare la febbre (più o meno alta in rapporto all'entità dell' "incendio"...) accompagnata da uno stato di malessere generale, mal di testa e facile affaticabilita'

La febbre può non costituire il sintomo di esordio della malattia sebbene, poi, sia presente nell'80-85% circa dei casi adulti sintomatici mentre nei bambini compare soltanto nel 16% dei casi! Per gli individui che sono stati esposti al contagio ma senza febbre, occorre misurare la temperatura, in regime di quarantena, almeno 2 volte al giorno e per "almeno" 2 settimane (massimo periodo di incubazione della malattia).

I sistemi difensivi dell'uomo cercano di espellere fuori dalle vie bronchiali il coronavirus che, però, blocca nella sua salita (similmente a cio' che fanno, ad esempio, gli inquinanti ambientali, il particolato atmosferico o le sostanze tossiche del fumo di sigaretta) l’ascensore "ciliare" e, cioè, quel meccanismo che consente alle cellule dei bronchi ("epithelial cells" nella figura), grazie ad alcuni prolungamenti fluttuanti che si chiamano "ciglia" (in rosso nella figura), di agire un po' come fa una scala mobile che risposta verso l'alto (direzione della freccia nera nella figura) tutte le particelle che giungono nei bronchi dall'esterno, intrappolandole nel muco (di colore giallo nella figura).


- per approfondimenti vedi il capitolo sulle "bronchiti" in "Il respiro per tuttiopuscolo da me scritto per le persone affette da patologie respiratorie, scaricabile al link:
https://respirazione.altervista.org/ -

Possono comparire, allora, starnuti e tosse come unici mezzi disponibili per cercare di eliminare il virus... (perché la scala mobile è bloccata...)

Le vie bronchiali, inoltre, se ostruite dal combattimento in atto, non permettono all'aria, ricca di ossigeno, di fluire liberamente verso i polmoni: scatta un segnale di allarme per cui compare l’affanno nel tentativo di forzare il blocco con una ventilazione maggiore; in pratica il motore del respiro aumenta i suoi giri ed avvertiamo una sensazione sgradevole che ci fa accorgere che stiamo respirando, ciò che si chiama affanno o in termini medici "dispnea" (disturbo del respiro).

Rispetto all'influenza i sintomi da CoVid esordiscono, in genere, in maniera piu' lenta e graduale, a volte sono sfumati, a volte danno manifestazioni cliniche piu' importanti; non necessariamente si presentano tutti insieme. La tosse e' piu' spesso secca e stizzosa piuttosto che produttiva. Febbre ed affanno compaiono in 3/4 dei casi piu' gravi.

Altri sintomi abbastanza comuni (secondo un recente studio manifestati da 1 paziente su 3) sono di natura gastrointestinale: 
nausea, vomito, diarrea

Frequentemente (si stima sempre 1 paziente su 3, secondo uno studio recente condotto dall'Universita' statale di Milano e pubblicato su "Clinical Infectious Diseases") sono presenti perdita di gusto e/o olfatto, specie nelle donne e negli uomini meno giovani, spesso anche nelle fasi di esordio della malattia ed alcune volte come "unici sintomi" di qualche rilievo clinico.

La diminuzione o perdita improvvisa di olfatto e' espressione di Covid in 4 casi su 5: altrimenti detta "anosmia" si puo' verificare anche nei comuni raffreddori perche' il muco che ostruisce le cavita' nasali impedisce alle molecole odorose di raggiungere quella parte del naso (neuroni olfattivi) che si trova nella parte alta e che ci fa percepire gli odori. 


Nella CoVid questo disturbo si puo', pero', anche presentare a narici completamente libere! TAC eseguite sulle cavita' nasali hanno dimostrato come nei pazienti affetti da CoVid la "fessura olfattiva" che ci fa percepire gli odori sia rigonfia ed infiammata, anche con naso libero, ma non per interessamento dei neuroni (le cellule nervose che con alcune ciglia catturano le sostanze odorose) bensi' delle cellule che li sostengono e che sono ricche di recettori ACE2. Normalmente questa infiammazione di questo tessuto di sostegno dura in media un paio di settimane dopodiche' l'olfatto si normalizza. Circa l'80% dei pazienti guarisce completamente in 1 mese. In alcuni casi piu' gravi, pero', il disturbo puo' durare piu' a lungo probabilmente perche' l'infiammazione va a danneggiare anche le cellule nervose che impiegano piu' tempo per rigenerarsi. In questo caso il recupero dell'olfatto e' piu' lento e graduale passando prima attraverso la cosiddetta "parosmia", fase nella quale gli odori cominciano ad essere di nuovo percepiti ma in modo distorto. 


Essere privati dell'olfatto per un lungo periodo di tempo puo' comportare alterazioni nella qualita' della vita e ripercussioni psicologiche che possono portare anche a vere e proprie forme ansioso-depressive. Anche l'esperienza del cibo puo' essere frustrante se non abbinata all'odore di cio' che si mangia. La terapia si basa sull'impiego di cortisonici e sulla riabilitazione olfattiva per stimolare la memoria degli odori; questa puo' avere diversi schemi terapeutici: si possono, ad esempio, individuare e scegliere almeno 5 odori veramente speciali e gradevoli per la persona e respirarli 2 volte al giorno per almeno 5-10 minuti mentre si osserva cio' che si odora.

Le cellule difensive, se efficienti, possono respingere l’attacco ed i virus vengono sopraffatti: c’è guarigione clinica (più del 90% dei casi).
Alcune volte le truppe virali, o perchè trovano scarsa resistenza e/o perchè hanno una carica molto alta, possono avere, invece, il sopravvento diffondendosi nei polmoni e generando direttamente una severa infezione (polmonite) accompagnata da un forte reazione infiammatoria: la situazione e' più grave e la respirazione può essere, in alcuni casi, seriamente compromessa richiedendo il ricovero in terapia intensiva considerando che, rispetto ad altri tipi di polmoniti interstiziali, quelle causate da coronavirus coinvolgono con maggiore frequenza ed aggressivita' (per una notevole risposta infiammatoria) anche il microcircolo polmonare e, cioe', quei piccolissimi capillari che sono a strettissimo contatto con le cellule polmonari (alveoli) e dove scorre il sangue che deve caricarsi di ossigeno. A volte si creano piccoli trombi in questi piccoli vasi e l'ossigeno che anche se erogato ad alti flussi puo' avere, per questo, difficolta' ad essere trasportato dai globuli rossi la cui percorrenza nei capillari e' ostacolata. 

- per approfondimenti vedi il capitolo sulla "fisiologia dell'apparato respiratorio" in "Il respiro per tuttiopuscolo da me scritto per le persone affette da patologie respiratorie, scaricabile al link:
https://respirazione.altervista.org/ -

La malattia dopo aver coinvolto la struttura polmonare puo' portare a guarigione completa o lasciare, a volte, esiti fibrotici, simili a cicatrici. Tuttavia, ma fortunatamente in una minoranza di casi, la reazione infiammatoria puo' diventare, a volte, sistemica e, cioe', coinvolgere l'intero organismo per lo scatenarsi della cosiddetta "tempesta di citochine" (vedi avanti). Si ipotizza che l'interessamento multi-organo possa avvenire anche per azione diretta del virus che va ad infettare soprattutto organi (come ad esempio intestino e cuore) dove sono maggiormente rappresentati i recettori ACE2 e, cioe', quelle "serrature" che il virus con una punta (spike) della sua coroncina riesce a scardinare per entrare all'interno delle cellule e replicarsi. 

La cosiddetta "tempesta di citochine"

Quando l'organismo viene aggredito da un virus, un batterio, una tossina, alcune cellule del sistema immunitario liberano delle piccolissime sostanze proteiche che si chiamano "citochine". La loro sintesi e' molto rapida e di breve durata ed e' un fenomeno controllato e strettamente dipendente dalla presenza di un agente esterno che penetra nel nostro corpo. Una volta prodotte agiscono subito legandosi ad altre cellule immunitarie ed attivandole nel produrre molecole infiammatorie utili a combattere patogeni come ad esempio il coronavirus. Attraverso le citochine le cellule del sistema immunitario si scambiano anche segnali e si coordinano nella loro difesa regolando e bilanciando il loro livello di attivita' per combattere al meglio l'infezione. Una volta che la battaglia e' vinta le cellule del sistema immunitario tornano alla loro condizione di base. Ma in un 15% di pazienti che manifestano sintomi piu' gravi si verifica quella che si chiama "tempesta di citochine": in pratica le cellule del sistema immunitario si iperattivano agendo in maniera caotica e queste citochine (tra le quali IL-6 IL-8 IL-17) continuano ad essere prodotte, rilasciate e diffuse in maniera esagerata provocando infiammazione oltre misura e conseguenti danni a carico di molti altri organi. 


La reazione immunitaria diventa paradossalmente piu' pericolosa della stessa aggressione virale e l'interessamento multi-organo puo' a volte condurre anche alla morte. Naturalmente un soggetto che ha gia' i suoi organi compromessi da varie patologie croniche sara' piu' a rischio di altri manifestando sintomi piu' gravi. Questa reazione incontrollata puo' verificarsi a qualsiasi eta' e gia' si e' osservata in parecchi casi di SARS e MERS oltreche' nelle patologie autoimmunitarie. 


A riprova dell'interessamento infiammatorio multiorgano e di alterazione dei fattori coagulativi con facilita' alla formazione di trombi e cioe' di coaguli di sangue, spesso nelle forme piu' gravi di malattia si puo' assistere ad una coagulazione intravascolare disseminata (CID), una trombosi che coinvolge, cioe', i vasi sanguigni di piu' organi che, non ricevendo piu' sangue ed ossigeno, possono subire danni permanenti ed irreversibili tali da portare anche alla morte.


Possibile la comparsa di sintomi cardiologici per miocarditi (fino al 25% di casi critici) e, cioe', infiammazioni e lesioni del muscolo cardiaco ma anche per infarti del miocardio (da trombosi e, cioe', grossi coaguli che ostruiscono le coronarie, i vasi sanguigni che irrorano il cuore).


Durante la fase della pandemia, come riportato da ricercatori della Cleveland Clinic in un articolo statunitense pubblicato su "Jama Network Open", si e' assistito anche ad una impennata di casi della sindrome di Takotsubo altrimenti detta "sindrome del cuore spezzato (o infranto)", descritta per la prima volta in Giappone nel 1991.


Si tratta di una sindrome legata ad una cardiomiopatia "da stress" che colpisce, in genere, soprattutto donne di mezza eta' in seguito ad improvvise emozioni psico-fisiche talmente intense da diventare insopportabili e simulare i sintomi di un infarto (dolori al torace, affanno improvviso, tachicardia, ipotensione, alterazioni ECG ed enzimi cardiaci): le coronarie risultano, pero', integre mentre si assiste ad una improvvisa dilatazione e deformazione del ventricolo sinistro (per effetto degli ormoni dello stress) che ricorda la forma di un cestello usato dai pescatori giapponesi (tsubo) per la pesca dei polpi (tako): in genere il  recupero e' graduale e la sopravvivenza alta. In tempo di Covid si e' assistito ad una impennata di questa sindrome per il forte impatto emotivo che la pandemia ha generato per molti aspetti in soggetti predisposti: si e' passato da una incidenza del 1,7% in epoca pre-CoVid al 7,8%. Tutti i pazienti arruolati nello studio sono risultati negativi al test per coronavirus.

Abbastanza comuni i disturbi cerebrali presenti, secondo un recente studio italiano, in 3 pazienti su 4 visitati al PS o ricoverati: dalle gia' menzionate alterazioni dell'olfatto e del gusto alla cefalea, fino a sintomi piu' importanti inquadrati nell'ambito di una "encefalomielite acuta disseminata" (ADEM) e, cioe', una infiammazione acuta a carico del cervello e del midollo spinale: si va da sintomi psichiatrici come disorientamento, stato confusionale e vere e proprie forme di delirio a sintomi neurologici come tremori, crisi epilettiche, ictus cerebrali. Queste gravi manifestazioni cerebrali, secondo uno studio inglese pubblicato sulla rivista "Brain" ed uno svedese pubblicato sulla rivista "Neurology", possono costituire, a volte, il primo e principale sintomo della CoVid, spesso in presenza di un interessamento respiratorio solo lieve o moderato.


Possibili danni a carico dei reni fino alla insufficienza renale acuta; 
Possibili danni a carico del fegato e del pancreas (anche insule pancreatiche).

Possibili lesioni a carico della pelle con la comparsa fugace di eruzioni cutanee simili a quelle riscontrate nel morbillo, varicella o orticaria, anche di pochi elementi,  forse imputabili direttamente al virus o alla reazione infiammatoria che si scatena o ad effetti secondari del trattamento farmacologico. Queste manifestazioni della pelle scompaiono in genere in pochi giorni (in media una decina) senza lasciare reliquati (la sindrome "geloni-like" e' piu' ampiamente trattata nel paragrafo dedicato, piu' avanti, ai bambini).
Le lesioni della pelle possono comparire anche come unica espressione di malattia o comparire al suo esordio; pertanto vanno correttamente inquadrate potendo da sole essere indicative di infezione da coronavirus.


Endocrinologi dell'Universita' di Pisa hanno pubblicato sulla rivista "Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism" il caso di una giovane paziente italiana che, dopo essere risultata positiva al tampone per coronavirus ed essere guarita da una forma lieve di malattia, ha sviluppato 15 giorni dopo una tiroidite subacuta (SAT), infiammazione della tiroide caratterizzata da dolore al collo, palpitazioni, febbre ed incremento degli ormoni tiroidei.


La disfunzione e' stata trattata con successo con cortisonici. La SAT e' stata spesso messa in relazione con forme virali o post- virali che potrebbero scatenarla ma e' la prima volta che viene relazionata ad una infezione da coronavirus. A riprova di questo il fatto che la ragazza un mese prima di ammalarsi aveva svolto esami clinico strumentali alla tiroide che era risultata perfettamente funzionante.

A volte, e soprattutto nei giovani, puo' verificarsi il fenomeno dell' "ipossiemia silenziosa". In soggetti malati di CoVid, inspiegabilmente, rispetto a sintomi veramente scarsi (in genere febbricola e qualche sintomo intestinale) sono presenti, invece, alterazioni anatomo-funzionali importanti a livello respiratorio con polmoniti bilaterali ed ipossiemia (scarsa ossigenazione del sangue) marcata, spesso gia' con interessamento multiorgano. Ma queste lesioni vengono riscontrate troppo tardi nel momento in cui questi ragazzi, senza sintomi respiratori evidenti, come l'affanno, arrivano in ospedale al primo manifestarsi degli stessi, quando, pero', la situazione e' oramai molto compromessa ed i valori di ossigenazione del sangue sono bassissimi! Sorprendentemente, tuttavia, riescono ancora a sostenere conversazioni o ad usare smartphone..(!). Questo temibilissimo fenomeno, in genere, non si riscontra per l'influenza e altre forme di polmoniti.


Assume, quindi, particolare rilevanza nel periodo di isolamento domiciliare l'uso del pulsossimetro per monitorare costantemente la saturazione di ossigeno.
                

LA SINDROME POST-COVID 
( I "LONG HAULERS")



Nei guariti da CoVid, negativizzatisi al tampone, anche in giovani senza malattie preesistenti e che hanno superato la fase acuta di  malattia con pochissimi sintomi, si riscontra, spesso, la sindrome post-virale, gia' osservata per la SARS, caratterizzata da ridotta forza dei muscoli respiratori e della capacita' respiratoria, affanno, profonda debolezza e spossatezza, scarsa resistenza ai comuni sforzi fisici della attivita' quotidiana (sindrome da fatica cronica), dolori articolari e muscolari diffusi, dolori toracici intercostali, mente annebbiata, deficit di concentrazione e perdita della memoria, ma anche lesioni cutanee, caduta di capelli, disturbi cronici gastro-intestinali (vomito e/o dissenteria), disturbi cronici del ritmo del respiro e del battito cardiaco, disturbi del sonno. Questi soggetti che a volte, nei casi piu' gravi, necessitano perfino di ossigenoterapia a domicilio, vengono definiti "long haulers" o "long Covid" e, probabilmente, sono centinaia di migliaia. Naturalmente possono presentare uno o piu' dei sintomi descritti. Per loro questa fase di convalescenza della malattia si puo' protrarre fino a 6-12 mesi(!) ed e' ampiamente sottostimata soprattutto perche' i pazienti con pochi sintomi spesso sfuggono a qualsiasi tipo di diagnosi e di monitoraggio ed il loro stato di affaticamento viene considerato, molte volte anche dagli stessi sanitari, come un disturbo ipocondriaco o una semplice "fissazione". La sindrome (le cui cause sono ancora in fase di studio: persistenza del virus negli organi? iperergia del sistema immunitario?) se correttamente inquadrata, richiede spesso un trattamento di rieducazione funzionale della muscolatura generale e specifica respiratoria unitamente ad un regime alimentare adeguato.Quasi sempre, pero', un soggetto considerato clinicamente guarito non viene piu' considerato per mille aspetti, sia fisici che psicologici.


LA FIBROSI POLMONARE POST-CoViD


CoVid-19 comporta, talora, esiti fibrotici (cicatrici), irreversibili, a carico dei polmoni come conseguenza di polmoniti interstiziali, specie le piu' gravi, che potranno condurre, nel tempo, a forme di insufficienza respiratoria cronica di tipo restrittivo: i polmoni, cioe', non riescono a svolgere bene la loro funzione di ventilazione perche' sono ristretti dalle cicatrici, sono piu' duri, meno distensibili e meno diffusibili dai gas respiratori (ossigeno ed anidride carbonica).

La fibrosi polmonare post-CoVid causa, come detto, danni irreversibili ed interessa circa un 30% dei guariti, anche soggetti giovani, che hanno presentato episodi gravi di polmonite, spesso bilaterale. 

Clinicamente si puo' avere affanno progressivo prima sotto sforzo fisico, poi, nelle forme piu' gravi anche a riposo. La valutazione potra' essere condotta con esami spirometrici ed altri esami di funzionalita' respiratoria, radiologici (radiografia del torace, TAC) e con la valutazione della saturazione di ossigeno sotto sforzo (vedi piu' avanti il capitolo sulla pulsossimetria), come durante il test del cammino (walking test) anche nell'ambito di un programma di riabilitazione respiratoria.

(per approfondimenti vedi il capitolo sulle "fibrosi polmonari" in "Il respiro per tuttiopuscolo da me scritto per le persone affette da patologie respiratorie e scaricabile al link:
https://respirazione.altervista.org/ )

Il problema della fibrosi polmonare come reliquato anatomico di polmonite da CoVid riguarderebbe, pero', anche pazienti infetti ma risultati asintomatici o paucisintomatici. La rivista "Radiology" ha pubblicato, recentemente, i risultati di uno studio condotto su un gruppo di soggetti CoVid positivi ma asintomatici (o con sintomi sfumati come lieve febbricola e scarsissimi sintomi similinfluenzali) a Codogno, cittadina in provincia di Lodi sede del primo focolaio epidemico in Italia. 


Questi soggetti si erano sottoposti spontaneamente a radiografia del torace perche' preoccupati dal contagio e si e' inaspettatamente rilevato che quasi nel 60%(!) di soggetti CoVid positivi, nonostante la scarsezza dei sintomi, erano visibili alterazioni radiografiche riconducibili a polmonite interstiziale bilaterale, anche se meno rappresentate rispetto a pazienti con sintomi importanti. Questa evidenza che e' stata segnalata anche in altri Paesi e su pazienti, asintomatici in quarantena, della nave da crociera Diamond Princess, lascia aperti scenari futuri circa la necessita' di un attento monitoraggio della funzionalita' respiratoria, in ambulatori dedicati, su tutti i pazienti, sintomatici e non, risultati guariti da CoVid-19. 

Al Policlinico di Milano il 18 maggio e' stato eseguito un eccezionale doppio trapianto polmonare su un diciottenne ricoverato per 2 mesi in terapia intensiva per una grave forma di polmonite interstiziale da CoVid che aveva completamente sovvertito la struttura del parenchima dei suoi polmoni. Il giovane paziente, che non aveva patologie pregresse prima di ammalarsi di CoVid, una volta negativizzatosi per coronavirus ha subito un intervento (comunque gestito in totale sicurezza per CoVid) durato circa 10 ore e gestito da 2 equipe operatorie.
L' intervento e' tecnicamente riuscito ed il paziente e' stato avviato ad un lungo percorso riabilitativo che si spera possa contribuire al recupero della sua funzionalita' respiratoria.

ALLERGIE ED ASMA BRONCHIALE
RAFFREDDORE COMUNE


Nel periodo di pollinosi ed allergie primaverili alcuni sintomi come arrossamento della congiuntiva, raffreddore e naso che cola, tosse secca, possono, specie all'inizio, essere confusi con sintomi da CoVid.
Alcune differenze, tuttavia, ci possono aiutare a distinguerli anche se non possono essere dirimenti di ogni dubbio. Intanto e' molto improbabile che le allergie diano febbre, presente invece quasi sempre nella CoVid, anche sotto forma di leggera febbricola accompagnata a spossatezza, dolenzia muscolare diffusa e malessere generale. Starnuti in successione, a raffica, raffreddore "acquoso" e prurito del cavo orale e degli occhi, con profusa lacrimazione, sono piu' propri delle allergie. Ci viene incontro anche la storia clinica del paziente per cui se un soggetto sa che in questo periodo sviluppa allergie, in assenza di febbre, deve trattarle come tali per qualche giorno utilizzando antistaminici e cortisonici inalatori. I sintomi allergici in pochi giorni regrediscono, la forma infettiva non scompare.

Inoltre tenendo sotto controllo i sintomi si starnutisce e si tossisce di meno riducendo il rischio di contagiarsi perche' ci si tocca di meno il viso (naso e bocca) con le mani e ci si stropiccia di meno gli occhi. L' uso di una mascherina chirurgica, oltre ad evitare di contagiare in caso di infezione da CoVid (vedi il capitolo sulle mascherine) contribuisce anche a ridurre l'esposizione agli allergeni perche' intrappola i pollini (che sono piu' grandi dei virus). 

Non vi sono evidenze allo stato attuale che I'asma bronchiale possa rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo per contrarre l'infezione. Ne' tantomeno si hanno evidenze che il coronavirus possa scatenare crisi d'asma sia nei bambini che negli adulti (dati riportati su "International Archives of Allergy and Immunology" a giugno 2020). 


Anzi, un recente studio statunitense evidenzia che c'e' una correlazione inversa tra asma allergico ed espressione cellulare di recettori ACE2 e, cioe', di quelle "serrature" che il coronavirus utilizza per aprire la porta e penetrare nella cellula: piu' l'asma e' moderata e grave minore e' la quantita' geneticamente prodotta di recettori che sono espressi sulle cellule, a partire da quelle dell'epitelio nasale dove normalmente si ha la maggiore concentrazione di recettori. Gli autori concludono, pertanto, che adulti e bambini con sensibilizzazione allergica ed affetti da asma bronchiale potrebbero paradossalmente essere maggiormente protetti nei confronti del contagio da CoVid-19. Uno studio retrospettivo pubblicato su "Allergy" ed eseguito su piu' di 500 pazienti ospedalizzati nel Nord Italia tra marzo ed aprile 2020 dimostrerebbe che questi pazienti sarebbero stati piu' protetti da forme gravi di polmonite. Un recente studio condotto dalla "Rush University" di Chicago su 935 pazienti asmatici, dimostrerebbe, tuttavia, che se questi dovessero ammalarsi di forme gravi di CoVid avrebbero un decorso piu' difficile con intubazione piu' prolungata e maggior tempo trascorso in terapia intensiva. Questo, sempre secondo lo studio, riguarderebbe soprattutto la fascia d'eta' compresa tra i 18 ed i 64 anni. Ulteriori studi dovranno essere eseguiti soprattutto per valutare l'impatto su CoVid dell'immunita' "di tipo Th2" che regola infiammazioni come quelle dell'asma bronchiale allergica.

I pazienti affetti da asma bronchiale, adulti e bambini, non devono interrompere la terapia in atto condivisa con il medico (broncodilatatori, cortisonici e quant'altro) salvo diversa prescrizione da parte del curante o dello specialista che, comunque, va informato e consultato
Se si sospetta, o si e' certi, di aver contratto CoVid-19 e' preferibile, per quanto possibile, l'uso di farmaci tramite dispositivi spray con distanziatore piuttosto che con nebulizzatori che potrebbero favorire la dispersione aerosolica di particelle virali, aumentando il rischio di contagio per i presenti nella stanza.

Alcuni ricercatori californiani del Centro per le malattie infettive del "Jolla Institute for Immunology" hanno di recente pubblicato sulla rivista "Science" un piccolo studio che dimostrerebbe come soggetti che soffrono spesso di raffreddore sarebbero parzialmente immunizzati contro Sars-CoV2. Ricordo che il raffreddore comune e' provocato da coronavirus piu' blandi che provocano solo sintomi rinitici ma che appartengono comunque alla famiglia di cui fa parte il piu' temuto virus responsabile di CoVid-19.


E' stato dimostrato che alcuni soggetti che si ammalano spesso di raffreddore possono sviluppare una immunita' "crociata" con il nuovo coronavirus. Le cellule difensive (cellule T) e gli anticorpi prodotti contro il virus del raffreddore reagiscono, cioe', in parte anche contro alcuni bersagli del nuovo coronavirus che appartenendo alla stessa famiglia del virus del raffreddore ne condivide con questo alcune "somiglianze" in alcune parti della proteina "spike". Nello specifico questo studio ha dimostrato che campioni di sangue di alcuni individui con una storia clinica di frequenti episodi rinitici, raccolti prima del 2019 e, percio', mai venuti a contatto con il nuovo coronavirus, presentavano cellule difensive (di tipo T) in grado di cross reagire anche contro Sars CoV-2. Questo consente a questi soggetti di essere "parzialmente" immunizzati contro CoVid-19: non vuol dire, cioe', che non possano ammalarsi ma, riconoscendo in parte il nuovo coronavirus pur non essendone mai venuti a contatto prima, sviluppare, per questo, forme piu' lievi di malattia: cio' potrebbe anche spiegare i casi prevalenti di asintomaticita' o paucisintomaticita' tra i bambini che nella loro prima fase di vita si ammalano frequentemente di raffreddori per venire facilmente a contatto con i virus che lo provocano. Anche altri studi tra cui uno tedesco pubblicato sulla rivista "Nature" da ricercatori della Universita' di Medicina di Berlino hanno ipotizzato questo stesso meccanismo di protezione da parte di cellule T dotate di memoria immunitaria a lungo termine. 


CoVid E BAMBINI


L' infezione in eta' pediatrica si presenta in genere con sintomi respiratori piu' lievi e prevalentemente a carico delle vie aeree superiori (naso, gola), piuttosto che di quelle inferiori (bronchi, polmoni).

La febbre compare in genere nel 16% dei bambini, il naso chiuso in un 14% dei casi.

Comunque febbre e sintomi respiratori (tra cui l'affanno) non sono un elemento distintivo della malattia dei bambini ed a volte possono addirittura mancare.

Possibili anche sintomi gastrointestinali (nausea, vomito ma soprattutto diarrea) che possono costituire anche gli unici sintomi di esordio della malattia e che, secondo un recente studio pubblicato sulla rivista "Frontiers in Pediatrics", dovrebbero sempre far sospettare un'infezione da coronavirus se associati a febbre oppure in caso in cui il bambino abbia avuto un contatto con una persona CoVid+. I sintomi del tratto digerente come prima manifestazione della malattia fanno sospettare una seconda porta di ingresso del coronavirus che si e' dimostrato in grado di infettare le cellule intestinali (ricche di ACE2) e di essere trasmesso attraverso le feci (per cui accortezze anche nel cambio dei pannolini dei lattanti e quando si tira lo sciaquone del bagno per le particelle che si possono liberare nell'aria). Uno studio recente riporta che in 8 bambini su 10 risultati virologicamente guariti per 2 tamponi negativi consecutivi, in realta' il virus continuava a permanere nelle feci anche se non si conosce quanto ancora possa essere infettante.

E' stata recentemente posta all'attenzione dell'ISS la segnalazione della comparsa di  dermatologiche alle estremita' degli arti, specialmente inferiori, in bambini e ragazzi per il resto asintomatici, che potrebbero essere relazionate al nuovo coronavirus.


Si tratta, per ora, solo di un sospetto clinico da parte di medici di molti Paesi, che hanno notato la comparsa di lesioni simili a geloni ed orticaria, a carico soprattutto delle dita dei piedi, in bambini asintomatici ma, spesso, con positivita' familiare a CoVid 19. Si tratta di lesioni a chiazze rosso violacee, espressione di infiammazione dei capillari, caratterizzate da gonfiore, dolore e prurito, come per i geloni, e che regrediscono spontaneamente in 2 o 3 settimane.


Spessissimo, pero', nei bambini l'infezione da coronavirus si presenta in modo del tutto asintomatico (dal 42% al 47% dei bambini contagiati!) o con sintomi estremamente sfumati, il che rende, tuttavia, i bambini una frequente ed inconsapevole fonte di contagio (vedi piu' avanti il capitolo dedicato agli asintomatici). Il perche' la malattia si manifesti nei bambini in modo cosi' sfumato e' ancora oggetto di studio:
una prima teoria ipotizza che i bambini abbiano meno "serrature" di accesso al virus. Il virus penetra nelle cellule umane con una chiave che si trova ad una estremita' di una delle punte della sua coroncina. Questa chiave, pero', per poter aprire la porta della cellula umana ha bisogno di scardinare una serratura che si trova sulla superficie cellulare. Questo recettore si chiama ACE2 e se la punta del virus si ancora dentro di esso la cellula apre la porta al virus. E' probabile che i bambini abbiano meno recettori ACE2 rispetto ad un adulto e che questi siano distribuiti soprattutto sulle cellule intestinali piuttosto che su quelle di naso e gola ed ancor meno su quelle di bronchi e polmoni. Una seconda ipotesi e' che i polmoni dei bambini siano piu' sani perche' sono stati esposti meno agli inquinanti ambientali nel corso della vita. Una terza ipotesi e' che il sistema immunitario dei bambini sia piu' plastico rispetto a quello degli adulti ed in grado di reagire maggiormente in maniera crociata per essere stato esposto a coronavirus di diverso tipo (come quelli del raffreddore) nella prima fase della vita. Inoltre e' plausibile che il sistema immunitario dei bambini, proprio perche' non ancora del tutto strutturato, non sia in grado di scatenare quella infiammazione cosi' violenta (tempesta di citochine) che tanta importanza pare avere nelle forme piu' gravi di malattia degli adulti.

Naturalmente questo non esclude che in una minoranza di casi anche nei bambini la malattia possa evolvere in modo piu' grave.....

Raramente, per esempio, i bambini possono presentare una malattia infiammatoria multisistemica definita Mis-C (Multisystem Inflammatory Syndrome in Children)
e, cioe', una forma di vasculite 
(infiammazione dei vasi sanguigni) con aumento dello stato infiammatorio a carico di tutti gli organi ma sintomi prevalenti a livello cardiaco (miocarditi) ed intestinale (vomito, diarrea). Inizialmente, per molti sintomi in comune, questa forma era stata confusa con la malattia di Kawasaki, rara forma di vasculite che colpisce prevalentemente lattanti e bambini fino ad 8 anni di eta'. Tuttavia, come pubblicato nel mese di settembre 2020 sulla rivista "Cell" da ricercatori dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' e dal Karolinska Institutet di Stoccolma, tra le due sindromi vi sono differenze nel tipo di citochine infiammatorie e nel tipo di reazione immunologica, con presenza nella Mis-C di autoanticorpi (e cioe' anticorpi diretti verso organi del proprio corpo, specie vasi sanguigni e cuore) assenti invece nella Kawasaki.



MODALITA' DI CONTAGIO


"DROPLETS"


Il virus non puo' circolare da solo liberamente nell'aria (non ha le ali!!) ma puo' essere espulso nell'ambiente esterno respirando, conversando (specie ad alta voce), cantando, ansimando ma soprattutto tossendo o starnutendo, trasportato "a cavallo" di minuscole goccioline di saliva o di secrezioni respiratorie (droplets).


Un semplice respiro e' in grado di liberare tra 50 e 5000 goccioline che viaggiano lente nell'aria e cadono quasi subito al suolo. La quantita' di virus che una persona infetta puo' emettere respirando e' tuttavia veramente bassa. Varia, ovviamente, da individuo ad individuo ma, in base ad un recente studio sperimentale, si stima essere di circa 20 virus al minuto. Maggiore e' invece la carica virale emessa con le goccioline se si parla, soprattutto ad alta voce (si stima fino a 200 virus al minuto) ed ancora maggiore se si canta.


Si e' calcolato, invece, che un solo colpo di tosse riesca a liberare fino a 3000 droplets, uno starnuto fino a 40000, di dimensioni anche piccole, che possono trasportare anche milioni di virus (ricordo che si stima occorrano almeno un migliaio di particelle virali perche' la carica virale sia tale da poter infettare).

Queste goccioline viaggiando in sospensione nell'aria, possono, poi, progressivamente cadere per gravita' e depositarsi sulle superfici degli oggetti, nell'ambiente circostante, in base alle dimensioni: dalle particelle piu' grandi (che si depositano piu' velocemente di quanto evaporino) alle piu' piccole che possono, invece, avere il tempo di evaporare perdendo parzialmente la parte acquosa e cosi' aerosolizzarsi; in tal modo possono raggiungere distanze piu' lunghe e permanere nell'aria qualche minuto (si stima, in base allo stesso studio sperimentale, fino alla distanza di 8 metri e per un periodo di tempo fino anche a 8-14 minuti) prima di depositarsi.

L' inalazione di droplet infetto rappresenta la principale modalita' di contagio


Se si e' vicini ad un soggetto potenzialmente infettante e soprattutto che tossisce o peggio ancora starnutisce si suggerisce di rispettare la distanza di almeno 2 metri (DISTANZIAMENTO di sicurezza DROPLET) per evitare il contagio inalando goccioline infette. 



All'aria aperta la rarefazione delle particelle e l'esposizione ai raggi UV della luce solare, in condizioni di vento inapprezzabile, rendono il contagio meno probabile rispetto a luoghi chiusi. 

Soprattutto in luoghi chiusi c'e, invece, anche il rischio di rimanere contagiati da particelle piccole specialmente se (come come nel caso dello starnuto) queste sono proiettate piu' lontano ed hanno tempo di aerosolizzarsi permanendo piu' a lungo nell'aria.

Queste condizioni si realizzano maggiormente se, in assenza di dispositivi di protezione che coprano bocca e naso (mascherina), ci si trovi esposti al contagio (non solo da un infetto che starnutisce ma anche che respira, ansima, parla, specie ad alta voce, o canta) per un tempo sufficientemente lungo (si stima circa 50 minuti accanto ad un infetto che respira, circa 10-15 se parla, specie ad alta voce), in ambienti piccoli e chiusi (come possono essere, a volte, stanze di abitazioni, aule scolastiche, uffici, ristoranti, negozi...) e dove non c'e' adeguato ricambio d'aria che ristagna per scarsa ventilazione. Ovviamente piu' la distanza con un infetto e' ravvicinata e diretta maggiore e' il rischio di contagio. In queste condizioni e' sempre, quindi, quanto mai opportuno utilizzare altri mezzi di protezione individuale (come le mascherine) per difendersi dal contagio.


In conclusione le rigide regole di distanziamento sicuro (1 metro o 2 metri) sono, spesso, forse una semplificazione eccessiva essendo molte le variabili che possono condizionare la modalita' di diffusione delle particelle nell'aria: modalita' di emissione delle secrezioni respiratorie, carica virale, suscettibilita' individuale, caratteristiche degli ambienti (contesti aperti o chiusi, piccoli o grandi), occupazione degli spazi,  direzione, entita' e modalita' dei flussi d'aria, grado di temperatura ed umidita' dell'aria, grado di ventilazione, modalita' di ricambio dell'aria, distanza dalla fonte di contagio in presenza o meno di dispositivi di protezione, tempo di esposizione al contagio...ricordando che anche una persona asintomatica in tutti i contesti puo' sempre infettare al pari di un paziente che presenta sintomi di malattia.



LE MASCHERINE



Varia e' la tipologia di mascherine commercializzate per proteggersi dalla trasmissione delle particelle virali per via aerea. 

Le mascherine FFP (Filtranti Facciali per Protezione individuale) sono quelle confezionate nel rispetto della normativa EN 149-2001 che ne stabilisce gli standard di efficienza, traspirabilita' e stabilita'. Hanno una numerazione progressiva (FFP1 FFP2 FFP3) che indica la progressiva capacita' di filtraggio.

Le mascherine più protettive in assoluto per preservare se stessi, sono le FFP3 o le FFP2, che proteggono quasi completamente dall'entrata del virus attraverso naso e bocca (le FFP3 filtrano quasi il 99% delle particelle ambientali, le FFP2 il 95%). 

Quelle con valvola favoriscono il comfort dell'operatore facendo fuoriuscire l'aria calda impedendo, cosi', l'accumulo di umidita' e di condensa all'interno della mascherina, ma fanno fuoriuscire anche le particelle virali emesse con il respiro (!) e possono, quindi, potenzialmente diffondere il contagio da parte di un soggetto che sta incubando la malattia (nei due, tre giorni di incubazione precedenti la comparsa dei sintomi) o e' infetto ma asintomatico; sono raccomandate, pertanto (unitamente all'utilizzo di guanti e occhiali o visiere di protezione) soltanto per gli operatori sanitari dei reparti e degli ambulatori di terapia intensiva ed infettivologia che sono a contatto per molte ore al giorno con numerosi pazienti sicuramente gia' infettati e, a domicilio, per gli operatori che assistono persone positive a CoVid-19 (quindi, anche se le particelle dovessero fuoriuscire non causano, comunque, ulteriore contagio!....). Il personale sanitario ha necessita' assoluta di proteggere se stesso con queste mascherine anche perche' medici ed infermieri eseguono spessissimo sui malati manovre (intubazioni, broncoscopie, broncoaspirazioni) che li sovraespongono ad una elevata quantita' di goccioline di saliva che possono aerosolizzarsi (e, cioe', divenire di dimensioni ancora piu' piccole rispetto alle goccioline emesse con tosse e starnuti) e, diffondendosi nell'aria, permanere piu' a lungo in ambienti confinati come le stanze degli ospedali. 


Le mascherine di classe FFP3 e FFP2 senza valvola sono protettive in entrata (come quelle con valvola) ed anche in uscita (come quelle chirurgiche) e quindi sarebbero quelle da preferire in assoluto ma non sono indicate per la maggior parte della popolazione proprio perche' la respirazione, in mancanza di valvola, puo' risultare difficoltosa, si adattano male al volto soprattutto per chi ha la barba, il costo e' elevato e non sono facilmente reperibili. Hanno una efficacia di circa 6 ore, dopo devono essere sostituite.

Le mascherine di classe FFP1 non sono indicate per la protezione da agenti patogeni che si trasmettono per via aerea.

Le mascherine N95 e KN95 sono quelle prodotte rispettivamente in America e Cina secondo standard qualitativi simili, ma non identici, a quelli che certificano le FFP2, in Europa, a cui sono assimilabili per caratteristiche.
Occorre quindi che queste mascherine riportino il marchio CE che certifica siano state testate e valutate conformi agli standard adottati in Unione Europea. 


Le mascherine chirurgiche, invece , sono in grado di assorbire le particelle del respiro (almeno il 95% di quelle in uscita) e l'umidita' trattenendole nella parte interna e non rilasciandole, per cui non diffondono il contagio, ma sono meno protettive per chi le indossa (forniscono solo una minima protezione in entrata per i droplets piu' grandi e particolarmente potenti, ma non per le particelle piu' piccole e gli aerosol!). Hanno una efficacia di circa 4 ore, dopo (o comunque non appena bagnate perche' troppo intrise di umidita') devono essere sostituite.



Sono quelle, pero', piu' indicate per la popolazione perche' leggere, particolarmente facili da indossare e di basso costo: in fase 2, se non si riesce a rispettare il distanziamento di almeno 2 metri, "tutti" dovrebbero indossarla per non contagiare, come detto, ma anche per avere la sicurezza di non essere contagiati, considerando che una larga parte di noi potrebbe essere infetto e contagiante, senza saperlo, perche' si trova nella fase di incubazione della malattia oppure e' asintomatico! Sicuramente deve indossarla chi pensa o e' certo di essersi ammalato ed ha sintomi respiratori (e quindi necessariamente non deve contagiare gli altri!). 


In alternativa esistono anche le cosiddette mascherine di "comunita'" che, tuttavia, non costituiscono presidi medici validati. In questo video ne sono riassunte le caratteristiche, le indicazioni su come sceglierle e le modalita' di utilizzo: 


Queste mascherine costituiscono, quindi, un minimo di barriera meccanica in uscita che puo', comunque, contribuire a ridurre la circolazione del virus; inoltre possono costituire anche un buon deterrente per non toccarsi bocca, naso ed occhi prevenendo cosi' la contaminazione da contatto. 

Stesso significato hanno le mascherine fatte in casa: nel video successivo come realizzarle, utilizzarle e lavarle:



La migliore mascherina rimane comunque il distanziamento!! Per cui non sprechiamo le mascherine! Se camminiamo da soli all'aria aperta e ad una distanza di almeno 2 metri dalle altre persone non e' necessario indossarla! Se siamo in automobile da soli non e' necessario indossarla!  Invece, in luoghi confinati accessibili al pubblico o sui mezzi di trasporto, dove il distanziamento potrebbe non essere rispettato, al contrario la mascherina e' necessaria. Non vi e' obbligo di indossarla per i soggetti con forme di disabilita' non compatibili con l'uso continuativo della stessa e per i soggetti che interagiscono con loro per accudirli.


E' sempre opportuno ricordare che l'uso della mascherina da sola non basta e potrebbe paradossalmente creare un falso senso di sicurezza che porta a trascurare norme di prevenzione altrettanto importanti come l'igiene delle mani, l'evitare di toccarsi naso ed occhi con mani o guanti sporchi, il rispetto del distanziamento sociale.


L' uso della mascherina e' sconsigliato soltanto per coloro che praticano attivita' sportiva perche' in questo caso potrebbe creare problemi nello scambio ossigeno/anidride carbonica a livello respiratorio: reinspirare affannosamente l'anidride carbonica espirata che si va ad accumulare nell'intercapedine della mascherina puo' condurre, negli atleti, a disturbi quali capogiri, mal di testa, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, vista annebbiata, spossatezza, fino allo svenimento. 


Inoltre il sudore e il respiro esalato con l'affanno possono inumidire precocemente la mascherina facendole perdere il ruolo protettivo e favorendo l'insorgenza di infezioni. 



MASCHERINE ED ESTATE 🏖️


Ricercatori dell'Universita' di Chieti-Pescara e dell'Universita' di Bari hanno pubblicato sulla rivista "International Journal of Environmental Research and Public Health" un articolo in base al quale la mascherina chirurgica durante il periodo estivo, ad alte temperature, e' da preferire alla FFP2 o N95. Nonostante, infatti, queste ultime offrano protezione maggiore dal virus aumentano troppo la temperatura del viso nella zona coperta dalla mascherina. Lo studio e' stato condotto su 20 volontari che hanno indossato una mascherina chirurgica per un'ora e, quindi, una N95 per un analogo tempo. La rilevazione della temperatura con un termoscanner ha permesso di stabilire che il calore prodotto dalle N95 nella zona che circonda la bocca e' significativamente piu' elevato, anche per una sudorazione maggiore, rispetto ad una mascherina chirurgica. Questo maggior flusso di calore si associa anche ad una maggiore sensazione di umidita' e di disagio percepito nel respiro. Durante il periodo estivo nelle giornate caldo umide la mascherina chirurgica e' senz'altro da preferire alle N95 o FFP2 tranne, ovviamente, se si entri a contatto con ambienti considerati ad alto rischio. Inoltre l'uso di una mascherina che provoca maggiore disagio respiratorio porta, spesso, ad un uso improprio della stessa perche' la tendenza e' quella di abbassarla continuamente solo per respirare un po' piu' di aria fresca!
Alcune aziende giapponesi stanno mettendo a punto mascherine costituite da materiali "freddi" ad alta tecnologia o con soluzioni refrigeranti al loro interno.


CORRETTO UTILIZZO DELLE MASCHERINE

La mascherina, per un uso efficace e sicuro, deve essere indossata, utilizzata, sganciata e smaltita in modo corretto secondo le indicazioni date dall'OMS e dal Ministero della Salute; in caso contrario potrebbe divenire, paradossalmente, essa stessa veicolo di infezione.

Prima di indossare una mascherina lava bene le mani con acqua e sapone o con una soluzione idroalcolica. Individua la parte superiore della mascherina dove e' presente la striscia metallica e pizzicala adattando la parte rigida alla forma del tuo naso coprendolo. Abbassa il fondo della mascherina cosi' che copra bocca e mento. Assicurati, quindi, che sia integra e che aderisca bene al viso. Adatta gli occhielli elastici o le stringhe alle orecchie. La parte colorata va all'esterno. Evita di toccare la mascherina mentre la utilizzi; se inavvertitamente lo fai, lavati le mani come indicato sopra. Non appena la mascherina è umida (mediamente ogni 4 ore circa) sostituiscila con una nuova e non riutilizzare quelle monouso. Per rimuovere la mascherina prendila da dietro, sganciandola dagli elastici o dalle stringhe ed evita di toccarla. Tienila lontana dal viso e dai vestiti e gettala subito, all'interno di un sacchetto, nei rifiuti indifferenziati; 


immediatamente dopo lava bene le mani seguendo le indicazioni sopra riportate. 



Alcuni ricercatori dell'Universita' di Chapel Hill, nel North Carolina, hanno pubblicato sulla rivista "Cell" uno studio in base al quale le cellule dell'epitelio del naso sono quelle a piu' alto rischio di infettivita' e vi sarebbe un gradiente che decresce man mano che ci si sposta verso i polmoni le cui cellule di rivestimento hanno, al contrario, la sensibilita' piu' bassa. Questo sarebbe in rapporto ad una maggiore concentrazione di recettori ACE2 che diminuisce progressivamente nella strada che porta alle vie aeree inferiori. Il coronavirus una volta stabilitosi e replicatosi nel naso si sposta, poi, piu' in profondita' attraverso l'inspirazione delle secrezioni. 


Ne deriva, quindi, che la mascherina debba coprire non solo la bocca (come molto spesso accade!) ma soprattutto il naso che rappresenta la porta di ingresso principale del virus! 


LE MASCHERINE PEDIATRICHE


Esistono anche modelli specifici di mascherine pediatriche che, rispetto a quelle degli adulti, dovrebbero rispettare alcuni requisiti:
- devono essere piu' piccole cosi' da essere sagomate bene sul volto dei bambini per coprire naso e bocca. Le dimensioni delle mascherine per adulti sono in genere di 15x30 cm. Quelle pediatriche dovrebbero essere in media 12x25 cm. 
- devono essere anallergiche
- devono essere antisoffocamento

Le mascherine pediatriche potrebbero essere prodotte con disegni animati per essere piu' gradite ai bambini🤡

Per i bambini piu' grandi si possono adattare anche quelle chirurgiche per adulti. Per i bambini particolarmente fragili, affetti da patologie croniche, potrebbe essere indicato l'utilizzo di mascherine FFP2 in contesti nei quali abbiano necessita' assoluta di proteggere se stessi dal contagio.

Chi non dovrebbe indossarle:
Le mascherine non sono proponibili per bambini di eta' inferiore ai 2 anni, per bambini che soffrono di difficolta' respiratorie o durante crisi di asma bronchiale, per bambini incapaci di rimuoverle da soli, come per i disabili. 



Quando indossarle: in fase 2 le indicazioni sono le stesse che per gli adulti. Al di sotto dei 6 anni di eta' le mascherine sono, tuttavia, raccomandate ma non obbligatorie perche' i bambini difficilmente riuscirebbero a gestirle. Indicazioni piu' particolari dovrebbero arrivare all'atto della riapertura delle scuole. Ovviamente non si potra' pretendere che i bambini (anche al di sopra dei 6 anni) indossino le mascherine per un periodo di tempo molto lungo: e' gia' difficile sensibilizzarli perche' le indossino, difficile che non divengano insofferenti, specie con il caldo. Occorrerebbe quindi che i genitori, per quanto possibile, evitino per i bambini tutte quelle condizioni per le quali e' obbligatorio in fase 2 l'uso della mascherina (accesso a esercizi commerciali, luoghi pubblici confinati, mezzi pubblici). In caso di visite a nonni o parenti mascherine per tutti, bambini ed adulti.



  L' ACNE DA MASCHERINA

L' acne da mascherina, per la quale e' stato coniato il termine di "maskne" e' quell'acne, accompagnata da impurita' della pelle e brufoli, che puo' comparire sotto una mascherina in corrispondenza del contorno di labbra e naso, di guance e mento. 


Questa condizione si realizza per mancata traspirazione cutanea ed ostruzione dei pori determinata dal caldo umido del respiro e dal sudore, cui contribuisce il continuo sfegamento della mascherina sulla pelle, specie se grassa, di zone, come quelle del volto, che gia' di per se' costituiscono punti critici per l'acne. Fattori favorenti sono lo stress, la mancanza di esposizione al sole, una dieta irregolare. In coloro che hanno la pelle secca a volte si possono, invece, osservare, infiammazioni, desquamazioni e fessurazioni della pelle.
Per prevenire e combattere questa forma di acne i dermatologi consigliano di lavare sempre il viso prima e dopo l'uso della mascherina; detergere il viso, anche con prodotti naturali, prima di indossarla, per impedire che batteri possano irritare le zone coperte. Lavare spesso le mani, anche durante il giorno, evitando di toccare frequentemente il viso. 

COME NON APPANNARE GLI OCCHIALI


La condensa che si forma sulle lenti degli occhiali, per chi indossa una mascherina chirurgica, e' dovuta al vapore tiepido del respiro che, venendo a contatto con la superficie piu' fredda delle lenti, crea appannamento come quando si avvicinano gli occhiali ad una bevanda calda. Per impedire che cio' accada occorre, anzitutto, scegliere una mascherina delle giuste proporzioni che ben si adatti al viso. Si puo' anche apporre sul naso, nel punto in cui appoggia la montatura, un pezzettino di nastro adesivo che funge da barriera meccanica tra la parte superiore della mascherina e le lenti, riducendo il passaggio del respiro ed il contatto con gli occhiali.
Un metodo abbastanza efficace consiste nel lavare le lenti con acqua e sapone (meglio se quello liquido per i piatti o la schiuma da barba) prima di indossare la mascherina. Le lenti devono essere lavate su entrambi i lati con un po' di sapone che viene cosparso per qualche minuto con un panno in microfibra; successivamente si sciacquano facendole, poi, asciugare all'aria o tamponandole delicatamente con un panno prima di indossare gli occhiali. Si crea, cosi', un sottile strato di tensioattivo che riduce la tensione superficiale del vapor acqueo impedendo la formazione delle goccioline di condensa. Si potrebbero anche utilizzare direttamente per lo scopo spray o gel anti appannamento. In caso di mascherine che si annodano dietro la testa occorre, invece, incrociare i cordoncini (vedi figura) piuttosto che tenerli paralleli: in tal modo la mascherina aderisce meglio al viso.


In ogni caso le piu' alte temperature estive riducono il contrasto caldo-freddo tra lenti e respiro rendendo di fatto piu' difficoltosa la condensazione del vapore.


 I "NUOVI RIFIUTI"

Assolutamente deprecabile ed incivile il comportamento di quanti sempre piu' spesso abbandonano mascherine e guanti sulle strade, a bordo dei marciapiedi, in prossimita' dei parcheggi e soprattutto in vicinanza dei supermercati: praticamente un po' ovunque, oramai, si vedono mascherine e guanti usati, spesso trasportati dal vento....



Questi "nuovi rifiuti" riguardano materiali come mascherine e guanti, che essendo monouso, sono destinati ad essere smaltiti con grande frequenza e soprattutto in questa fase 2 quando il loro utilizzo e' aumentato in modo esponenziale.
Si stima che a fine 2020 la produzione complessiva di rifiuti di mascherine e guanti legati alla pandemia si assestera' tra le 160.000 e le 440.000 tonnellate con un valore medio di 300.000.
L' abbandono di questi "nuovi rifiuti" costituisce un notevole pericolo ambientale per il materiale plastico (polipropilene) da cui originano molte mascherine e che, se non correttamente smaltito, possono contribuire ad aumentare enormemente l' inquinamento di materiale plastico dei mari. Il polipropilene non si smaltisce, infatti, rapidamente rimanendo cosi' per decenni negli ecosistemi. Inoltre mascherine e guanti, considerato l'alto numero di pazienti asintomatici, possono pur sempre costituire materiale potenzialmente infetto per cittadini ed operatori ecologici (e' stato dimostrato che il virus puo' sopravvivere fino a 4-7 giorni nella parte interna di una mascherina contaminata, fino a 7 giorni nella parte esterna).


Un corretto smaltimento e' quindi auspicabile e necessario per proteggere ambiente e salute: mascherine e guanti, al termine del loro utilizzo, vanno inseriti in un piccolo sacchetto e smaltiti nei rifiuti indifferenziati. Lavarsi, poi, molto bene le mani con acqua e sapone, secondo le indicazioni piu' avanti riportate, o, in alternativa, con gel a base idroalcolica. 





Durante le epidemie di peste del XVII secolo i medici per curare gli appestati indossavano una maschera a forma di becco che era una specie di respiratore:


aveva due aperture per gli occhi, coperte da lenti di vetro, due buchi per il naso ed un grande becco ricurvo all'interno del quale erano contenute essenze aromatiche (fiori secchi, lavanda, timo, mirra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio) e paglia o spugne imbevute di aceto che dovevano fungere da filtro. Lo scopo della maschera era quello di tenere lontano i cattivi odori (che provenivano da escrementi riversati in strada, acque stagnanti, scarti di produzioni) che all'epoca erano ritenuti la causa scatenante delle epidemie preservando, cosi', chi la indossava dal contagio.        


Mascherine di protezione durante la pandemia di "influenza spagnola" (1918-1920)



LE VISIERE


Le visiere in materiale plastico trasparente (plexiglas) possono costituire un utile complemento nell'ambito dei dispositivi di protezione. Per una efficacia ottimale devono estendersi fin sotto al mento e fino alle orecchie in senso laterale. Inoltre tra fronte e visiera non dovrebbe esserci spazio vuoto. 


Vantaggi:
1- Permettono di vedere il volto intero lasciando trasparire la mimica facciale ed il movimento delle labbra favorendo in tal modo la comunicazione, soprattutto per i non udenti.
2- Proteggono totalmente il viso compreso gli occhi (che potrebbero rappresentare una ulteriore porta di ingresso del virus nell'organismo).
3- Impediscono di toccarsi il volto con mani infettate.
4- Consentono una respirazione migliore. 
5- Si lavano e si disinfettano facilmente; non si deteriorano.
6- I costi di produzione non sono alti e possono anche essere realizzate con stampanti 3D.

Non esistono ancora evidenze specifiche che abbiano dimostrato l'efficacia delle visiere nello schermare dal nuovo coronavirus.
Studi eseguiti sul virus influenzale dimostrano, pero', come le visiere costituiscano una barriera efficace in entrata offrendo una protezione del 96% entro 1 minuto contro droplets infetti di grandi dimensioni e ad una distanza di circa 50 cm. Tuttavia le visiere non riescono a bloccare completamente le particelle piu' piccole: in questo caso la protezione scende al 68%. Ma e' soprattutto per lunghi periodi di esposizione e per le piccole particelle aerosolizzate che fluiscono piu' a lungo attorno agli scudi protettivi, specie nei luoghi chiusi, che l'efficacia diminuisce: dopo 30 minuti ne verrebbero bloccate appena il 23%


Inoltre, contrariamente alle mascherine chirurgiche, le visiere proteggono chi le indossa ma potrebbero non proteggere completamente gli altri: non e' nota, infatti, l'efficacia nel bloccare i droplets in uscita, soprattutto nella capacita' di contenere le goccioline emesse attraverso tosse e starnuti.
In conclusione questi presidi di protezione che potrebbero fornire una sensazione illusoria di sicurezza, non possono sostituire le mascherine chirurgiche quando queste sono necessarie ma possono solo costituirne un utile complemento.





Microparticelle e nanoparticelle: la biotecnologia a supporto della scienza medica

Ricercatori brasiliani (dell'Istituto di scienze biomediche dell'Universita' di San Paolo) e spagnoli (dell'Istituto di chimica computazionale e teorica dell'Universita' Jaume I ) hanno prodotto un tessuto in poliestere e cotone (policotone) cui hanno adeso microparticelle di argento in grado di neutralizzare per contatto il 99,9% del coronavirus in 2-5 minuti. Questo tessuto potrebbe essere impiegato per una futura fabbricazione di mascherine ed abbigliamento sanitario.


Ricercatori dell'Universita' della California di San Diego, come riportato dalla rivista "Acs Nano Letter", hanno messo a punto nanoparticelle, mille volte piu' sottili di un capello, in grado di fungere da nanospugne che, come esche biochimiche, attirano il coronavirus neutralizzando. Su queste nanoparticelle sono adesi, come esche, recettori ACE 2 analoghi a quelle delle cellule umane: il coronavirus ne viene attratto e si lega ad essi ma rimane di fatto bloccato non potendo replicarsi. 
L' utilizzo di queste nanospugne, dopo test sull'uomo, potrebbe avere futuri impieghi in campo biomedico (ad esempio microspugne nasali o da installare direttamente nei polmoni). 



L'EFFICACIA DELLE MISURE DI PREVENZIONE

 Report pubblicato su "Lancet" da ricercatori della McMaster University di Hamilton, in Canada, in base alla revisione di 172 studi sulla trasmissione di CoVid 19, Sars e Mers in 16 Paesi e 6 continenti, attraverso strumenti di analisi statistica. Il distanziamento di almeno un metro riduce il rischio di trasmissione del coronavirus facendolo passare da circa il 13% (rischio al di sotto di un metro di distanza) al 2,6%. Il rischio si dimezza o quasi per ogni metro in piu' di distanza fino a 3 metri! L' uso di mascherine di protezione fa passare il rischio dal 17,4% (rischio senza mascherina) al 3,1%. L' utilizzo delle visiere di protezione facciale fa passare il rischio dal 16% (rischio senza visiera) al 5,5%. Alcuni parametri tra i quali la durata di esposizione non sono stati presi in considerazione. Dai dati emersi gli autori deducono che l'uso combinato e corretto di queste misure di prevenzione, assieme al lavaggio accurato delle mani, hanno sicuramente contribuito e di certo contribuiranno a limitare la diffusione del virus, anche se il rischio non si puo' mai azzerare del tutto.

Un ulteriore studio pubblicato da ricercatori della Chinese Universiity di Hong Kong sulla rivista "American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine" evidenzia come in Paesi dove vi e' l'inclinazione della popolazione ad un uso abitudinario e massiccio delle mascherine (Hong Kong come Giappone, Taiwan , Thailandia, Malesia) come "regola" comune di igiene, le epidemie di CoVid si sono manifestate in modo piu' lieve. Secondo gli autori l'onnipresenza delle mascherine puo' aver contribuito a contenere i focolai epidemici in almeno 42 Paesi di 6 continenti.



Il polimetilmetacrilato (PMMA) ribattezzato "plexiglas" dal chimico tedesco Otto Röhm che lo produsse per la prima volta, in Germania, coniandone il termine nel 1933, e' un materiale plastico duro, relativamente infrangibile, resistente agli impatti, piu' trasparente e piu' leggero del vetro, in grado di filtrare la componente UV della radiazione solare, non tossico, molto richiesto in questo periodo di pandemia per la produzione di lastre atte a schermare le goccioline infette di coronavirus. Si tratta di un materiale plastico pregiato che puo' essere riciclato al 100% e che richiede macchine specifiche e procedimenti abbastanza costosi. 


Fu messa a punto per la prima volta nel 1933 da Walter Bauer, all'epoca direttore del laboratorio di Röhm. Oggi tra gli utilizzi piu' comuni vi sono le visiere per caschi dei motorini, i fari delle automobili, le barriere di protezione negli stadi, le finestre degli acquari, la realizzazione di vasche da bagno e piatti doccia.

Ventilazione e climatizzazione degli ambienti

Per quanto espresso finora sulla modalita' di trasmissione aerea del virus attraverso "droplets" la ventilazione e' essenziale per la dispersione aerea delle particelle negli ambienti soprattutto in presenza di una persona infetta e contagiante.


E' opportuno favorire il ricambio d'aria viziata e stagnante aprendo molto frequentemente le finestre (anche piu' volte in un'ora e soprattutto in presenza nella stanza di un CoVid positivo) per consentire un ricircolo d'aria adeguato, privilegiando quelle meno esposte al traffico cittadino.

Molto piu' controversa la questione per chi dispone di impianti di ventilazione o di climatizzazione dell'aria per i quali non vi sono convinzioni univoche. 
Comunque si e' propensi a credere che almeno gli impianti "domestici" che attingono sempre aria pura e filtrata dall'esterno consentono, ad una giusta velocita' di immissione dell'aria, di disperdere e diluire le particelle veicolanti il virus (droplets) impedendo che queste si depositino sulle superfici degli oggetti. Si consiglia sempre di chiudere le vie di ricircolo interno dell'aria e di controllare che quella immessa all'interno dell'ambiente non venga contaminata da quella che viene estratta ed espulsa all'esterno. Occorre, inoltre, evitare che il flusso d'aria degli split sia diretto dall'alto verso il basso o direttamente rivolto verso le persone presenti nell'ambiente. E' preferibile che la direzione delle griglie sia rivolta verso l'alto. Mantenere tassi di umidita' relativa (rilevabili con un semplice igrometro per interni) tra 50-70% in estate, 40-60% in inverno.


Gli impianti di climatizzazione non richiedono una sanificazione particolare se la manutenzione e l'igienizzazione sono state sempre condotte con controlli regolari e da personale qualificato. In particolare le griglie e le prese di ventilazione devono essere pulite con un panno imbevuto di acqua e sapone o alcol etilico almeno al 70% e, poi, asciugate bene. I filtri devono essere puliti periodicamente e deve essere sempre valutato il tipo di filtro installato, eventualmente sostituendolo con uno piu' efficiente. Occorre anche che siano opportunamente sanificati i motori esterni.

E' stata di recente dimostrata la presenza di materiale genetico del virus sul particolato atmosferico (PM) e, cioe', su quelle particelle che si trovano sospese in atmosfera e che costituiscono oggi gli inquinanti piu' frequenti nelle aree urbane (traffico automobilistico, industrie, attivita' agricole e zootecniche, impianti di riscaldamento).


Lo studio e' stato condotto su 34 campioni di PM10 (cioe' materiale particolato con dimensioni uguali o inferiori a 10 micrometri) presenti nell'aria ambiente di zone industriali della provincia di Bergamo in un periodo di 3 settimane, tra febbraio e marzo 2020, dimostrando su molti campioni tracce di materiale genetico del coronavirus che, quindi, verrebbe veicolato dalle particelle sospese in aria in condizioni di stabilita' atmosferica e di alte concentrazioni di particolato. Attualmente, pero', le evidenze scientifiche non propendono per una trasmissione del virus attraverso le particelle dello smog considerata la particolare labilita' della sua struttura in condizioni variabili di temperatura ed umidita'. 


Occorreranno, quindi, ulteriori studi per verificare se il particolato possa veicolare anche particelle virali vitali ed infettanti ma, intanto, la loro rilevazione potrebbe costituire un importante e precoce indicatore per prevenire future recidive di focolai epidemici. Lo smog, invece, ha sicuramente un ruolo patogenetico in molte delle patologie considerate a rischio di maggiore gravita' in caso di CoVid.


LA CONTAMINAZIONE DI OGGETTI, ACQUE, ALIMENTI



Le goccioline infette emesse conversando, cantando, ma soprattutto tossendo e starnutendo (droplets) possono, come detto, progressivamente depositarsi per gravita' nell'ambiente circostante, prima le piu' grandi, poi le piu' piccole, contaminando superfici ed oggetti presenti. All'esterno, a temperatura ambiente, i coronavirus in base a dati sperimentali, sopravvivono e sono potenzialmente infettivi da qualche ora a qualche giorno; nello specifico, secondo quanto riportato recentemente dal Ministero della Salute su:  

carta : 30 min.
cartone: 1 giorno
tessuti: 1 giorno
legno: 1 giorno
vetro: 2 giorni
banconote: 2 giorni
plastica: 4 giorni
acciaio inox: 4 giorni
mascherina chirurgica strato interno: 4 giorni (fino a 7 per ISS, in condizioni di laboratorio)
mascherina chirurgica strato esterno: 7 giorni 

La sopravvivenza ed il potere infettante del virus su superfici ed oggetti sono, come detto, variabili studiate in ambiti sperimentali ma possono essere anche molto diverse nella realta': in particolare la capacita' del virus di infettare dipende sempre dalla "totale" integrita' delle particelle virali, dalla loro carica (cioe' dalla quantita' di particelle presenti su superfici o oggetti) nonche' dalle variabili condizioni ambientali di temperatura, umidita' ed irraggiamento solare alle quali sono esposte: il virus, infatti, sopravvive di piu' a temperature basse ed a piu' alti tassi di umidita'. Alte temperature e bassi livelli di umidita' asciugano, infatti, le goccioline che trasportano il virus ed inattivano il micorganismo; ma recenti studi evidenziano come siano sopattutto i raggi ultravioletti (UVB) del sole ad essiccare le particelle e ad avere un'azione germicida nei confronti del virus. Tutte queste variabili, in rapporto a diverse condizioni ambientali, potrebbero spiegare, almeno in parte, la diversa diffusione e contagiosita' che si registra tra varie latitudini e differenti aree geografiche del mondo.

Se si ritiene che una superficie possa essere stata contaminata basta una semplice disinfezione con candeggina diluita o alcool o acqua ossigenata ad inattivare facilmente il virus in pochissimi minuti. 
(Per le procedure di sanificazione di superfici ed oggetti in ambienti e contesti specifici consulta le procedure di sanificazione indicate sul sito del Ministero della Salute).


L' OMS ha dichiarato che le persone che ricevono pacchi da zone epidemiche non sono a rischio contagio. Infatti la probabilita' che una persona infetta possa contaminare un prodotto commerciale e' bassa, come bassa e' quella di contrarre la malattia da un pacco continuamente spostato durante un viaggio ed esposto a condizioni variabili di temperatura ed umidita' ambientali. 


Comunque e' buona norma non collocare il pacco ricevuto sul letto o in cucina, gettare subito la scatola, usare i guanti, se si vuole, ma non toccarsi mai il viso e soprattutto lavarsi sempre bene le mani al termine di queste operazioni. Queste norme di prevenzione sono ancora piu' importanti considerando che piccoli focolai di infezione si sono verificati, nel mese di luglio, proprio tra gli spedizionieri di alcune agenzie di logistica sul territorio italiano. A volte, infatti, i lavoratori di queste ditte e, quindi, anche del settore trasporti, sono a piu' alto rischio contagio laddove si lavora senza misure adeguate di sicurezza.


Al contrario le banconote potrebbero rappresentare, sempre secondo l'OMS, un veicolo di contagio piu' importante perche', passando di mano in mano, hanno piu' probabilita' di annidare a lungo (si stima, come detto, fino a 2 giorni) il coronavirus al pari di altri agenti infettivi. Inoltre il virus sopravvive piu' a lungo nello sporco.


Il virus potrebbe penetrare nel corpo anche attraverso la congiuntiva ed essere trasportato dalle lacrime, attraverso i canalini lacrimali, nel naso e, poi, in gola. Sarebbe preferibile percio', evitare, in questo periodo, l'utilizzo di lenti a contatto privilegiando eventualmente quelle giornaliere usa e getta: le lenti a contatto sono, infatti, come spugne che possono impregnarsi di batteri e virus e, secondo alcuni studi, il coronavirus potrebbe sopravvivere in media anche 5 giorni sul silicone, materiale sintetico con il quale sono costituite molte lenti a contatto. Ovviamente e' "assolutamente" vietato per le lenti qualsiasi trattamento con disinfettanti a base di alcool e candeggina!! E' opportuno l'uso esclusivo delle soluzioni indicate per lenti a contatto. Sempre preferibile quindi, in questo periodo, l'uso degli occhiali. In ogni caso, prima di applicare le lenti, occorre, sempre, lavare abbondantemente le mani con acqua e sapone seguendo le indicazioni piu' avanti riportate. Evitare sempre di toccare o stropicciare gli occhi con le mani sporche.

Alcune buone norme igieniche per quando si rientra a casa:



Dall'inizio dell'emergenza Covid-19 le richieste di consulenza medica per intossicazione da disinfettanti sono aumentate di circa il 65%, fino al 135% per i bambini al di sotto dei 5 anni d'eta'.

Una nota del Centro Antiveleni dell'Ospedale Niguarda di Milano
(Franca Davanzo, direttrice del Centro)
"In questi giorni di emergenza l'uso dei disinfettanti per proteggerci dall'infezione da coronavirus è cresciuto vertiginosamente. In alcuni casi, però, il tentativo di fermare il virus ha indotto comportamenti pericolosi. C'è chi sta seguendo tutorial online e chi ricette fai da te per preparare miscele di sostanze chimiche non compatibili tra loro.C'è chi imbeve le mascherine con quantità eccessive e poi le indossa, inalando un elevato dosaggio di sostanze chimiche o chi, e sono purtroppo i casi più frequenti, riempie la casa di bottiglie di disinfettati commerciali o preparati artigianalmente, e li lascia alla portata dei bambini, magari in bottigliette non etichettate. E proprio i più piccoli sono quelli più esposti e a rischio: per loro le intossicazioni sono aumentate del 135%. Proprio per loro dobbiamo prestare la massima attenzione, i più piccoli infatti trovano in casa questi contenitori non custoditi e li ingeriscono accidentalmente. È bene non lasciare i contenitori dei prodotti alla portata dei bambini e in caso di ingestione, chiamare subito il centro antiveleni per capire se è necessario o meno andare al pronto soccorso".

LE ACQUE


Le acque potabili sono sicure rispetto alla trasmissione del virus perche' depurazione e disinfezione finale cui sono sottoposte sono pratiche adeguate all'eliminazione del virus.


Tracce del materiale genetico del virus sono state trovate in acque non potabili ed in acque reflue di scarico di citta' come Roma, Milano, Parigi, perche' il coronavirus si moltiplica anche nel tratto intestinale e viene eliminato con le feci: questo, pero', non deve causare alcun tipo di allarmismo perche' comunque si tratta solo di "frammenti" dell'RNA del virus che per essere potenzialmente infettivo deve avere una struttura completamente integra in tutte le sue componenti, materiale genetico e parete di rivestimento lipoproteica esterna. Gli studi suggeriscono, quindi, che le particelle virali vitali presenti nei campioni di feci non sopravvivono nella rete fognaria e che il virus viene annientato, comunque, negli impianti di depurazione delle acque. 


L' analisi di campioni delle acque reflue potrebbe, invece, risultare utile, nell'ottica di una biosorveglianza, per individuare precocemente, circoscrivere e monitorare specialmente in questa fase 2, le aree abitate servite da quegli impianti dove dovessero manifestarsi nuovi focolai di infezione. Anche se non vengono notificati dei casi, se si rilevano tracce del virus negli scarichi si sa, quindi, che ci sono casi attivi. Questa stessa tecnica e' gia' stata utilizzata in passato per virus quali poliovirus e norovirus, responsabili di gastroenteriti, e per mappare le sacche mondiali di antibiotico-resistenza. E' usata anche, comunemente, per stimare la quantita' di droghe illecite. Nel caso del coronavirus uno studio dell'Universita' di Yale, in Connecticut, condotto dal 19 marzo al 30 aprile su un impianto di trattamento di New Haven che serve una popolazione di circa duecentomila abitanti, ha dimostrato come l'andamento delle tracce del virus nel fango fognario rispecchiasse fedelmente la curva epidemica di CoVid-19...ma con l'anticipo di 1settimana!!


Uno studio condotto da ISS e SMAT (Societa' Metropolitana delle Acque di Torino) ha stabilito, proprio dall'analisi di campioni delle acque reflue del capoluogo piemontese del 18 dicembre 2019, come tracce di coronavirus fossero gia' presenti nelle acque di scarico a quella data. Sembra, quindi, che il coronavirus a Torino come anche a Milano, per analisi condotte con la stessa metodica, sempre su campioni di acque del mese di dicembre, circolasse in queste citta' gia' da fine anno 2019.

Le acque del mare e del lago non sono veicolo di trasmissione del virus perche' sono i piu' grandi diluenti naturali che si conoscano. Fra l'altro sale e iodio delle acque del mare danneggiano la struttura del virus inibendolo. Quindi il bagno al mare ed al lago si puo' fare mantenendo l'opportuno distanziamento, tranne nelle aree adiacenti allo sversamento delle acque reflue di scarichi organici. 


La sabbia non e' un elemento che puo' garantire la sopravvivenza del virus. Anche se i granelli venissero contaminati da una persona infetta, per un eventuale contagio occorrerebbe che gli stessi venissero "immediatamente" toccati dalle mani portate poi al volto, il che e' altamente improbabile.


Le acque delle piscine sono sicure perche' il trattamento disinfettante con il cloro uccide il virus; inoltre se gli impianti di ricircolo delle acque funzionano bene l'acqua viene spesso cambiata e quindi a cio' si aggiunge anche l'effetto diluente.


 🏖️ I BENEFICI DELLA LUCE DEL SOLE 🌞

I raggi ultravioletti del sole (UVB), come dimostrato anche recentemente da ricercatori dell'Universita' di Oxford con uno studio pubblicato sul "Journal of Infectious Diseases", hanno la capacita' di essiccare le particelle che trasportano il virus (droplets) e, soprattutto, inattivare in pochi secondi il coronavirus alterandone la struttura di rivestimento e di conseguenza annullando la sua capacita' infettante: il virus, infatti, per poter essere attivo ha bisogno di essere integro in tutta la sua composizione (strato lipoproteico esterno, per intenderci la coroncina, e materiale genetico racchiuso al suo interno, RNA). Quindi l'irraggiamento solare particolarmente intenso nel periodo giugno-agosto alle nostre latitudini, piuttosto che alte temperature e bassa umidita', potrebbe avere un ruolo importante nel rallentare la diffusione del virus.


L' esposizione della pelle ai raggi ultravioletti del sole ha un ruolo determinante nella produzione di vitamina D da parte dell'organismo.


La vitamina D, dal canto suo, ha un effetto immunomodulante che riduce i rischi di infezioni acute, anche delle vie respiratorie, e, sulla base di analogie con altri tipi di patologie, anche un probabile ruolo benefico su 2 sintomi abbastanza comuni nella CoVid e, cioe', la perdita di gusto (ageusia) e di olfatto (anosmia).


Senza dimenticare che la luce solare, attraverso l'aumento di serotonina, migliora il tono dell'umore, riduce lo stress e regolarizza i ritmi biologici (alterati durante la fase di lockdown) migliorando anche la qualita' del sonno.


Ovviamente mai come quest'anno e' d'obbligo la protezione della pelle con creme o oli solari visto il lungo periodo di lockdown che non ha consentito una esposizione progressiva della pelle ai raggi UV. La protezione deve interessare anche viso e mani che potrebbero gia' aver subito danni cutanei per l'uso di mascherine e guanti.

GLI ALIMENTI

Normalmente le infezioni respiratorie non si trasmettono attraverso gli alimenti che, pero', e' buona norma trattare con la massima igiene evitando soprattutto di mettere a contatto, anche in frigorifero, alimenti cotti con alimenti crudi. 


Nel mese di giugno si sono sviluppati numerosi focolai epidemici in impianti di macellazione e lavorazione delle carni negli Stati Uniti come in America Latina, nel Regno Unito ed in Europa (Germania, Inghilterra, Irlanda, Olanda, Spagna ed anche in Italia). In particolare in Germania si sono riscontrati oltre 1500 casi di positivita' al coronavirus tra i 6139 lavoratori di un grande impianto di macellazione nel Nordreno- Vestfalia, il mattatoio di Guetersloh. In Italia alla data del 9 luglio si sono registrano piu' di 70 casi di positivita' in macelli e salumifici del mantovano.


Ma perche' proprio in questi impianti? La risposta e' probabilmente nel fatto che in questi ambienti altamente refrigerati e con sistemi di ventilazione aggressiva viene utilizzata anche una grande quantita' di acqua per pulire e lavare le superfici nel tentativo di contenere la flora batterica derivante da sangue e feci animali: e si sa che il coronavirus sopravvive maggiormente a basse temperature ed alti livelli di umidita', condizioni che si realizzano particolarmente in questi luoghi per le ragioni su esposte. Inoltre le catene di montaggio di questi impianti spesso rendono impossibile il rispetto del distanziamento e l'osservanza delle misure di protezione per questi lavoratori che, stando a stretto contatto di gomito, spesso respirando affannosamente, per molte ore al giorno, sono maggiormente esposti al contagio. Senza dimenticare, poi, che nelle filiere agricolo-zootecnico-alimentari i lavoratori, sottoposti a ritmi serrati di impiego, sono spesso poveri, talora irregolari, e vivono a volte in abitazioni o baracche sovraffollate ed in precarie condizioni igienico-sanitarie che possono contribuire a diffondere il virus.  



LE MANI


Le secrezioni di persone infette potrebbero finire nelle loro mani contaminandole, ad esempio se queste vengono poste a protezione di naso e bocca quando dovessero tossire o starnutire o stropicciarsi gli occhi...


A questo punto le mani infette di un CoVid positivo possono divenire veicolo di contagio: 
1- per contatto diretto con altre mani (strette di mano)....


2- toccando oggetti che poi vengono toccati da altre mani


Il soggetto che stringe direttamente una mano contaminata o che tocca un oggetto contaminato precedentemente da una mano infetta deve evitare di portare a sua volta la mano sporca al viso: in tal modo (e solo cosi'!!) rischia infatti di infettarsi. Il virus infatti non riesce a passare nel corpo attraverso la pelle (anche delle mani) ma puo' invece penetrare attraverso naso, bocca, occhi. 



Per evitare di contagiare le mani si suggerisce di tossire o starnutire in un fazzoletto o, in alternativa, nella piega del gomito e di utilizzare, nel caso in cui ci si soffi il naso, fazzoletti usa e getta, lavandosi poi bene le mani (cover your cough!).    


E' fondamentale, comunque, per eliminare l'eventuale presenza del virus dalle mani (e quindi la potenziale fonte di contagio per se' e per gli altri) lavarle spesso, abbondantemente e per almeno 1 minuto, con acqua e sapone o, in alternativa, con soluzioni idro-alcoliche ad almeno il 70% di contenuto in alcol (tipo "amuchina")


Ma perche' il sapone e' in grado di neutralizzare il virus? Se ricordate il coronavirus e' costituito da un po' di materiale genetico (RNA) rivestito da un fragile involucro di proteine e lipidi (grassi). Per essere attivo il virus ha bisogno che queste componenti siano tutte e tre presenti ed integre. Il sapone si lega all'involucro di grasso del rivestimento esterno del virus e lo scioglie molto facilmente perche' i legami sono molto labili. A questo punto il virus e' inattivo. Sciacquando le mani, l'acqua allontana ed elimina, poi, i frammenti virali dalla pelle che, peraltro, il virus per la sua costituzione chimica non e' in grado di penetrare. L' alcol agisce quasi alla stessa maniera ma acqua e sapone rimangono, comunque, i presidi piu' efficaci.


COME LAVARSI LE MANI EVITANDO IL RISCHIO DI ALLERGIE E SENZA INTACCARE LE BARRIERE NATURALI DI PROTEZIONE DELLA PELLE
"Lavarsi le mani nel corso della pandemia da coronavirus è fondamentale ma non deve diventare un’operazione ‘maniacale’, con il rischio di infezioni o la comparsa di dermatiti irritative o allergiche”.
Il decalogo con alcuni consigli dei dermatologi dell'Ospedale San Gallicano di Roma.

1. La pelle è un organo barriera che svolge un ruolo fondamentale nella difesa dell’organismo dall’ambiente esterno. Oltre che essere un organo di senso e di relazione, ha una funzione primaria di difesa dagli agenti fisici, chimici e biologici, rappresentando la prima linea di difesa contro patogeni invasivi. Questa funzione viene svolta sia grazie alla protezione fornita dallo strato corneo, che attraverso la sintesi di mediatori dell’infiammazione, come prostaglandine, leucotrieni, citochine, ecc.

2. La cute integra rappresenta una barriera nei confronti della penetrazione di numerosi batteri e virus, ma la sua integrità è fondamentale per preservare l’organismo da malattie infettive.

3. Il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2), causa dell’attuale pandemia, si trasmette principalmente attraverso la saliva e contatti diretti personali, per esempio con le mani “contaminate”.

4. Questo virus non è in grado di attraversare la cute. Le micro-gocce di saliva (droplet) eliminate dai malati, sospese in aria possono depositarsi sugli oggetti e sulle mani, che in questo modo potrebbero veicolare il virus, se portate alla bocca, o attraverso contatti diretti personali come una stretta di mano.

5. Il lavaggio delle mani con acqua e sapone ha lo scopo di garantire un’adeguata pulizia e igiene delle mani attraverso un’azione meccanica ed è raccomandato
come principale e più efficace misura di prevenzione nei confronti del nuovo coronavirus. Evitare l’acqua troppo calda, perché potrebbe danneggiare il film idrolipidico della pelle.


6. Per l’igiene delle mani è sufficiente il comune sapone. Solo in assenza di acqua si può ricorrere ai cosiddetti igienizzanti per le mani (gel idroalcolici) contenenti almeno il 60-70% di alcol. Una corretta igiene delle mani richiede che ci si lavi per almeno 40-60 secondi.

7. I gel idroalcolici vanno usati quando le mani sono asciutte, altrimenti non sono efficaci. Tuttavia, è necessario fare attenzione a non abusarne, dal momento che, se usati frequentemente, potrebbero provocare secchezza della cute, alterando la sua funzione protettiva e inoltre favorire nei batteri lo sviluppo di resistenze, aumentando di conseguenza il rischio di infezioni.

8. Avere cura delle unghie, mantenendole corte, evitando di “mordicchiare” le “pellicine” (cuticole), perché potrebbero crearsi micro-ferite che possono costituire la porta di accesso a virus e batteri.

9. Utilizzare creme idratanti che aiutino la pelle a ritrovare il suo naturale equilibrio, soprattutto se si avverte particolare secchezza delle mani.

10. Prestare particolare attenzione a queste precauzioni se si è affetti da patologie dermatologiche, come, la dermatite atopica, che espongono già a maggior rischio di contrarre infezioni.







La storia di Ignaz Semmelweis, il medico ungherese che scoprì l'importanza di lavarsi bene le mani


Nel 1847, mentre lavorava come medico precario nel reparto di ostetricia, a Vienna, Ignac Semmelweis scopri' che la febbre puerperale, una malattia della quale, allora, si ignoravano cause e rimedi e che uccideva anche fino al 40% delle donne che partorivano in ospedale non era provocata, come molti ritenevano, da uno squilibrio negli "umori" del corpo umano ma dalla trasmissione indotta da professori o studenti che visitavano una partoriente provenendo da una sala operatoria dove avevano compiuto un'autopsia (senza alcuna protezione, lavaggio o disinfezione), o che prima avevano visitato una donna infetta: la causa della febbre puerperale dipendeva, quindi, a suo giudizio, da "qualcosa" che rimaneva attaccato alle loro mani, per cui propose di usare una soluzione di cloro per disinfettare le mani di studenti e professori. La proposta fu ritenuta, pero', un vaneggiamento da parte di tutti i piu' grandi ginecologi dell'epoca che mostrarono talmente ostilita' nei suoi riguardi da allontanarlo dalla clinica dove lavorava. Disperato, dopo 13 anni di ostracismo, Semmelweis cominciò a scrivere lettere aperte a medici e ad accademie, e, infine, perfino a distribuire volantini, accanendosi contro i suoi oppositori che definiva come assassini. Ma fu tutto inutile ed il tono minaccioso ed aggressivo delle lettere contribuì alla sua definitiva emarginazione. Amareggiato, finì per impazzire morendo in manicomio nel 1865. Dopo pochi anni, quando Pasteur istitui' la batteriologia, la figura di Semmelweiss fu finalmente riabilitata e venne giustamente considerato un geniale precorritore grazie alla sua intuizione di lavare e disinfettare bene le mani 

Chi invento' l'Amuchina.


L' inventore dell’Amuchina fu Oronzio de Nora, un ingegnere elettrotecnico nato in Puglia, ad Altamura, nel 1899. A 24 anni, nel 1923, brevettò l’Amuchina, un antibatterico composto da ipoclorito di sodio diluito in acqua. Poi cedette il brevetto, in Germania, e si dedico' ad altro. Il nome Amuchina deriva dal termine greco “muche” che significa ferita con l'aggiunta di un’alfa privativa: diventa, cosi', a-muchina, ossia “senza ferita”. L' Amuchina venne prodotta, in origine, negli anni '30, per combattere la tubercolosi, poi a partire dagli anni ’40, durante la seconda guerra mondiale, venne utilizzata per disinfettare l’acqua potabile. Negli anni '80, durante l'epidemia di colera che colpi' il Sud Italia, l'amuchina divento' il disinfettante piu' usato per la disinfezione delle acque da bere e di frutta e verdure. Attualmente la versione liquida viene utilizzata come disinfettante per superfici ed alimenti, mentre la famosissima versione in gel, a base di alcol etilico, è usata per disinfettare le mani.

DISINFETTANTI PER LE MANI A BASE ALCOLICA
requisiti di efficacia contro il coronavirus 
controlla sempre se sulle confezioni sono riportate le seguenti indicazioni:
1- Norma "EN 14476" indicata sull'etichetta
2- " Contiene almeno il 60% di alcol o una concentrazione compresa tra 520 e 630 mg/g "


I GUANTI

In data 8 giugno (e permettetemi di dire finalmente!!) l'OMS ha deciso di non raccomandare piu' l'uso dei guanti per le persone in comunita', anche nei supermercati: aumenterebbe il rischio di infezione da coronavirus! A differenza delle mani che in ogni momento si possono lavare con acqua e sapone o soluzioni idroalcoliche, i guanti se si sporcano devono essere, infatti, solo cambiati e correttamente smaltiti: piu' delle mani possono diventare, quindi, fonte di infezione e di trasmissione del contagio se contaminano oggetti o se, come spesso accade, vengono abbandonati, in modo incivile, nei carrelli della spesa o ai margini dei marciapiedi, in prossimita' dei supermercati...(vedi "i nuovi rifiuti").


L' essenziale e', comunque, che i guanti sporchi, come le mani sporche, non vengano portati al viso (naso, bocca, occhi) perche', anche se contaminati, solo cosi' potrebbero rappresentare veicolo di contagio!


In conclusione la misura di prevenzione piu' importante e' LAVARE SEMPRE BENE LE MANI, quando sporche, in modo accurato e secondo le indicazioni sopra riportate, con acqua e sapone o in alternativa con gel o soluzioni idro-alcoliche.

Come levare correttamente i guanti (da smaltire, poi, in un sacchetto nei rifiuti indifferenziati):



ALTRE FONTI DI CONTAGIO



E' stato recentemente dimostrato come il coronavirus possa infettare direttamente le cellule intestinali che potrebbero rappresentare anche una porta secondaria di ingresso del virus dopo quella dell'apparato respiratorio: i sintomi di esordio della CoVid sono, infatti, spesso proprio di natura gastro-intestinale. Il coronavirus e' stato ritrovato anche nelle feci che, quindi, costituiscono una potenziale fonte di contagio. Uno studio recente riporta che in 8 bambini su 10 risultati virologicamente guariti per 2 tamponi negativi consecutivi, in realta' il virus continuava a permanere nelle feci anche se non si conosce quanto ancora possa essere infettante: per cui occorrono, comunque, accortezze anche nel cambio dei pannolini dei lattanti.


Un recente studio condotto dalla Yangzhou University e pubblicato sulla prestigiosa rivista "Physics of Fluid" dell'AIP (American Institute of Physics) ha dimostrato, attraverso modelli computerizzati che simulano i flussi di acqua ed aria, come il vortice che si crea tirando lo sciacquone del water produca una nuvola virale di particelle aerosolizzate in grado di raggiungere anche l'altezza di 90 cm o piu' ed essendo molto piccole di rimanere in sospensione nell'aria per piu' di un minuto: queste particelle potrebbero essere inalate o depositarsi su superfici ed oggetti e rappresentare, quindi, una potenziale fonte di contagio per chi entra in bagno dopo un CoVid positivo anche asintomatico...L' uso di uno sciacquone doppio addirittura favorisce l'immissione nell'aria del 60% delle particelle. Occorrerebbe, pertanto, a livello preventivo, che tutti chiudano sempre la tavoletta del water (laddove presente...) prima di tirare lo sciacquone.

Le lacrime possono essere fonte di contagio potendosi il virus replicare all'interno delle congiuntive (che potrebbero rappresentare anche un'ulteriore porta di ingresso del virus) come e' stato dimostrato anche da ricercatori dell'Istituto Spallanzani di Roma che hanno isolato il coronavirus attivo, tramite tampone oculare, da congiuntive e lacrime di CoVid positivi. 


Un recente articolo pubblicato a giugno sul "Journal of American Association for Pediatric Ophthalmology and Strabismus" da parte di ricercatori del centro CoVid dell'Ospedale Bambino Gesu' di Palidoro evidenzia che il rischio di contagio attraverso le lacrime dei bambini esiste ma e' molto basso.


Lo studio e' stato condotto, nei mesi di marzo ed aprile 2020, su 27 bambini con positivita' al tampone rinofaringeo per coronavirus: soltanto 3 di loro hanno presentato il virus attivo anche nelle secrezioni oculari, evidenziato con il tampone congiuntivale.

Non vi e' al momento alcuna evidenza certa che il coronavirus possa trasmettersi sessualmente.
Tuttavia un recente studio cinese pubblicato sulla rivista Jama riporta che tracce di RNA virale sono state riscontrate nello sperma di alcuni giovani pazienti che sono stati ricoverati presso l'Ospedale di Shangqiu, affetti da forme acute di CoVid o in fase di guarigione. 


Lo studio, tuttavia, e' stato condotto su un gruppo ristretto di persone per cui ancora non e' chiaro quale possa essere il potenziale infettivo del virus nello sperma, per quanto tempo vi persista e se possa essere contagiante. 
Di recente la Societa' Italiana di Urologia ha dichiarato che tracce di coronavirus sono state riscontrate in un 15% di pazienti affetti da CoVid e, anche se non vi e' alcuna evidenza che il virus possa trasmettersi sessualmente, raccomanda comunque, per chi e' affetto da infezione, di attendere la negativita' di 2 tamponi consecutivi prima di riprendere la attivita' sessuale.


Del resto il coronavirus troverebbe nei testicoli una specie di serbatoio entro il quale rifugiarsi: i testicoli infatti, sono ricchi di recettori ACE2,  simili a "serrature" delle membrane cellulari che i coronavirus riescono a scardinare con una delle punte della loro coroncina (spike) per penetrare all'interno e replicarsi. Qui riescono, poi, a nascondersi a lungo per una sorta di barriera immunitaria testicolare che impedisce alle linee di difesa di raggiungerli completamente. E' per questo che, a volte, i virus hanno tempo di causare infiammazioni testicolari direttamente o indirettamente per interessamento vascolare; ne conseguono, spesso, alterazioni ormonali come una diminuzione del testosterone che assieme ad un aumento della prolattina puo' giustificare una diminuzione della libido. Sono possibili anche alterazioni a carico della produzione degli spermatozoi con conseguenze sulla fertilita'.


Un rapporto sessuale implica, invece, una vicinanza stretta tra partner, che espone sicuramente ad un maggior rischio di infezione soprattutto attraverso la saliva (nel quale il virus puo' essere presente) ed i baci, anche di soggetti infetti ma asintomatici. Per tale ragione durante i rapporti sessuali (specialmente con persone a rischio o affetti non stabili) sono da privilegiare posizioni che non comportino un'esposizione diretta e ravvicinata faccia a faccia. Opportuna anche una accurata disinfezione delle mani e degli oggetti prima e dopo ogni rapporto.

Non vi sono, invece, evidenze scientifiche che il nuovo coronavirus (al pari di quelli della Sars e della Mers) si possa trasmettere attraverso il sangue donato e trasfuso.

Non vi sono evidenze che il virus possa trasmettersi attraverso il sudore.



Un paziente che sviluppera' sintomi da Covid-19 (presintomatico) comincia ad essere contagioso gia' due, tre giorni prima della comparsa dei sintomi.

Un individuo infetto e che ha, quindi, il virus presente nelle prime vie respiratorie o nella congiuntiva o nelle cellule intestinali puo' anche presentare pochi e fugaci sintomi (paucisintomatico) o non presentarli per nulla durante tutto il decorso della malattia: in quest'ultimo caso si dice che e' "asintomatico" e, cioe', privo di sintomi. Il rischio che un asintomatico possa contagiare e,' pero', sicuramente possibile, anche se forse la carica virale e' probabilmente piu' bassa: il contagio potrebbe avvenire specialmente per contatto diretto (bacio) o indiretto (strette di mano o oggetti contaminati e poi tocco del viso) con le secrezioni nasali, salivari, lacrimali, tramite le feci ma anche attraverso droplet nel caso in cui la persona infetta dovesse parlare, cantare ma soprattutto tossire o starnutire, specialmente in ambienti chiusi e poco ventilati.

Studi recenti stimano che gli asintomatici possano rappresentare quasi il 40% dei casi nella popolazione adulta, nei bambini dal 42% al 47%. Un recentissimo studio cinese pubblicato su "Lancet" evidenzia come possano essere responsabili di circa il 20% dei contagi.


Se da un lato la nota positiva e', quindi, che molti contagiati non si ammalano di CoVid e superano (o hanno gia' superato!) senza sintomi l'infezione, i soggetti recettivi rischiano comunque di essere contagiati da persone che non sospettano essere infette e, specialmente i piu' vulnerabili, di ammalarsi anche gravemente. 



PERCHE' SI DICE QUARANTENA?



Il termine QUARANTENA, il cui significato e' periodo di "quaranta giorni", e' una parola veneziana: in italiano si diceva " quarantina". Gia' dai primi del 1400 la quarantena indicava il periodo di isolamento che dovevano osservare le navi in arrivo a Venezia dai possedimenti dalmati e sospettate di avere a bordo persone o animali affetti dalla peste. Si credeva, infatti, che dopo un periodo di 40 giorni un malato di peste non fosse piu' contagioso e se non presentava sintomi poteva avere liberta' di circolare nella repubblica veneta.
Oggi il termine quarantena sta ad indicare un periodo di isolamento ma di durata variabile in rapporto al massimo periodo di incubazione di una malattia (per il coronavirus si stima essere di circa 2 settimane).


GLI ANIMALI



L' ISS afferma che non vi sono al momento evidenze scientifiche che gli animali cosiddetti da compagnia, come cani e gatti, possano trasmettere il virus all'uomo.
Due cani ed un gatto, ad Hong Kong, sono risultati positivi al coronavirus, contagiati dai loro padroni, tutti e tre non hanno sviluppato sintomi. Un cane a New York, sempre infettato dal suoi padroni, ha manifestato fugaci sintomi respiratori. In Belgio, a Liegi, un gatto si sarebbe infettato, sviluppando sintomi respiratori e gastroenterici (tosse, vomito, dissenteria, durati una decina di giorni) dal suo padrone ammalatosi di CoVid una settimana prima: cio' indicherebbe una esclusiva trasmissione uomo-animale, e non viceversa, per contatto stretto e prolungato durante la vita quotidiana. Il gatto sarebbe, quindi, la vittima e non l'artefice del contagio. Positivi anche 2 gatti domestici nello Stato di New York, entrambi con lievi sintomi respiratori ed in via di guarigione. Solo in uno dei 2 casi il padrone e' risultato CoVid positivo. Nel mese di luglio primo riscontro di un gatto positivo e sintomatico (secrezione nasale ed affanno) nel Regno Unito. Proprietari del gatto entrambi positivi al virus. Recentemente e' stato dimostrato che il contagio puo' avvenire anche direttamente tra gatti, a volte positivi al coronavirus ma asintomatici.


Attualmente, comunque, la segnalazione di casi negli animali da compagnia sono frutto di osservazioni occasionali e non esiste un programma attivo di indagine per l'identificazione del coronavirus nei felini anche se e' allo studio l'ipotesi che possa trattarsi di un ulteriore salto di specie.


L' ISS raccomanda per le persone infette da CoVid e che hanno un animale domestico, di proteggerli adottando le stesse norme di prevenzione messe in atto per i conviventi del nucleo familiare (evitare contatti ravvicinati, baci, abbracci). 



Sarebbe opportuno lavarsi sempre bene le mani prima e dopo contatto con gli animali domestici, con la lettiera, le scodelle del cibo ed i loro giochi. Lavare anche le zampette degli animali solo con acqua e sapone neutro (!) avendo cura di asciugarle bene. 


Allo zoo di New York una tigre di 4 anni che presentava tosse secca ed inappetenza e' risultata positiva al test. Sarebbe stata contagiata da un inserviente infetto ma asintomatico. Il giardino zoologico era gia' stato chiuso al pubblico dal 16 marzo. Altri felini dello stesso zoo (4 tigri e 3 leoni) sono risultati positivi al coronavirus con la ricerca effettuata sulle feci. In alcuni allevamenti di visoni, in Olanda, ma anche in Danimarca, alcuni esemplari sono risultati positivi al coronavirus, manifestando sintomi respiratori, dopo che alcuni allevatori si erano ammalati di CoVid. In Spagna, in Aragona, nel mese di luglio sono stati abbattuti quasi 100.000 visoni dopo che il 97% degli esemplari e' risultato positivo al coronavirus: 8 addetti alla loro custodia sono risultati infetti.

Non vi e', ad oggi, alcuna evidenza che il virus possa essere trasmesso dalle zanzare. 


Uno studio condotto da virologi ed entomologi dell'Istituto Superiore di Sanita' in collaborazione con l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) lo ha, peraltro, definitivamente escluso attraverso una evidenza sperimentale che ha dimostrato come il virus, una volta penetrato nella zanzara (sia la zanzara tigre che quella comune) attraverso un "pasto infetto", non e' in grado di replicarsi e di essere successivamente inoculato attraverso una successiva puntura.



In molti Paesi del Mondo si sta tentando di addestrare alcune razze di cani per valutare se possano annusare l'odore caratteristico del CoVid, ammesso che questa malattia ne abbia uno... I cani hanno un olfatto estremamente sviluppato che dispone di 220 milioni di recettori contro i soli 5 milioni dell'uomo. 


Alcune razze, opportunamente addestrate, sono oggi in grado di annusare sostanze volatili specifiche e riconoscere, cosi', pazienti affetti da alcune patologie come diabete, malaria, morbo di Parkinson, epilessia, alcuni tipi di tumore, alcune malattie cardiache e respiratorie. Partendo, quindi, dal presupposto che anche i malati respiratori possono emettere odori caratteristici fiutabili dai cani, in alcuni laboratori e' in corso un addestramento cinofilo che prevede di esporre alcune razze canine ad un "imprinting" degli odori di saliva ed urine di pazienti affetti da CoVid. Se la sperimentazione avesse successo potrebbe rappresentare un particolare ausilio diagnostico per rilevare persone positive a CoVid, nel periodo di incubazione o anche asintomatiche. 


TRASMISSIONE MATERNO-FETALE ED ALLATTAMENTO


 
La gravidanza è una condizione durante la quale, fisiologicamente, si possono verificare alterazioni nell'equilibro del sistema immunitario che possono predisporre ad una maggiore vulnerabilità alle infezioni virali. Le donne in gravidanza dovrebbero pertanto,a maggior ragione, osservare scrupolosamente le norme igienico-sanitarie atte ad evitare il contagio.

Non vi sono evidenze certe, al momento, che il nuovo coronavirus attraversi la placenta per trasmettersi da madre a figlio sebbene siano stati descritti alcuni rarissimi casi di donne in gravidanza, Covid positive, che hanno mostrato la presenza documentata del virus nella placenta infiammata e nel cordone ombelicale e che hanno partorito neonati positivi alla nascita.



Alcuni recenti studi descrivono in alcuni neonati partoriti da donne CoVid positive, la presenza di IgM per coronavirus alla nascita. Questi anticorpi sono i primi a comparire in caso di infezione e siccome non sono in grado di attraversare la placenta il loro rilevamento e' stato interpretato come una risposta immunitaria non della mamma ma del neonato ad una infezione del virus avvenuta in utero. Altri studi studi riportano in 3 neonati di madri CoVid positive l'evidenza di tamponi rettali risultati positivi al test per coronavirus ai giorni 2 e 4 dalla nascita, negativi ai giorni 6 e 7. Altri studi condotti su donne in gravidanza, ammalatesi di CoVid-19, non hanno, mostrato, invece, la presenza del virus nel liquido amniotico ed i bambini, alla nascita, sono risultati tutti negativi al test. 


In data 12 giugno 2020 l'OMS ha dichiarato che, in base alle informazioni finora disponibili, nel latte materno non e' mai stato individuato il coronavirus vivo ma al massimo solo frammenti di esso per cui non c'e' prova che l'infezione possa trasmettersi dalla madre al neonato attraverso il latte materno. Alla luce di tali evidenze e considerando che "i benefici dell'allattamento al seno superano il rischio di contrarre CoVid-19" (i bambini sono ad alto rischio di contrarre numerose altre malattie che l'allattamento al seno previene) ha aggiunto che "madri con infezione sospetta o confermata di CoVid-19 dovrebbero essere incoraggiate ad iniziare o a continuare l'allattamento al seno e non essere separate dai loro bambini a meno che non stiano troppo male". Nel caso in cui la madre dovesse presentare sintomi importanti (febbre, tosse, affanno) tali da suggerirne la separazione momentanea dal figlio la raccomandazione, tuttavia, e' sempre quella di ricorrere all'allattamento tramite spremitura di latte materno o ricorso al latte umano donato.
Non vi sono, dunque, controindicazioni all'allattamento al seno nelle donne affette da CoVid-19 ma naturalmente, devono, comunque, essere adottate tutte le misure preventive quali una scrupolosa igiene delle mani e l'uso della mascherina durante la poppata.

IL VACCINO

                

Attualmente non esiste un vaccino  per questo nuovo virus. Si sta lavorando, da piu' parti, alla sua costituzione ma si pensa debbano trascorrere mesi prima di una sua disponibilita'.
Il vaccino consiste nell'inoculare un frammento di parete che il virus utilizza per penetrare nelle cellule umane (una delle punte della sua coroncina, chiamata "spike"). Il sistema immunitario acquisisce, cosi', l'identikit del bersaglio da neutralizzare e ne conserva memoria (memoria immunologica). Nel caso in cui il virus vitale contagiasse l'organismo scatta l'allarme per le cellule sentinella del sistema immunitario che, pero', questa volta riconoscono ed inquadrano il bersaglio per il quale erano state programmate dal vaccino e risvegliano tutte le cellule del sistema difensivo. Queste cellule producono missili (anticorpi) in grado di colpire il bersaglio in maniera mirata e neutralizzare il virus ancor prima che questo possa provocare danni.


In data 23 aprile 2020 per la prima volta a 2 ricercatori volontari dell'Universita' di Oxford e' stato inoculato un vaccino messo a punto dal Jenner Institute della stessa Universita' in collaborazione tra scienziati inglesi ed italiani. Si e' trattato della prima sperimentazione ufficiale sull'uomo: il primo volontario e' stato un ricercatore in campo oncologico dello stesso istituto, Edward O'Neill. La seconda e' stata una ricercatrice italiana di zoologia e microbiologia della stessa Universita', Elisa Granato. 


La sperimentazione sull'uomo del vaccino, chiamato ChAdOx1 nCoV19, viene fatta per valutarne efficacia ed effetti collaterali dopo aver dimostrato sicurezza ed efficacia sugli animali. Dopo l'inoculazione del vaccino sui due ricercatori sono stati successivamente arruolati altri 320 volontari tra 18 e 55 anni e la prima fase si e' conclusa a meta' maggio con risultati incoraggianti. Il vaccino si e' dimostrato ben tollerato sebbene si siano manifestati sintomi lievi e transitori come febbricola, qualche sintomo fugace simil-influenzale, mal di testa, dolore al braccio. Nel mese di giugno e' partita, sempre in GB, una sperimentazione su piu' larga scala (altri 10.000 volontari) che ha incluso anche un piccolo numero di bambini ed anziani. Subito a seguire e' iniziata la fase III che valutera' l'efficacia del vaccino su decine di migliaia di volontari, specie nei Paesi del Mondo epicentri dell'epidemia dove il virus circola maggiormente (GB, USA, Brasile). Ad alcuni volontari e' stato somministrato il vaccino effettivo, ad altri un vaccino usato come "controllo attivo". I risultati definitivi di queste fasi II/III sono previsti in autunno. La rivista 
"The Lancet" il 20 luglio ha pubblicato, intanto, i dati preliminari riferiti ad un campione di 1077 soggetti adulti sani: i risultati parziali hanno confermato come gli effetti collaterali del vaccino siano stati a quella data clinicamente poco importanti mentre la risposta immunitaria (anticorpi e cellule T) si e' dimostrata molto efficace soprattutto tra i volontari che hanno ricevuto 2 dosi del potenziale vaccino. In attesa del completamento dei test Astra Zeneca, azienda produttrice del vaccino, ne ha iniziato, comunque, da subito la produzione negli USA, in Inghilterra, India ed Europa. Si tratta di una operazione ovviamente a rischio ma se i risultati dei test dovessero risultare positivi iniziera' la produzione su scala mondiale. L '8 settembre 2020 l'azienda biofarmaceutica britannica Astra Zeneca ha annunciato la sospensione temporanea, in tutto il mondo, della sperimentazione clinica del vaccino su nuovi volontari per valutare una serie potenziale reazione avversa manifestatasi in uno dei 50.000 volontari in Gran Bretagna. Lo stop e' una procedura di routine che serve a compiere una revisione sulla sicurezza del vaccino e che si attiva ogni qualvolta anche uno delle decine di migliaia di volontari coinvolti dovesse presentare, come in questo caso,  una malattia da chiarire se sia relazionata o meno alla somministrazione del vaccino stesso. La sperimentazione e' poi ripresa regolarmente il 12 settembre.
Questo tipo di vaccino e' costituito da una versione indebolita, che non puo' replicarsi, di un blando virus del raffreddore (adenovirus) che provoca infezione nello scimpanze'. All'interno del virus attenuato, che funge da vettore, e' inserito solo un frammento del rivestimento esterno del nuovo coronavirus e, cioe', di quella punta della coroncina (spike) che permette al virus di entrare nella cellula umana come fa una chiave inserendosi in una serratura. Nel vaccino non e' presente materiale genetico del nuovo coronavirus! 
Il 13 giugno 2020 e' stato sancito un accordo tra Italia, Germania, Francia ed Olanda, per l'approvvigionamento e la distribuzione in Europa di 400.000 dosi di questo vaccino. 


Quasi tutte le sperimentazioni di altri vaccini sfruttano un frammento di parete del virus per valutare se il sistema immunitario dell'uomo possa riconoscerlo e sviluppare anticorpi neutralizzanti, cambia il vettore con il quale viene trasmesso.
Un vaccino "genetico" e,' invece, quello prodotto da un' azienda italiana e testato nei laboratori virologici dello Spallanzani: si tratta di un vaccino che prevede l'inoculazione solo del gene che produce, all'interno di una cellula, la  proteina "spike" verso la quale si producono anticorpi. Una prima sperimentazione ha dimostrato che gli anticorpi prodotti da topi inoculati dal vaccino sono in grado "in vitro" di neutralizzare il virus. I test sull'uomo partiranno probabilmente in estate.

Mentre i soggetti a rischio possono, ogni anno vaccinarsi per l'influenza, non possono invece farlo, almeno per ora, per il nuovo coronavirus. Queste persone risultano, pertanto, particolarmente vulnerabili al nuovo virus e possono ammalarsi in modo piu' grave. In Italia abbiamo, tra l'altro, una popolazione molto piu' anziana rispetto agli altri Paesi e socialmente molto attiva anche se spesso affetta da una o piu' patologie croniche; e' per questo che nel nostro Paese, rispetto ad altri, si sono ammalati di CoVid piu' anziani e, di conseguenza, anche il tasso di mortalita' e' risultato mediamente piu' elevato.

Il fatto che attualmente non esista un vaccino per il coronavirus rende improponibile cercare di fronteggiare la pandemia con la cosiddetta "immunita' di gregge". 


L' immunita' di gregge e' quella situazione per la quale un gran numero di persone risultano immunizzate o perche' hanno contratto e superato l'infezione o perche' (e soprattutto!) si sono vaccinate. Queste persone non possono piu' infettarsi perche' il virus non puo' contagiarle (sono immuni). Automaticamente non potendosi piu' infettare non possono contagiare a loro volta altre persone. In pratica e' come se il virus rimbalzasse contro una barriera e piu' la barriera e' estesa piu' il virus non ha possibilita' di circolare. Questa barriera protegge anche le persone rimaste vulnerabili e che, ad esempio, per varie ragioni non possono vaccinarsi!



Inoltre piu' la malattia e' contagiosa piu' la barriera di persone immuni deve essere grande: ad esempio per il morbillo (molto contagioso) l'immunita' di gregge punta a raggiungere il 95% di popolazione immune perche' la malattia non sia circolante. Cio' si puo' ottenere, pero', unicamente attraverso vaccinazioni di massa ed attualmente per il nuovo coronavirus il vaccino ancora non esiste!  
In assenza di vaccino quella dell'immunita' di gregge non puo' essere una strategia efficace per contrastare CoVid-19. Non si hanno neppure evidenze che l'immunita' sviluppata dopo la guarigione da CoVid sia efficace e duratura: un recente studio pubblicato sulla rivista "Nature" da ricercatori cinesi evidenzia, addirittura, una diminuzione di oltre il 70% del tasso di anticorpi neutralizzanti a distanza di 3 mesi dalla guarigione da CoVid, sebbene nella protezione da reinfezione possano essere implicati altri meccanismi di difesa immunologica oltre quella anticorpale. Un recente articolo pubblicato su "Lancet" riporta uno studio condotto in Spagna su 60.000 persone: nonostante il forte impatto che la malattia ha avuto in questo Paese le indagini di sieroprevalenza evidenziano che soltanto il 5% della popolazione presenta anticorpi a dimostrazione del fatto che l'immunita' di gregge rimane ancora lontana. A risultati analoghi sono giunti anche altri studi condotti in altri Paesi. In attesa del vaccino, che assicurerebbe una immunita' stabile e duratura, le uniche misure efficaci rimangono, quindi, al momento, quelle legate alla prevenzione e non certo all'esposizone al contagio di intere popolazioni.



Sempre raccomandato il vaccino antinfluenzale, anche in visione prospettica per la campagna vaccinale della prossima stagione che dovrebbe prevedere un'ampia copertura considerando la possibile ricomparsa di una nuova ondata di CoVid in autunno. E' vero che le stesse misure di prevenzione adottate contro il coronavirus potrebbero essere valide anche per contenere l'epidemia influenzale della prossima stagione, considerando che le modalita' di contagio e trasmissione delle due malattie sono analoghe, ma e' altrettanto vero che vaccinarsi per l'influenza sara' di estrema necessita'. La vaccinazione, infatti, da un lato consente, in caso di comparsa di sintomi similinfluenzali, di escludere che si tratti di influenza (si e' vaccinati!), dall'altro serve ad evitare che un individuo possa essere contagiato da entrambe le forme virali, coronavirus e virus influenzale assieme (effetto "cocktail" comunque possibile e documentato), il che renderebbe ancora piu' critica la situazione clinica. Inoltre vaccinarsi potrebbe servire a non intasare pronto soccorsi ed ospedali per le complicanze dell'influenza.
        

LA DIAGNOSI


La diagnosi viene posta in centri specializzati regionali di riferimento con il tampone naso-faringeo (di tipo molecolare e, cioe', in grado di identificare il virus in base ad alcune sue sequenze genetiche): si tratta di un lungo cotton fiocc che preleva muco e secrezioni dal naso e dalla gola. Il momento piu' opportuno per sottoporsi al tampone e' almeno 3 giorni dopo una presunta esposizione al contagio per cercare di evitare il piu' possibile false negativita' (il virus, soprattutto nelle fasi iniziali di infezione, puo' replicarsi a velocita' differenti da soggetto a soggetto in rapporto alla carica virale ed alla risposta immunitaria individuale)


In laboratorio il materiale genetico del virus (se presente) viene estratto dal tampone e amplificato (cioe', viene copiato ripetutamente fino a renderlo determinabile). Quindi si ricerca se sono presenti alcune porzioni del codice genetico del nuovo coronavirus: se si riesce ad individuarle il campione sottoposto a test e' positivo
A volte prima di identificare l'RNA specifico del coronavirus occorrono molti cicli di amplificazione virale perche' la quantita' di virus presente in un tampone (che naturalmente deve essere correttamente eseguito in tutte le sue fasi) e di conseguenza la carica virale, sono basse o molto basse. In questo caso si dice che il tampone e' debolmente positivo
Ad una carica virale minore corrisponde, ovviamente, una infettivita' minore da parte del contagiato. In piena fase epidemica (tra febbraio e marzo) la percentuale di soggetti debolmente positivi al coronavirus era molto bassa, compresa tra 0-3%. Questo perche' il virus circolava di piu' e con cariche virali molto piu' alte: i soggetti contagiati erano quasi tutti francamente positivi. Da marzo a giugno, e dopo tutte le misure di contenimento attuate, la percentuale, in base ad uno studio dell'Istituto Mario Negri, e' andata, tuttavia, progressivamente crescendo in Italia fino a valori del 50% dei positivi, con picchi fino al 58% in Lombardia. Dal mese di agosto, in coincidenza soprattutto con il rientro in Italia di giovani vacanzieri provenienti da Paesi esteri in cui il virus circola maggiormente e con maggiore aggressivita', hanno cominciato di nuovo a riscontrarsi tamponi con cariche virali piu' alte.


Il tampone puo' essere effettuato presso i centri di riferimento regionali specializzati o, in alternativa, tramite l'ausilio di laboratori mobili o " drive-in clinics" in grado di effettuare il prelievo delle secrezioni naso-faringee attraverso il finestrino aperto delle automobili su cui e' seduto il soggetto che deve eseguire il test e che dovrebbe raggiungere il centro mobile preferibilmente da solo. 


Cio' comporta un minor rischio di infezione per il personale sanitario e per altri soggetti a rischio contagio.  Mediamente occorrono dalle 4 alle 6 ore per completare un test rino-faringeo e dare un giudizio diagnostico. I normali tamponi "da laboratorio" hanno una sensibilita' di circa l'85%. Successivamente, sui soggetti risultati positivi al primo test si esegue, pertanto, quello di conferma (che richiede più tempo per il risultato) e che deve essere validato dall'Istituto Superiore di Sanità

In data 30 luglio 2020 l'Istituto "Spallanzani " di Roma ha validato due tipi di test molecolari rapidi e, cioe', tamponi naso-faringei che sono in grado, pero', di dare una risposta in soli 15-20 minuti. Il primo sfrutta un metodo immunocromatogafico ed utilizza una cartina che si colora se si riscontra positivita' al virus. Il secondo sfrutta un approccio basato sulla immunofluorescenza e risulterebbe un po' piu' attendibile. Questi test sono impiegati soprattutto in stazioni ed aeroporti nelle Regioni in cui vi e' un notevole flusso in arrivo di passeggeri provenienti da Paesi a rischio.


Utilizzati negli USA, ed in arrivo anche in Europa, i tamponi salivari, test di tipo molecolare, come quelli naso-faringei, ma piu' sicuri per gli operatori utilizzando come substrato biologico la saliva raccolta in una provetta. Addirittura negli USA la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato il test di raccolta a domicilio: la saliva, attraverso un imbuto, viene fatta scorrere in un test di conservazione che, una volta che il liquido diventa blu, viene spedito, sigillato, ad un laboratorio per essere analizzato con gli stessi reagenti e la stessa metodica dei tamponi classici. I risultati del test sono ottenibili in 3 giorni ma, secondo un recente studio dell'Universita' di Yale, questo tipo di test molecolare ha addirittura una sensibilita' maggiore rispetto al piu' diffuso tampone rino-faringeo, potendo positivizzarsi anche in individui con lieve carica virale laddove il test rino-faringeo puo' risultare, a volte, falsamente negativo.


Esistono anche test rapidi salivari basati su analisi molecolari, la cui raccolta avviene tramite prelievo di circa 1 ml di saliva sotto la lingua del paziente; la risposta si ha dopo circa 90 minuti ma naturalmente, come per tutti i test rapidi, la sensibilita', e quindi l'affidabilita', risultano inferiori rispetto al test salivare classico. 


L' Azienda Sanitaria Territoriale dei Sette Laghi, in collaborazione con la Universita' dell' Insubria di Varese, ha messo a punto un test ultrarapido salivare basato su una metodica diversa: il test infatti e' di tipo "antigenico" sfruttando un anticorpo che si va a legare alla proteina a punta di superficie ("spike") del coronavirus. Anche questo tipo di test ha dimostrato una buona affidabilita' nel rilevare la positivita' al coronavirus in pochi minuti, anche in soggetti infetti ma asintomatici. Il kit diagnostico e' simile al test di gravidanza e funziona apponendo qualche goccia di saliva su una striscia di carta assorbente dove la saliva si diluisce con un reagente. Dopo 3-6 minuti la reazione che avviene e' in grado di diagnosticare se un soggetto e' negativo al coronavirus 
(assenza del virus= una striscia) o positivo (presenza del virus= doppia striscia). Dopo una sperimentazione su 137 pazienti e' stata richiesta la certificazione dal Ministero della Salute a settembre 2020.
                

LA TERAPIA


La terapia dell'infezione da coronavirus si basa sulla cura dei sintomi del paziente e sull'impiego di farmaci antivirali utilizzati per altri tipi di virus. Per uno di questi, l'Avigan (favipiravir), un farmaco antivirale utilizzato come antinfluenzale ma che e' stato anche impiegato nella fase epidemica di coronavirus in Giappone, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha comunicato che sta sviluppando un programma di sperimentazione e ricerca per valutare l'impatto del farmaco sulla malattia non essendovi, allo stato attuale, validi studi clinici pubblicati in merito ad efficacia e sicurezza della molecola. Il farmaco non e' ancora commercializzato in Europa e negli USA. E' stato anche autorizzato l'uso combinato di farmaci antivirali comunemente impiegati nell'AIDS 
(lopinavir/ritonavir, darunavir/cobicistat, darunavir, ritonavir) anche per cure a domicilio.

E' allo studio l'impiego di farmaci piu' specifici in grado di agire direttamente su questo coronavirus. Uno di questi e' un anticorpo monoclonale contro il virus e, cioe,' una specie di missile che si va ad agganciare all'estremita' di quella punta della corona con la quale il virus, similmente ad una chiave, riesce a penetrare nelle cellule umane inserendosi nella serratura corrispondente (un recettore che si chiama ACE2, molto rappresentato sulle cellule delle vie respiratorie e polmonari), impedendo di fatto che possa riuscirci. Occorreranno, tuttavia, ancora mesi perche' possa essere sperimentato in tutti i suoi aspetti, soprattutto in termini di sicurezza ed efficacia. 

Scoperta da poco anche la struttura del "motore" molecolare che permette al nuovo coronavirus di replicarsi all'interno della cellula infettata. Il virus ha nel suo materiale genetico (RNA) tutte le informazioni necessarie a creare copie di se stesso ma per far questo ha bisogno di alcune strutture presenti nella cellula che e' riuscito a penetrare.


Il virus, per far questo, sfrutta un enzima (e, cioe', una specie di struttura che funziona un po' come fa una fotocopiatrice..) chiamato polimerasi nsp12 e che e' lo stesso bersaglio di un farmaco antivirale, il remdesivir, nato come arma contro il virus ebola e che ora e' stato testato contro SarsCoV2 nei malati gravi di CoVid-19 con risultati talmente incoraggianti da avere indotto  l'EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ad autorizzarne l'immissione in commercio nella Unione Europea in data 25 giugno 2020. 


E' la prima volta che un farmaco in Europa riceve l'autorizzazione ad essere commercializzato in maniera specifica contro CoVid-19. Le indicazioni sono per malati gravi oltre 12 anni di eta' affetti da polmonite da CoVid e che necessitano di ossigenoterapia. Il farmaco non trova indicazioni nelle forme lievi e moderate. La posologia prevede l'infusione di una dose iniziale di 200 mg il primo giorno cui segue l'infusione di 100 mg al giorno per almeno 4 giorni e per non piu' di 9 giorni.

Tra i farmaci innovativi vi e', invece, un farmaco, comunemente impiegato per la cura dell'artrite reumatoide, il tocilizumab, che pare si sia dimostrato efficace nel trattamento di casi gravi affetti da polmonite interstiziale. AIFA ha invece concluso, dopo sperimentazione clinica, che il farmaco non apporta particolari benefici se somministrato in fase precoce di malattia. La caratteristica del coronavirus e' quella, una volta replicatosi all'interno delle cellule polmonari che distrugge, di suscitare, a volte, una reazione immunitaria ed infiammatoria molto amplificata da parte dell'organismo. Il farmaco contrasterebbe questa fase di malattia.
Il tocilizumab (per gli addetti ai lavori un farmaco anti-interleuchina 6 che blocca la tempesta di citochine) viene somministrato in un'unica infusione, eventualmente ripetibile, ed agisce in 24-48 ore, massimo 5-6 giorni. 

In corso di sperimentazione contro il nuovo coronavirus anche la colchicina, un vecchio farmaco utilizzato contro la gotta ed altre malattie infiammatorie croniche, che sarebbe in grado di bloccare a monte l'intera cascata di citochine.

Clorochina e idrossiclorichina sono sostanze che probabilmente agiscono impedendo al virus di raggiungere i suoi bersagli una volta penetrato nelle cellule umane. Alcuni studi hanno relazionato l'utilizzo di questi farmaci ad un maggior rischio di mortalita' per effetti cardiotossici.

AIFA ha autorizzato lo studio clinico sull'eparina. La sperimentazione valutera' la sicurezza e l'efficacia dell'anticoagulante, somministrato a diversi dosaggi, per migliorare il decorso della malattia per le forme moderate e gravi di CoVid-19 nelle quali si ha facilita' alla formazione di trombi (vedi capitolo su polmoniti e tempesta di citochine).

Alcuni protocolli, ancora in fase di validazione, propongono l'uso di cortisonici, a medio ed elevato dosaggio, nelle fasi iniziali di forme gravi di malattia, per le notevoli proprieta' antinfiammatorie di alcune molecole. In particolare il desametasone, un vecchio farmaco utilizzato da anni nell'asma, allergie, colite ulcerosa, artrite reumatoide, proprio perche', ai giusti dosaggi, contrasta le eccessive risposte immunitarie ed infiammatorie (e, quindi, anche la "tempesta" di citochine indotta dalla CoVid), in base ad un trial condotto nel Regno Unito si e' dimostrato ridurre di un 1/3 la mortalita' nei casi gravi di malattia. 


Nello specifico il farmaco ha ridotto di un 1/3 la mortalita' di pazienti in ventilazione meccanica per CoVid, di 1/5 i decessi di pazienti non intubati ma che comunque necessitano di ossigenoterapia. La molecola sembrerebbe, invece, non avere effetti nelle forme lievi di malattia. Il desametasone e' facilmente reperibile a costi contenuti in tutte le farmacie del mondo e l'assunzione in compresse ne potrebbe favorire anche la facile somministrazione nelle aree piu' povere e disagiate.

In alcuni ospedali si stanno sperimentando con buoni risultati, nei pazienti piu' gravi, le infusioni di plasma (plasmaferesi) derivato dal sangue di soggetti guariti e che hanno sviluppato una buona immunita' anticorpale. Per far questo si testa dapprima il siero del convalescente con antigeni del coronavirus per valutare se contiene anticorpi, la quantita' eventualmente presente ed il loro potere neutralizzante. Gli anticorpi maggiormente neutralizzanti di alcuni soggetti guariti potrebbero essere clonati per fornire una terapia piu' efficace. Finora i risultati della terapia a base di infusioni di plasma sono, comunque, promettenti: molti pazienti guariscono prima abbreviando il loro tempo di degenza ospedaliera.

Recentemente alcuni ricercatori cinesi dell'Universita' di Pechino, come documentato da uno studio pubblicato sulla rivista "Cell", hanno identificato, su plasma di pazienti convalescenti, tra diversi anticorpi neutralizzanti, un anticorpo in particolare che si e' dimostrato talmente efficace da abbattere, dopo 5 giorni, di circa 2400 volte la carica virale in topi infettati ed addirittura di prevenire l'infezione in topi sani. 


Si sta, quindi, studiando perche' questi anticorpi neutralizzanti possano essere somministrati, similmente alla plasmaterapia, nella fase acuta di malattia ma anche utilizzati, come farmaco a breve termine, in soggetti particolarmente a rischio, come operatori sanitari o contatti stretti di CoVid positivi, per evitare il contagio almeno per qualche settimana.

Anche alcuni ricercatori della Columbia University di New York, come pubblicato a luglio 2020 sulla rivista "Nature", avrebbero isolato anticorpi che si sono mostrati altamente neutralizzanti nei confronti di Sars-CoV-2 in test su animali. Se dimostrassero la loro superpotenzialita' anche sull'uomo potrebbero essere, poi, prodotti su larga scala.



Recentemente e' stato ipotizzato, sulla base di analogie con altri tipi di patologie, che una integrazione di vitamina D possa avere un ruolo benefico soprattutto nel trattamento di 2 sintomi che sono abbastanza comuni nella CoVid e, cioe', la perdita di gusto (ageusia) e la perdita di olfatto (anosmia).


La vitamina D ha, poi, sicuramente un effetto immunomodulante che riduce anche i rischi di infezioni acute delle vie respiratorie

Gli antibiotici non sono primariamente indicati nel trattamento della CoVid perche' agiscono solo sui batteri (altro tipo di microrganismi). Possono essere, quindi, efficaci solo in caso di complicanze batteriche, peraltro frequenti nei pazienti affetti da CoVid 19, spesso ospedalizzati, immunodepressi ed affetti da altre patologie. Tra gli antibiotici i macrolidi, come l'azitromicina, sono i piu' indicati perche' dotati anche di effetto immunomodulatore ed antinfiammatorio.

Attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l'antinfiammatorio ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19.
All'inizio del trattamento della febbre o del dolore in corso di malattia da COVID-19 i pazienti e gli operatori sanitari devono considerare tutte le opzioni di trattamento disponibili, incluso il paracetamolo (tachipirina) e i FANS.
Attualmente non ci sono ragioni per interrompere il trattamento con ibuprofene. Ciò è particolarmente importante per i pazienti che assumono ibuprofene o altri FANS per malattie croniche.



L' Agenzia Italiana del Farmaco, in merito al presunto effetto di terapie a base di medicinali anti-ipertensivi appartenenti alla classe degli inibitori dell’enzima di conversione  dell’angiotensina (ACE inibitori), o degli antagonisti del recettore per l’angiotensina II (sartani), sulla trasmissione e sull’evoluzione della malattia da coronavirus (Covid-19), intende precisare che ad oggi non esistono in merito evidenze scientifiche derivate da studi clinici o epidemiologici, ma solo ipotesi molecolari verificate con studi in vitro. Pertanto, in base alle conoscenze attuali, si ritiene opportuno raccomandare di non modificare la terapia in atto con anti-ipertensivi nei pazienti ipertesi ben controllati, in quanto esporre pazienti fragili a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato.

La scarsa aderenza alla terapia degli anziani. In Italia vi sono quasi 8 milioni e mezzo di anziani. Il 70% degli anziani di oltre 65 anni di eta' che soffre di una o piu' malattie croniche non assume i farmaci prescritti in modo corretto o li abbandona dopo poco tempo, soprattutto chi ne deve assumere tanti nel corso della giornata e per lungo tempo. Ne consegue un aumento dei tassi di riacutizzazioni delle malattie croniche, di ospedalizzazioni e di mortalita'. In questo periodo di epidemia, poi, molti anziani temono che i farmaci da assumere per la patologia di cui soffrono li esponga ad un rischio maggiore di contrarre CoVid-19 il che li rende particolarmente fragili e confusi.


Bisognerebbe, quindi, invitare le persone anziane e malate a non abbandonare la loro terapia di base assicurando loro una continuita' assistenziale per gestire al meglio la loro cronicita'. Cio' si puo' ottenere attraverso un potenziamento della sanita' digitale attraverso incremento delle televisite, teleassistenza e telemonitoraggio dei pazienti a domicilio. Anche per noi familiari corre l'obbligo di ascoltare le persone anziane e vigilare che seguano scrupolosamente le prescrizioni mediche.

         

LA PROGNOSI

La prognosi: la CoVid-19, anche se la contagiosita' e' elevata, da' sintomi  lievi o moderati in piu' del 80% dei casi. 


Soltanto in un 15% circa di casi, e prevalentemente in soggetti a rischio, la CoVid-19 puo' presentarsi in modo piu' grave e/o contribuire a peggiorare malattie preesistenti potendo portare a condizioni critiche nel 5% circa dei pazienti e, in alcuni casi, anche alla morte.
Il tasso di mortalita' per questo nuovo coronavirus e' stimato attualmente dall'OMS intorno al 3,4%, inferiore a quello di SARS e MERS (ma potrebbe anche essere piu' basso perche' varia in rapporto al numero di casi registrati, moltissimi dei quali sfuggono perche' senza sintomi). La percentuale, proporzionalmente piu' alta nei maschi, si alza moltissimo con l'aumentare dell'eta' del contagiato superando il 10% negli ultraottantenni.
    

LA GUARIGIONE

Secondo le nuove linee guida prodotte a giugno 2020 dall'OMS, per considerare un paziente guarito e' sufficiente la guarigione "clinica": il paziente non deve piu' presentare sintomi (compresa la febbre) per almeno 3 giorni consecutivi ma devono comunque essere trascorsi
almeno 10 giorni dal loro esordio (che occorre aggiungere al calcolo) 

Ad esempio, se un paziente ha avuto sintomi per due giorni, il paziente potrebbe essere liberato dall'isolamento dopo 10 giorni + 3 = 13 giorni dalla data di insorgenza dei sintomi; per un paziente con sintomi per 14 giorni, il paziente può essere dimesso (14 giorni + 3 giorni =) 17 giorni dopo la data di insorgenza dei sintomi; per un paziente con sintomi per 30 giorni, il paziente può essere dimesso (30 + 3 =) 33 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi).


In base a recenti studi il coronavirus presente nei campioni respiratori perderebbe, infatti, la capacita' infettante a distanza di 9 giorni dalla comparsa dei sintomi, se non in rari casi; questo in rapporto al progressivo incremento del tasso di anticorpi (piu' o meno neutralizzanti) che si realizza in genere tra il 5' ed il 10' giorno di malattia. Per gli asintomatici che hanno eseguito un tampone al quale sono risultati positivi bastano 10 giorni di isolamento per dichiararne la guarigione: si evitano, cosi', quei prolungati periodi di "emarginazione" sociale che, spesso, incidono pesantemente sul benessere individuale.



Diversa e' la guarigione "virologica":  un paziente "clinicamente guarito" a volte puo' risultare, infatti, ancora positivo al SARSCoV-2 con cariche virali piu' o meno alte, anche se probabilmente non e' piu' contagiante ed infettante. La "guarigione virologica" si realizza quando 2 tamponi rinofaringei consecutivi, eseguiti a distanza di almeno 24 ore l'uno dall'altro per la ricerca del coronavirus risultano negativi, ad indicare che il virus e' stato eliminato.  
Ogni Paese sara' ovviamente libero di adottare il criterio che riterra' piu' opportuno, quello semplicemente clinico o anche quello virologico.
Negli USA le nuove linee guida dell'OMS sono state recepite, vediamo come si comportera' l'Italia.


In alcuni Paesi si sono registrati rari casi di pazienti giudicati virologicamente guariti con tamponi negativi, che a distanza di 2-4 settimane sono risultati di nuovo positivi al test. Per questo sono state avanzate varie ipotesi: Ia prima e' che il virus, ancora presente nell'organismo in forma latente e depotenziato, possa in qualche modo riattivarsi; si e' propensi, quindi, a credere, considerato il breve arco di tempo, ad una recidiva piuttosto che a una re-infezione (che, comunque, secondo molti autori, non e' da escludere, in chi sviluppera' una immumita' non efficace e duratura nel tempo). La seconda e' che la presunta nuova positivita' sia in realta' legata ad una falsa negativita' dei test di controllo. La terza, attualmente la piu' accreditata, e' che possano residuare ancora alcuni "frammenti" di particelle virali che, tuttavia, pero', come detto, non hanno piu' capacita' infettante.


I TEST SIEROLOGICI


Sono stati approntati test sierologici per verificare se un soggetto abbia sviluppato anticorpi contro il coronavirus (IgM in fase piu' precoce, IgG in fase piu' tardiva). Questi anticorpi, se presenti, sono in genere rilevabili a partire dalla seconda settimana dall'esordio dell'infezione o dei sintomi e l'accuratezza diagnostica dei test migliora con l'aumentare del tempo trascorso. (report di valutazione di EUnetHTA sito di collaborazione europea per l'Health Technology Assessment- giugno 2020).


Alcuni di questi test per la ricerca di anticorpi, eseguiti su sangue, sono test rapidi e ricordano i kit pungidito per la misurazione della glicemia. Possono dare risposte in pochi minuti e ci dicono se ci sono o non ci sono anticorpi. L'attendibilita' non e' molto elevata.


Altri test si eseguono mediante prelievo venoso, sono piu' affidabili (tecnica RT-PCR), richiedono qualche giorno di tempo per la risposta e possono dare risultati anche in termini quantitativi dosando la quantita' di IgM e/o IgG.

Secondo le indicazioni date dal Ministero della Salute e OMS questi test tuttavia possono, allo stato attuale, essere utili soltanto per la ricerca e la valutazione della situazione epidemiologica (indagine di sieroprevalenza) e, comunque, non possono in alcun modo sostituire il test molecolare con il tampone naso faringeo per un giudizio diagnostico di positivita'. I test, come detto, non sono adeguati per individuare i soggetti all'esordio della malattia perche' gli anticorpi sono rilevabili, in genere, a partire dalla seconda settimana di infezione.


Ipotesi 1 - Test sierologico positivo
Ad un test sierologico di positivita' per IgM e/o IgG eseguito su una persona asintomatica segue l'esecuzione di un test molecolare (tampone). Il test, infatti, potrebbe intercettare una positivita' quando il virus e' ancora presente mentre gli anticorpi si stanno appena innalzando. Se il tampone risulta negativo (e, quindi, non c'e' traccia di RNA virale) e' probabile che il soggetto abbia superato l'infezione senza sintomi (da poco tempo se IgM e IgG risultano entrambe positive, da piu' tempo se solo le IgG sono positive). Se il tampone viceversa risultasse positivo il soggetto viene posto in isolamento e sorveglianza sanitaria attiva (perche' sta ancora attraversando la malattia) finche' non vengano soddisfatti i criteri di guarigione. Essendo comunque trascorse almeno 2 settimane dall'esordio della CoVid le misure di isolamento risultano, pero', sempre tardive rispetto alla infettivita' dell'individuo.

Ipotesi 2- Test sierologico negativo
Nel caso in cui il test sierologico risultasse negativo il soggetto non ha sviluppato immunita' perche' non e' venuto a contatto con il virus (secondo un recente studio tutti quelli che contraggono l'infezione sviluppano, poi, anticorpi). Sono, pero', sempre possibili false negativita' per cui un asintomatico che risultasse negativo non e' completamente escluso che possa essere, invece, positivo e forse ancora infetto e contagiante...



Non e' ancora chiaro se l'immunita' sviluppata naturalmente sia totalmente protettiva e per quanto tempo. Per essere protettivo un anticorpo deve essere, infatti, prima di tutto neutralizzante: immaginiamo di assimilare la proteina spike, e, cioe', la coroncina del coronavirus che favorisce l'entrata del virus nella cellula, ad una chiave. Tutti gli anticorpi prodotti andranno ad agganciarsi alla chiave: alcuni, pero', si legheranno alla sua impugnatura, altri allo stelo, ma quelli veramente efficaci sono quelli che aderiranno alla dentatura della chiave, l'unica parte in grado di forzare la serratura delle cellule: questi ultimi anticorpi sono gli unici che neutralizzano il virus. E pure se fossero in grado di farlo occorre valutare quanto gli anticorpi neutralizzanti persistono nel corpo: riguardo vi sono ancora poche evidenze scientifiche. E' per questo che il test sierologico, allo stato attuale delle conoscenze, non puo' fornire un "patentino" di immunita' ad ogni singolo individuo ma solo contribuire, in un' ottica di sieroprevalenza, a stimare quante persone nella popolazione siano venute a contatto con il virus.

Un recente articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista "Nature" da ricercatori della Chongqing Medical University in Cina, ha dimostrato come il tasso anticorpale di IgG ed anticorpi neutralizzanti in 74 pazienti guariti da CoVid (37 sintomatici e 37 asintomatici) a distanza di 3 mesi dalla guarigione fosse rapidamente diminuito di oltre il 70% (!). Anche se lo studio e' stato condotto su un gruppo esiguo di pazienti giustifica, tuttavia, ancora di piu' le perplessita' circa una duratura efficacia dell'immunita' umorale, sebbene altri meccanismi immunologici potrebbero essere coinvolti nello sviluppo della memoria immunitaria.
Alla stessa conclusione sono giunti ricercatori del King's College di Londra, che da uno studio sull'immunita' di 90 ex ammalati tra pazienti ed operatori sanitari del Guy's and St.Thomas' hanno evidenziato come il tasso anticorpale raggiunge un picco dopo circa 3 settimane dall'infezione per poi progressivamente ridursi ed in alcuni casi annullarsi. Soltanto un 17% di ex pazienti (specialmente  quelli che erano stati affetti da forme piu' gravi di malattia) manteneva uno stato immunitario efficace. 


A tale riguardo uno studio svedese condotto su circa 200 individui da ricercatori della "Karolinska University", ancora in fase di validazione, ha evidenziato come, in realta', un certo grado di immunita' possa essere presente anche in assenza di anticorpi. Per ogni soggetto risultato positivo ai test sierologici ve ne sono, infatti, almeno altri 2 che, sebbene non abbiano (piu'?!?) anticorpi, posseggono tuttavia cellule T (un tipo particolare di globuli bianchi) circolanti e specifiche, in grado di distruggere le cellule infette. Queste cellule del sistema immunitario sono presenti anche in pazienti con pochi sintomi o addirittura asintomatici ma non si sa ancora se possano solo proteggere l'individuo distruggendo appunto le cellule infettate o impediscano anche la trasmissione del virus e, quindi, il contagio.

Un recente studio italiano pubblicato su "BMJ Global Health" ipotizza che, in base ad un fenomeno immunologico definito "Antibody Dependent Enhancement" (Ade) e similmente a quanto gia' descritto in precedenza per la Sars e per la Mers, la carenza di anticorpi neutralizzanti non solo non protegge da eventuali re-infezioni ma, anzi, sembrerebbe favorirle con sintomi piu' gravi: lo stato immunitario, infatti, potrebbe in questo caso paradossalmente favorire l'ingresso del virus nelle cellule, sopprimere la immunita' innata, amplificare la risposta infiammatoria.

LA SORVEGLIANZA SANITARIA


In questo periodo estivo, dopo la fase epidemica dei mesi scorsi, la Covid sta procedendo in Italia con l'accensione di focolai o microfocolai sparsi un po' ovunque, a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale ed anche l'indice Rt appare fluttuante nelle varie Regioni in relazione alla comparsa di questi focolai di trasmissione che vengono successivamente contenuti. A tal fine risultano quanto mai importanti la tempestiva individuazione dei casi per il loro isolamento (TESTING = testare), il tracciamento dei contatti (contact TRACING = tracciamento dei contatti), anche attraverso l'utilizzo di piattaforme tecnologiche ed applicazioni per smartphone, come l'app IMMUNI*, la corretta gestione dei CoVid positivi (TREATING = trattare), la vigilanza sull'assoluto rispetto delle norme di prevenzione in campo sociale ed ambientale. Un'attenta azione di sorveglianza sanitaria attraverso questa strategia, cosiddetta delle "3T", serve ad evitare Il rischio di una epidemia di ritorno, sempre possibile come gia' considerato nelle premesse. In assenza di un vaccino la massima parte della popolazione rimane, infatti, suscettibile al contagio ed anche per i guariti non c'e' certezza sulla effettiva durata di una eventuale immunita'.
Contestualmente occorrerebbe anche sostenere un'ampia campagna di promozione della salute per sensibilizzare e responsabilizzare maggiormente individui e comunita' ad adottare comportamenti sempre piu' salutari nella conduzione degli stili di vita.


In questa fase particolare attenzione va posta soprattutto nei confronti dei contagi cosiddetti da "rientro" e, cioe', attribuibili a persone che entrano in Italia provenendo da Paesi dove ancora la pandemia e' in piena fase emergenziale e dove, pertanto, i casi si presentano ancora con cariche virali alte in grado di infettare maggiormente.




* APP per tracciamento dei contagi in Italia in fase 2
Nome:  IMMUNI
Sistemi operativi che la supportano: IOS e ANDROID (gratuita)
Volontaria : SI
Anonimato : SI (i codici identificativi sono criptati e anonimi)
Geolocalizzazione: NO
Bluetooth: SI
Come funziona: 2 cellulari con App scaricata e bluetooth attivo se dovessero venire troppo a contatto tra loro, al di sotto della misura di distanziamento di 2 metri per un tempo superiore ai 15 minuti, si agganciano ed i codici vengono memorizzati negli smartphone. I dati rimarranno all'interno del cellulare fino ad eventuale diagnosi di contagio.


Se diagnosi di CoVid positivo: la persona contagiata ricevera' dall' operatore medico un codice di sblocco con il quale sara' possibile scaricare dal cellulare su un server la lista degli ID (codici identificativi) delle persone con cui e' venuto a contatto nei giorni precedenti (ricordo che un CoVid + se si ammala comincia ad essere contagioso gia' 2 giorni prima della comparsa dei sintomi). Il server, in base ad un algoritmo, incrocera' i dati calcolando il rischio contagio dei contatti del CoVid+ in base a "vicinanza" e "durata" nei giorni precedenti; a tutti i contatti a rischio contagio verra' inviato un SMS alert. Il messaggio notificato invitera' a seguire un protocollo per osservare l'isolamento ed a contattare numeri di emergenza per eseguire un tampone (altrettanto importante, quindi, la fase successiva del "testing"). L' app prevede anche una sorta di diario clinico digitale che si potra' compilare per monitorare lo stato di salute. Tutti i dati raccolti e condivisi con il server centrale dovranno essere cancellati entro dicembre 2020.
Dal 1 giugno 2020 l'app e' scaricabile dagli store di Apple e Google; dall'8 al 14 giugno il sistema e' stato attivo, a titolo sperimentale, soltanto in alcune regioni pilota (Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia). Dal 15 giugno 2020 e' stato esteso a tutto il territorio nazionale.
Secondo le prime stime l'app per essere efficace dovrebbe essere scaricata dal 60-70% degli Italiani; Alla data del 14 settembre 2020 si stima che la abbiano scaricata circa 5,9 milioni di persone: nella valutazione occorre considerare che i bambini, specie i piu' piccoli, e molti anziani non posseggono uno smartphone. 
Per l'assistenza tecnica e' possibile contattare il numero verde nazionale 800912491 attivo tutti i giorni dalle 7 alle 22.



I TEMPI DEL LOCKDOWN










Un modello di autocertificazione per spostarsi durante l'obbligo di quarantena esisteva gia' 300 anni fa. Lo storico Jeremie Ferrer-Bartomeu ha pubblicato su twitter una autorizzazione che risale al 4 novembre 1720 all'epoca della peste che colpi' la citta' di Marsiglia.


In questo pass in parte stampato, in parte scritto a mano per riportare i motivi dello spostamento, si legge che il Sig. Alexandre Coulomb, di anni 28, di taglia ordinaria, capelli castani, si sposta dal comune di Remoulins (regione dell'Occitania) dove non vi era nessun caso sospetto di peste, per recarsi a Blauzac (Gard), un piccolo paese distante circa 20 Km. Il lasciapassare doveva essere firmato per autorizzazione dalla autorita' del paese.


Alcuni aspetti psicologici... 

Ci troviamo sicuramente ad affrontare un evento per noi inedito: il nostro modo di reagire puo' essere di ansia nei confronti di una "minaccia invisibile" (come quella di un virus) e di "durata imprevedibile" o, al contrario, di negazione perche' l'impatto emotivo e' troppo intenso e ci porta a negare l'esistenza del pericolo. Spesso l'ansia ci ha portato a comportamenti irrazionali (come l'assalto ai supermercati) non giustificabili ma per certi versi comprensibili (la paura di rimanere senza mangiare fa parte dei nostri bisogni ancestrali che ruotano attorno alla ricerca del cibo come fattore di sopravvivenza). Un altro aspetto e' legato al disagio della lontananza fisica come conseguenza delle norme restrittive imposte dal lockdown: l'uomo e' un animale sociale ed il bisogno di contatto fisico, soprattutto per un popolo latino come quello italiano, fa parte integrante del nostro modo di rapportarci gli uni con gli altri nella nostra vita quotidiana. Un terzo aspetto e' legato al fatto che la limitazione della liberta' individuale  ha valorizzato il senso civico della comunita' soprattutto perche' certe decisioni non vengono piu' prese  singolarmente ma collettivamente e finalizzate ad un obiettivo comune. 
Il confinamento obbligato ha, infine, evidenziato la notevole capacita' di "resilienza" della popolazione e, cioe', della nostra pronta capacita' di cambiamento ed adattamento in risposta ad una situazione critica come quella legata all'emergenza sanitaria per il coronavirus.

LA SINDROME DELLA CAPANNA


Con l'allentamento progressivo del lockdown e l'inizio della fase 2 si stima che oltre 1 milione di italiani possano soffrire della "sindrome della capanna" o "sindrome del prigioniero". Si tratta della paura o della "non" voglia di riuscire di casa dopo due mesi di confinamento obbligato e di distacco dalla realta'. La casa in questo periodo e' divenuto un rifugio, un nido che ci ha protetti dal coronavirus ed in molti c'e' un comprensibile timore di tornare alla normalita' per la paura del contagio ma anche per il disagio di non ritrovare piu' i propri riferimenti in una nuova realta' che non riconosciamo e che sconcerta tra mascherine, guanti, distanziamenti ed abitudini stravolte. Questa reazione emotiva puo' generare demotivazione, ansia, insonnia, irascibilita' e frustrazione che si stemperano in genere in pochi giorni o al massimo in un paio di settimane. Tuttavia in alcuni individui predisposti questo timore, accentuato magari da incertezze per il futuro, economiche e lavorative, puo' trasformarsi in una fobia e si possono sviluppare disturbi mentali come forme depressive, attacchi di panico, disturbi dell'adattamento. Gli esperti suggeriscono a chi soffre di questa sindrome di tornare alla normalita' in maniera graduale ponendosi degli obiettivi a breve e medio termine ed iniziando magari da piccoli cambiamenti quotidiani che, costituendo delle novita', sono in grado di modificare pian piano la routine alla quale ci si e' abituati durante il periodo di lockdown. 

Il consumo di alcolici

Nel periodo di crisi e di confinamento obbligato le persone che hanno gia' sviluppato una dipendenza da alcol e' molto difficile che pensino ad un recupero o a smettere di bere, vista anche la facile reperibilita' di alcolici presso qualsiasi supermercato. Secondo l'opinione di molti operatori dei SERT, iniziando a scarseggiare le sostanze stupefacenti, molti soggetti a rischio hanno ripiegato proprio sugli alcolici che, a differenza delle droghe, possono essere acquistati, nel periodo di lockdown, con molta piu' facilita'. 


Anche diverse persone senza particolari problematiche potrebbero essere spinte dalla noia e dalla routine del dover stare a casa e, spesso, dal disagio psichico creato dall'ansia, dalla solitudine del momento e dalla crisi economica, ad eccedere con i bicchieri: la riprova e' il considerevole aumento della vendita di alcolici che si e' registrata e che e' quasi triplicata.


Occorre sottolineare come sia una fake news il fatto che bere alcolici ci protegga dal coronavirus! Anzi, l'abuso di alcolici e superalcolici diminuisce i poteri di difesa immunitari favorendo in tal modo le infezioni e forme piu' gravi di malattia; appanna i riflessi potendo rendere piu' aggressivi e violenti e meno attenti alle norme di prevenzione e, conseguentemente, piu' vulnerabili al contagio. E' utile ricordare che l'alcol e' causa di oltre 200 malattie tra le quali alcune patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, disfunzioni del metabolismo e forme tumorali, che possono predisporre ad una maggiore gravita' di CoVid-19. L' ISS ha messo a disposizione un numero verde l' 800 632020, attivo dal lun.al ven. dalle 10 alle 16, come sportello di ascolto e per dare consigli utili a quanti volessero intraprendere un percorso di recupero dalla dipendenza da alcol.

Le ludopatie

Dopo lo stop imposto a "slot" e videolotterie per le restrizioni legate al coronavirus si e' registrato un aumento delle telefonate ai centri di ascolto di ludopatici in astinenza e dei loro familiari. Il gioco d'azzardo per molti costituisce un passatempo occasionale, una condizione " border line" per molte persone a "rischio moderato", una dipendenza per le vittime di "gioco problematico" che in questo periodo di confinamento a casa, spesso, attraversano uno stato di astinenza divenendo piu' inquieti ed aggressivi per la sofferenza di non poter giocare e con frequenti disturbi del sonno.



Molti di loro ripiegano sul gioco "online" per il molto tempo a disposizione a casa ma questo non e' alla portata di tutti, anche perche', spesso, si svolge in un contesto piu' controllato dai familiari. Per gli psicoterapeuti le restrizioni potrebbero costituire un'opportunita' per cercare di controllare la patologia. A tale proposito l'ISS ha messo a disposizione un Telefono Verde Nazionale per le problematiche legate al gioco d'azzardo (TVNGA), il numero 800 558822, attivo dal lun.al ven. dalle 10 alle 16, come sportello di ascolto e di accoglienza per giocatori e loro familiari su problematiche legate alla salute e di carattere socio-economico.

Le alterazioni del sonno 

Le paure e le angosce per la pandemia, e lo stress correlato, la limitazione delle liberta', le nuove abitudini di vita in "lockdown", potrebbero avere riflessi sulla qualita' e sui ritmi del sonno: ne conseguono difficolta' ad addormentarsi, risvegli notturni, incubi, alterazioni del ritmo sonno/veglia. Ecco qualche consiglio: per quanto possibile bisognerebbe cercare di mantenere inalterate le nostre abitudini ed i ritmi giornalieri di sonno.


Bisognerebbe continuare a seguire uno stile alimentare sempre sano ed equilibrato scegliendo cibi salutari ed evitando una sovralimentazione. Evitare di bere caffe' nelle ore serali ed evitare alcol e fumo specialmente nelle ore antecedenti il riposo notturno. In epoca di lockdown  spesso si allestiscono a casa palestre fai-da- te (cyclette, tapis roulant, ginnastica a corpo libero...) l'attivita' fisica, da condurre sempre con moderazione, aiuta a rimanere in forma e ad allentare le tensioni che non possono essere scaricate sull'esterno, sul lavoro, sul sociale. 
L' attivita' fisica andrebbe comunque evitata la sera, nelle 2 ore prima di andare a letto, perche' contribuisce ad aumentare l'adrenalina e la temperatura del corpo che, fisiologicamente, si abbassa dopo le h.19 per favorire l'addormentamento. La maggiore permanenza a casa comporta che bambini e ragazzi giochino maggiormente con i dispositivi elettronici davanti ai video, i ragazzi utilizzino maggiormente computer e tablet per seguire le lezioni scolastiche in videoconferenza attraverso i canali social, i lavoratori in "smart working" utilizzino, allo stesso modo, molti piu' dispositivi elettronici per lavorare da remoto ed in varie fasce orarie. A questo proposito sarebbe opportuno evitare l'uso di tablet e smartphone la sera per evitare l'esposizione eccessiva alla luce blu dei monitor che riduce notevolmente la produzione endogena di melatonina, sostanza che aiuta a conciliare il sonno. 


La sera, prima di andare a dormire, meglio evitare quella sovraesposizione mediatica che ci bersaglia ogni giorno, soprattutto con stimoli visivi di ogni tipo. Sarebbe opportuno osservare qualche ora di "decompressione" magari addormentandoci con la lettura di un buon libro e per quanto possibile sempre allo stesso orario. La deprivazione e le alterazioni del ritmo veglia/sonno agiscono anche negativamente riducendo le difese immunitarie che, soprattutto in corso d'epidemia dovrebbero rimanere quanto mai efficienti con la conduzione di stili di vita sani. Per riuscire a fronteggiare meglio i disturbi del sonno  l'Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS) ha messo a disposizione un servizio telematico, via skype e via email, disponibile per tutti coloro che avessero necessita' di qualche consiglio.
#IO RESTO A CASA DORMENDO BENE.....
Di seguito il link con indirizzi ed orari:


Come spiegare ai bambini ciò che sta accadendo:


Prima di parlare bisognerebbe osservare il comportamento dei bambini ed ascoltare le loro emozioni cercando di utilizzare sempre un linguaggio semplice e chiaro, naturalmente rapportato all'eta' ma fatto sempre di messaggi che creino alla fine senso di stabilita' e sicurezza per il futuro. 


VADEMECUM dell'Ospedale Pediatrico Bambin Gesu' di Roma 
11 consigli per raccontare il nuovo coronavirus a bambini ed adolescenti

1) Cercate di descrivere in modo semplice e veritiero che cosa è un virus e come passa da una persona all'altra. I bambini, anche piccoli, sono di solito incuriositi e affascinati dalle spiegazioni scientifiche. Utilizzate esempi concreti (ad esempio raccontando che il virus si trasmette con lo starnuto e la tosse). Evitate di usare metafore che possono creare paura, ad esempio descrivere il coronavirus come "un piccolo mostriciattolo". I bambini, soprattutto i più piccoli, credono letteralmente a quello che noi gli raccontiamo, e possono essere molto spaventati dall'idea che ci sia un mostriciattolo in giro pronto ad aggredirli.
2) Spiegate che i virus portano la febbre e la tosse, che noi conosciamo tanti virus (e infatti è capitato anche a loro di avere la febbre o il raffreddore), ma il coronavirus è un virus nuovo, stiamo imparando solo ora a conoscerlo, nessuno di noi l'aveva mai avuto ed è per questo che è molto facile che tante persone si ammalino.
3) Sottolineate che per i bambini questo virus non è pericoloso perché il corpo dei bambini e degli adulti è abituato a conoscere virus nuovi e a sconfiggerli. Questo li protegge dalla paura di un pericolo imminente per loro stessi.
4) Spiegate che se tante persone si ammalano tutte insieme, per i dottori è difficile riuscire a curarle, si riempiono troppo gli ospedali, è per questo che è importante cercare di rallentare il contagio.
5) Per rallentare il contagio i dottori hanno chiesto l'aiuto di tutti noi! Ognuno di noi, stando a casa, aiuta a diminuire la possibilità di passare la malattia e così ognuno di noi protegge tutte le persone che conosce e a cui vuole bene. Questa esperienza ci offre l'occasione preziosa per insegnare ai nostri bambini e ai nostri ragazzi che le azioni di ciascuno di noi hanno un impatto sulla società. Questo ci aiuterà a stimolare in loro uno spirito di comunità e l'emergere di una responsabilità civica.
6) Spiegate che abbiamo tanti dottori e tanti scienziati in tutto il mondo che stanno studiando un vaccino per mandare via questo virus.
7) Cercate di tenere un dialogo aperto con i bambini ponendo attenzione alle loro curiosità, senza tuttavia far diventare questo l'argomento principale e ricorrente delle giornate.
8) Aiutate i bambini a condividere le loro emozioni, accogliete eventuali vissuti di paura/angoscia senza sminuirla o banalizzarla. Allo stesso modo accogliete la noia, la rabbia e la frustrazione che le limitazioni a cui siamo tutti sottoposti possono suscitare.
9) È importante non negare con i bambini e i ragazzi le nostre emozioni (che loro tra l'altro sono così bravi a leggerci negli occhi). Sapere che mamma e papà sono preoccupati autorizza i bambini a poter esprimere la propria paura senza sentirsi per questo fragili o sbagliati. Certo è importante sottolineare sempre che la soluzione c'è e che noi abbiamo fiducia nei medici e negli scienziati.
10) È importante porre attenzione alle informazioni che i bambini possono ascoltare indirettamente. Anche se un bambino sta giocando concentrato, è probabile che ascolti contemporaneamente il telegiornale in onda sulla tv in cucina o la telefonata che state facendo con un amico nella stanza accanto. A volte non è semplice, soprattutto se si vive in spazi ristretti, ma è importante cercare di limitare il più possibile queste occasioni e, per quanto riguarda la televisione, cercare di tenerla spenta se ci sono bambini nella stessa stanza.



11) Con gli adolescenti è particolarmente importante cercare di tenere un dialogo aperto e onesto. I ragazzi e le ragazze leggono autonomamente sui loro telefonini le notizie ma non sempre hanno la capacità di selezionare le fonti ed interpretare le informazioni. Diventa allora importante poter condividere la visione del telegiornale o la lettura dei quotidiani per poter commentare insieme a loro quanto sta succedendo, ascoltare con attenzione le loro opinioni ed interpretazioni di questa nuova realtà che stiamo vivendo (spesso ci offrono spunti di riflessione molto interessanti) e aiutarli ad orientarsi nel mondo dell'informazione......


....una corretta informazione ed una giusta comunicazione contribuiscono anche ad evitare il rischio di stigmatizzazione sociale.


Lo stigma e' la discriminazione di un soggetto che viene additato negativamente, allontanato ed isolato per un legame percepito con la malattia che, nello specifico, essendo nuova e per tanti aspetti ancora ignota, provoca angoscia in senso generale e paura se viene attribuita a una persona concreta identificata come il pericolo da evitare.

https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/20_giugno_21/coronavirus-la-guarigione-molte-persone-devono-affrontare-l-emarginazione-sociale-2535fbd8-9d15-11ea-a31e-977f755d9d62.shtml


Per questo, il timore di essere stigmatizzati puo' indurre una persona a nascondere i sintomi della malattia e a non richiedere subito quella assistenza sanitaria che, se tempestiva, potrebbe prevenire danni maggiori per se stessi e per gli altri.



Nel 2016 l’Oxford English Dictionary ha eletto il termine “post-truth” (post-verità) a parola dell’anno!! La Treccani dice che per post-verità si intende una “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all'emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l'opinione pubblica




1) I farmaci antivirali sono in grado di "prevenire" l’infezione da nuovo coronavirus 
Non ci sono evidenze scientifiche a riguardo
2) Gli antibiotici "prevengono" l’infezione da nuovo coronavirus 
Gli antibiotici non hanno effetto sui virus e per questo non sono in grado di prevenire né tantomeno di curare l'infezione se non le complicanze batteriche
3) Il paracetamolo (tachipirina) cura Covid-19 
La tachipirina è molto utile in caso di febbre, ma non cura l'infezione

4) Mangiare aglio può aiutare a prevenire l’infezione
Non vi è alcuna evidenza  scientifica a riguardo 
5) La vitamina C ha azione protettiva nei confronti del nuovo coronavirus
Non vi sono evidenze che la vitamina C agisca direttamente sul virus inattivandolo
6) Bere molta acqua o risciacquare il naso frequentemente con soluzione salina consentono di lavare le vie aeree dal virus spingendolo nello stomaco dove l'acido lo distrugge
E' falso!!
7) Bere bevande calde uccide il virus
E' falso considerando che il virus è in grado di sopravvivere e replicarsi alla temperatura del corpo umano (circa 37°)!!
8) Mangiare tante proteine rinforza il sistema immunitario
Non ci sono evidenze che le proteine, al di là delle dosi raccomandate giornaliere, renda il sistema immunitario più efficiente
9) Il nuovo coronavirus si diffonde nell'aria per 5 metri ed oltre
Non esistono evidenze scientifiche a riguardo
10) Le lampade a raggi ultravioletti  uccidono il nuovo coronavirus  
La sterilizzazione con lampade UV non può avvenire sulle mani o su altre zone della pelle poiché le radiazioni ultraviolette sono causa di forti irritazioni
11) L' ozono sterilizza aria ed ambienti e non fa infettare dal coronavirus
E' falso

12) Le onde 5G contribuiscono a diffondere il virus
E' falso!


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